E’ in preparazione una nuova pubblicazione destinata ad attrarre nuovi visitatori in Sardegna nel periodo non estivo
Volando qua e là sostenuto dalle ali dello stupore, per far conoscere le essenze di questa fantastica isola, unica al mondo.
I voli del gheppio (chiamato arcireddu nel Campidano di Cagliari e nel Sud Ovest, falchittu in Gallura), sono fantasiosi: guizzano nel cielo in ogni stagione. Particolare per questo tipo di falco è il suo modo di rimanere immobile, non spostandosi di un millimetro, mentre agita le ali prima di tuffarsi in picchiata: i Sardi dicono che fa lo Spirito Santo (come nei dipinti delle chiese dove lo Spirito Santo è rappresentato da una colomba con ali spiegate). Il gheppio, figlio del vento, destreggiandosi con l’elemento principe dell’isola, caratterizza le campagne, variopinte di mille attrazioni che la rendono particolare.
Sono nato a Modena ed ho il pallino delle tradizioni popolari. Ho viaggiato per lavoro, dapprima come ceramista poi in qualità d’accompagnatore turistico, in Europa, Americhe, Africa e Asia: ovunque sia stato mi sono sempre interessato agli usi e costumi delle popolazioni. In Sardegna ho girato in lungo ed in largo, dal 1980 ad oggi (2013), con auto fuoristrada, pullman GT, Trenino Verde ed a piedi.
In questo mio diletto editoriale, dialogando con i lettori, descrivo quanto c’è d’interessante per chi viaggia nel rispetto delle etnie ed usanze ataviche: volerò qua e là (come un arcireddu), sostenuto dalle ali dello stupore per far conoscere le unicità di questa fantastica isola. Quale preludio, alle diecimila ed una particolarità esistenti nell’isola, richiamo attenzione ai centri storici da visitare: Alghero, Bosa, Cagliari, Carbonia, Carloforte, Castelsardo, Galtellì, Iglesias, Olbia, Oristano, Orosei, Pula, Santa Teresa di Gallura, Sanluri, Sassari, Sardara, Tempio Pausania, Tratalias. Credo di poter affermare, senza tema di smentita, che il più delizioso, armonioso e poetico centro storico sia quello di Galtellì.
Aggiungo, per citare qualcosa di particolare, le incisioni rupestri a Villa Sant’Antonio di Laconi che dimostrano la conoscenza astronomica degli Antichi Sardi, nell’Età del Rame e forse ancor prima. Altra particolarità concerne la tomba dei giganti di Biristeddi (territorio di Dorgali: strada da Nuoro a Galtellì) i cui massi sono stati scolpiti nell’Età del Bronzo con tecniche per noi impensabili. Per non indurre a credere che questo libro parli prevalentemente d’architettura, archeologia ed archeoastronomia, accenno all’esistenza, in molti centri abitati dell’interno, di stalle ove sono allevati e custoditi i buoi da cerimonia: animali monumentali, imponenti, docilissimi. Sontuosamente agghindati, trascinano il carro su cui è collocata la statua benedicente patronale, nelle processioni al termine delle sagre importanti. Buoi da cerimonia, di un bel manto marrone, ve ne sono a Domusnovas (vicino alla galleria naturale chiamata Grotte di San Giovanni) ed in tutta la pianura attorno a Cagliari chiamata Campidano. Ma di rilevante c’è ben altro. In Sardegna, al termine dell’effimera invasione dei Bizantini (che avevano sbaragliato i Vandali nel Nord Africa) si formarono autonomamente i quattro Regni Giudicali: Cagliari, Arborea, Torres, Gallura. I Giudici di Torres, temendo invasioni arabe, spostarono il Regno da Turris Libisonis (Porto Torres) ad Ardara, costruendovi un castello e la fantastica chiesa Santa Maria del Regno, ricchissima di pregevoli dipinti e decorazioni. In tutta la zona d’Ozieri vi sono monumenti ecclesiastici da vedere assolutamente a cui dedico il capitolo riassuntivo dei miei itinerari “Ricami d’antichi sentieri”. Altra informazione che mi preme dare è il museo degli strumenti musicali antichi fondato da don Dore a Tadasuni sul Lago Omodeo (attualmente chiuso al pubblico): tra i reperti lo strumento utilizzato per emettere suoni che facevano impazzire i cavalli disarcionando i cavalieri, usato anche nel periodo ottocentesco del banditismo.
