I lavoratori dell’Eurallumina continuano la loro battaglia per il riavvio dello stabilimento. Il 27 giugno si sono riuniti in assemblea per fare il punto della situazione ed hanno approvato e diffuso un documento, nel quale prendono atto «che il percorso intrapreso per il riavvio della produzione, a seguito dell’accordo del 22 novembre 2012, ha avuto conferma puntuale ed una palese accelerazione per quel che riguarda le parti burocratiche e finanziarie e per alcuni passaggi, come la costituzione della Newco e l’affidamento dello studio di fattibilità e la successiva realizzazione dell’impianto di cogenerazione per la produzione del totale fabbisogno di energia termica ed elettrica per Eurallumina, alla società Foster Wheeler» ma dall’altro versante «la questione determinante per il certo riavvio dell’impianto mantiene alta la preoccupazione dei lavoratori tutti».
«Dal momento in cui il sito di stoccaggio dei residui della raffinazione della bauxite fu posto sotto sequestro – si legge ancora nel documento – i lavoratori Eurallumina, diretti e indiretti, hanno affermato che sul lavoro della magistratura non avrebbero in nessun modo cercato di esercitare pressione alcuna, confidando totalmente nella giustizia e che ne avrebbero comunque rispettato le decisioni prese, pur consapevoli che un’eventuale sentenza negativa arrecherebbe notevoli e negative ripercussioni, andando ad incidere in maniera devastante sulla loro vita, quella dei loro familiari e dell’economia in generale, con i conseguenti risvolti sociali di un territorio già martoriato dalla piaga della disoccupazione.»
Secondo i lavoratori Eurallumina, «sono altri i soggetti che a titolo diverso cercano in tutti i modi di influenzare gli organi inquirenti, cercando di alimentare paure e dubbi nell’opinione pubblica. Il riferimento esplicito è a quanti «sono alla continua ricerca di una ribalta politica», a «pseudo ambientalisti delegittimati dalla loro stessa storia», a chi «ad orologeria, all’inizio di ogni stagione estiva, dipinge il Sulcis Iglesiente come una “palude malarica” per dirottare quei pochi turisti stagionali su altri lidi», a «chi sostiene che le bonifiche siano l’unica via per uscire dalla povertà e dalla disoccupazione, millantando 20.000 posti di lavoro per 20 anni… solo per questo basterebbe ricordare come sono andate a finire le bonifiche dell’ex Sardamag e quelle relative alle aree minerarie dismesse».
I lavoratori non fanno mancare le loro critiche anche a parte del mondo dell’informazione. Dopo aver sottolineato come siano infondate le voci relative ad un presunto sprofondamento del bacino dei fanghi rossi ed aver contestato la demonizzazione dei fanghi rossi e che nel sito della Rusal operante nella verde Irlanda lo smaltimento dei residui di lavorazione è eseguito in modo identico, hanno citato le pubblicazioni del professor Paolo Amat, docente universitario considerato uno dei massimi esperti di chimica industriale. I lavoratori ripetono che «stanno lottando da quattro anni per il lavoro, ma non a tutti i costi, non con l’egoismo di chi, per il salario passa sopra i diritti degli altri» e di essere certi che «lavoro, ambiente e salute devono camminare insieme, parallelamente, e ben vengano tutte le tecnologie, i controlli, le bonifiche, il ripristino delle aree compromesse, e coloro che nel lontano come nel recente passato avessero commesso degli illeciti, vengano chiamati a pagare per le loro responsabilità, sia a livello civile sia penale» e sono ancora più convinti «che senza quel pezzo di industria, che può avere mercato e sviluppo, il nostro territorio non potrà mai guardare al futuro con speranza».
«L’Eurallumina – scrivono ancora i lavoratori – nei suoi programmi ha previsto nella fase di costruzione e adeguamento degi impianti, un investimento di 140 milioni di euro (un quarto del Piano Sulcis!), questi investimenti renderanno possibile l’impiego di 200-250 addetti degli appalti, una parte dei quali resteranno per le manutenzioni fisse. Gli organici dei lavoratori diretti dovranno aumentare di diverse decine di dipendenti, tra ingegneri, tecnici ed operai. 500 buste paga, ed oltre 1.000 dell’indotto, costituito dalla rete di fornitori di beni e servizi. Senza il sito per lo stoccaggio dei residui non ci sarà possibilità di ripresa.»
I lavoratori lanciano l’allarme sul poco tempo a disposizione, e sulla necessità di fare presto. «Abbiamo affrontano la crisi internazionale – conclude il documento dell’assemblea – le bugie e l’inadempienza della cattiva politica, le diffidenze e le perplessità degli azionisti ed ora contiamo che la giustizia ci dia ragione e ci dia la possibilità di riprendere una vita normale, in modo da contribuire con il nostro lavoro al miglioramento della situazione economica e sociale di un territorio tra i più poveri d’Italia.»
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