Questo libro è frutto d’annotazioni, osservando e parlando con persone anziane, d’usi, costumi, dicerie, leggende. Leggere un’infinità di libri sulla Sardegna non mi è bastato ed ho continuato ad imparare accompagnando tantissimi amici (compresi i miei allievi, durante i corsi di guide ambientalistiche), oppure viaggiando in solitudine per scoprire nuovi itinerari da proporre nei siti e nelle mie pubblicazioni cartacee. Nell’isola esiste ancora il tramandare oralmente: bene inestimabile di tutto il sapere racchiuso nello scrigno prezioso delle tradizioni popolari.
Parlare di Sardegna non è semplice, come non è facile capire la “sardità”: l’orgoglio etnico che contraddistingue la popolazione. L’artigianato artistico è emblematico della sardità ed ancor più emblematiche sono le creazioni di uno dei più grandi artisti tra i figli di questa terra: lo scultore e designer Costantino Nivola di Orani che si affermò negli Stati Uniti. Anche dei cantautori sardi devo citare: le loro melodie in limba sarda sono struggenti e lasciano un solco indimenticabile nell’anima. Ricordo in particolare un concerto notturno nel Tempio di Antas nell’estate 2010.
Nel concetto di sardità trova spazio il viscerale amore per la musica, innato in ogni strato della popolazione. Molte volte mi è capitato di vedere persone di una certa età andare in piazza nelle notti estive con la seggiolina (che solitamente si tiene accanto al camino di casa) per ascoltare le gare poetiche improvvisate e cantate, con accompagnamento di chitarra e fisarmonica. Ci sono e ci sono stati dei formidabili protagonisti di questo particolare cimento d’inventiva poetica canora, dove i due o tre protagonisti si alternano rispondendo a tema sulle battute di chi ha preceduto.
Ancor vivo è il ricordo di Maria Carta, una delle più grandi interpreti della musicalità sarda. In ogni parte dell’isola aumentano i cori maschili, femminili e misti, composti ciascuno da una ventina di esponenti ed oltre, che interpretano spartiti sardi dell’800, molto poetici. Il fascino dei cori chiamati tenores, composti solamente da quattro voci (senza accompagnamento di strumenti musicali) è molto apprezzato ovunque: la “patria” di questo particolarissimo modo di cantare è estesa da Bitti a Neoneli, praticamente da Est di Oristano a tutto il Nuorese e le Baronie.
Altra sfaccettatura della sardità è lo spessore del pensiero politico d’alcuni figli di questa terra: elenco solo alcuni e molto succintamente per “sfrugugliare” l’interesse a saperne di più. Il principe di Cornus Ampsicora immaginò un’alleanza tra i Sardi e Cartaginesi per tentare di sconfiggere le legioni del console romano Quinto Manlio Torquato ed impedire il dominio di Roma sulla Sardegna. Il giudice-re Mariano IV d’Arborea, oltre ad essere artefice della prima Carta de Logo (poi modificata e diffusa dalla figlia Eleonora), comandò a lungo l’opposizione bellica contro l’invasione aragonese. Giovanni Maria Angioi, pur essendo un nobile, fu avverso al regime sabaudo e tra gli iniziatori dei moti repubblicani sardi. Lo scrittore filosofo e politico Giovanni Battista Tuveri, amico di Cattaneo e Mazzini, promosse l’autonomia fiscale dei piccoli comuni. Il nobel Grazia Deledda ha reso romanticamente noto il “mal di Sardegna” degli abitanti dell’Isola. Emilio Lussu, capitano di fanteria nella prima guerra mondiale, oltre che autore di “Un anno sull’altipiano” ipotizzò un concetto politico avulso da Roma e fu tra i fondatori del Partito Sardo d’Azione. Antonio Gramsci ha fondato il quotidiano “L’Unità”, fu arrestato dal governo fascista nel 1926: nelle sue “Lettere dal carcere” ipotizzò il ruolo degli intellettuali e delle arti nella società italiana. Giuseppe Dessì, autore (Premio Strega) di “Paese d’ombre” ha stigmatizzato il comportamento feroce delle multinazionali a cui il regno sabaudo aveva concesso permesso di sfruttare la Sardegna.
Il periodo carnevalesco, molto sentito ovunque è particolare ed unico in alcuni luoghi: Oristano per la famosa, elegante ed enigmatica giostra equestre Sa Sartiglia, Santu Lussurgiu per Sa Carrela’e nanti (spericolata corsa in discesa delle pariglie nelle strette strade del centro abitato), Tempio Pausania e Bosa per la signorilità dei cortei in costume, Ovodda per la festa corale della comunità nel mercoledì delle ceneri (Mehuris de lessia) con dovizia di sughero bruciato. I riti di carnevale risalgono al periodo pre cristiano e simboleggiano il temporale scioglimento degli obblighi sociali e dalle gerarchie. Erano in uso nell’antica Mesopotamia, nel mondo ellenico e romano. A prescindere dalle suggestive evoluzioni simboliche e cadenzate dei mamutones di Mamoiada, vi sono tradizioni, tra Ottana e Nuoro, improntate sulle maschere evocanti animali del mondo pastorale di cui è difficile comprendere i significati reconditi. Manifestazioni d’ugual genere esistono in Ungheria, in Transgiordania ed in ogni parte d’Italia dove le popolazioni neolitiche furono in contatto con bovini e cervidi. In Sardegna, nella Valle del Tirso, l’evocazione delle paure pastorali è sintetizzata da maschere che incutono timore, esorcizzata dalla gente allegra e scherzosa che le indossa. La sintesi del carnevale è la trasgressione alla normalità: in alcuni paesi della Trexenta e Sarcidano, subregioni a Nord Est di Cagliari, era usanza che le donne si allontanavano volontariamente da casa per dimostrare la propria indipendenza ed al loro ritorno nessuno chiedeva spiegazioni.
E’ noto che in molte zone si gioca ancora (e con accanimento) alla “morra”, ad Ollolai vi si svolge il campionato mondiale, ma non tutti sanno che nelle Baronie, Barbagie e Ogliastra si svolgono tornei d’antica lotta sarda: “Sa strumpa” o “S’intrumpa”, consistente nello squilibrare l’avversario e gettarlo a terra con mosse leali, permesse dal regolamento, solo con l’ausilio dell’astuzia e la rapidità di riflessi.
Il popolo sardo pur mantenendo intatte tradizioni che si perdono nella notte dei tempi è molto aperto al nuovo. I giovani sono espertissimi nelle nuove tecnologie e questo è arcirisaputo, ma chi legge si stupirà nell’apprendere che è un popolo particolarmente aperto alle musiche del Nord America: jazz e blues come si rileva dal capitolo “Feste in Sardegna”. Nei matrimoni, soprattutto nelle Baronie e nelle tre Barbagie di Belvì, Ollolai e Seulo, caratterizzati dopo la cerimonia religiosa dal crepitio della fucileria a salve, il pranzo è sull’ordine di mille invitati. I balli che ne seguono sono tra i più vari: un mix tra quelli sardi ed i latino-americani all’ultima moda.
Sui piaceri della tavola si potrebbe disquisire a lungo per l’enorme dovizia di cibi legati alla cultura agricola, unitamente alla produzione di una gran varietà d’ottimi vini e singolari birre artigianali molto aromatiche che si abbinano perfettamente a qualsiasi tipo di cibo. Invito chi mi legge a soffermarsi sul capitolo “Cibo-vino”. Nel “Capitolo del girovagare in libertà” propongo diversi itinerari per trascorrere, in Sardegna, giorni molto intensi e tornare al luogo di residenza più arricchiti, oltre che dalla visione di panorami indimenticabili anche di conoscenze d’usi e costumi.
Alcune precisazioni sul clima: nel Sud Ovest, durante l’ultimo inverno la temperatura non è mai scesa sotto i 3 gradi centigradi. è nevicato abbondantemente sui monti più alti delle Barbagie, sul Gennargentu e sulle montagne di Fonni si è sciato. Nel Sud Ovest, è nevicato sulle zone alte del massiccio del Monte Linas, attiguo alla Piana del Cixerri, ove assai suggestivo era il contrasto tra il manto delle cime con i bordi delle strade vivacizzati dal giallo dell’acetosella e dagli alberi di mandorlo fioriti.
Il capitolo “Feste in Sardegna” è la sintesi delle festività laiche e religiose. Di queste ultime faccio notare i tanti nomi dei santi della chiesa ortodossa (che ha contribuito all’aumento di diffusione della fede cristiana, in Sardegna, nel periodo bizantino) e la gran devozione generale per Sant’Antioco, Sant’Antonio Abate, San Sebastiano e San Giovanni.
Concludo la premessa, includendo la tabella delle Ere, Età e periodi storici della Sardegna: utile per comprendere meglio di cosa parlo nei miei itinerari, la tabella delle sub regioni ed il glossario per comprendere alcuni significati
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