24 November, 2024
Home2013 (Page 186)

Teulada - Il golfo di Tuerredda

Dopo la doccia fredda prodotta dal nuovo stop alle trattative per la cessione dello stabilimento Alcoa di Portovesme, due notizie hanno restituito alla Sardegna un minimo di fiducia e speranza verso il superamento dell’attuale drammatica crisi socio-economica: prima l’approvazione da parte del Parlamento europeo della risoluzione che contiene gli emendamenti presentati dalla neo-europarlamentare sarda Francesca Barracciu circa il riconoscimento dell’insularità; poi le sanzioni comminate dal-l’Antitrust (oltre 8 milioni di euro complessivi) alle compagnie di navigazione Moby, Snav, Grandi Navi Veloci e Marinvest, «per intesa restrittiva della concorrenza finalizzata all’aumento dei prezzi dei biglietti nella stagione estiva 2011 sulle rotte da e per la Sardegna». L’Antitrust ha riscontrato e certificato incrementi ingiustificati dei prezzi fino al 65% che hanno penalizzato pesantemente la Sardegna e, oltre alle sanzioni per il passato, ha imposto un’immediata riduzione dei prezzi. Si tratta, come si può ben capire, di una “sentenza epocale” che apre nuove prospettive alla Sardegna, verso un reale riconoscimento della continuità territoriale e quindi un nuovo sviluppo incentrato sulla valorizzazione del territorio, sia in termini produttivi sia nel settore turistico. Se unitamente al riconoscimento dell’insularità e della continuità territoriale, si riuscisse ad ottenere anche quello della zona franca, anche parziale, il Sulcis Iglesiente e l’intera Sardegna potrebbero guardare al futuro con nuove speranze e concrete possibilità di tornare a vedere presto la luce.

Giampaolo Cirronis

Per il secondo anno consecutivo c’è sempre il Carbonia sul gradino più alto del podio della Coppa Santa Barbara – Trofeo Aldo Carboni. Prima nella fase locale con il successo di misura in finale sul Marco Cullurgioni Giba, la squadra di Maurizio Finà s’è ripetuta nella fase regionale della 50ª edizione, con un rotondo 2 a 0 timbrato dai goal di Marco Steri e Stefano Marras nel corso del primo tempo. Al di là del risultato, mai in discussione, il Carbonia ha dimostrato di essere la squadra più forte ed ora la società spera di poter trasferire i migliori elementi della squadra allievi, unitamente a quelli della squadra juniores, pure protagonista di una buona stagione, nella rosa della squadra maggiore che, dopo l’amara retrocessione dall’Eccellenza regionale, sarà protagonista del prossimo campionato di Promozione regionale. Il Marco Cullurgioni di Efisio Falletto, pur ancora sconfitto, si è confermato squadra di valore nel panorama del calcio giovanile della delegazione FIGC del Sulcis Iglesiente (ha vinto la fase regionale della Coppa Santa Barbara – Trofeo Aldo Carboni per tre anni consecutivi dal 2006 al 2009). Queste le formazioni delle due squadre protagoniste della finale. Carbonia: Massa, Castangia, Marongiu, Pisu, Nonnis, Steri Marco, Carboni, Steri Matteo, Marras, Giganti. A disposizione: Giovagnoli, Murru, Diana, Urru, Graccione. All. Maurizio Finà. Marco Cullurgioni Giba: Blanco, Cani, Cuccu, Piras Leonardo, Casu, Falessi, Littarru, Carboni, Spada, Cui, Matteu. A disposizione: Muscas, Porcu, Anzalone, Pinna, Piras Marco, Uccheddu. All. Efisio Falletto. Arbitro: Gianluca Locci (Gabriele Uda-Andrea Serra). Al termine della partita, presente l’assessore provinciale Guido Vacca, sono state consegnate le coppe alle due squadre finaliste, il trofeo al miglior calciatore della finale, Gianluca Cui, e una targa alla Monteponi, risultata la “Squadra del cuore” in un sondaggio effettuato sul social network facebook, nel quale la squadra iglesiente (518 voti) ha preceduto il Carbonia (458), il Marco Cullurgioni Giba (225) e la Fermassenti di San Giovanni Suergiu (60). Monteponi e Fermassenti sono state eliminate in semifinale, rispettivamente dal Carbonia per 2 a 1 e dal Marco Cullurgioni per 3 a 1. Il Carbonia è stato protagonista anche nella categoria pulcini, nella quale ha vinto la festa provinciale del torneo “Sei bravo a scuola di calcio” riservato alle scuole di calcio della delegazione provinciale Carbonia Iglesias. Le società partecipanti alle finali provinciali, svoltesi allo stadio Comunale “Carlo Zoboli”, erano Carbonia, Gonnesa, Fermassenti ed Antiochense. Il Carbonia ha poi partecipato alle finali regionali, svoltesi al centro federale “Sa Rodia” di Oristano. Nel girone del Carbonia c’erano il La Palma Cagliari, la Ferrini Cagliari ed il Nuoro. L’altro girone era composto da Atletico Olbia, Latte Dolce Sassari, Barisardo e Oristano. La finale è stata vinta dal La Palma Cagliari sul Latte Dolce Sassari. Un’altra festa dei giovani calciatori si è svolta sabato 8 giugno a Domusnovas, con la manifestazione provinciale dei “Piccoli Amici”, che ha visto la partecipazione di tutte le società della delegazione provinciale di Carbonia Iglesias. L’ingresso in campo dei gruppi di giovani atleti è stato preceduto dalla cerimonia d’intitolazione dell’impianto sportivo a Paolo Putzolu, già sindaco di Domusnovas, nonché tecnico, presidente e dirigente sportivo, per alcuni decenni impegnato nella formazione dei giovani calciatori, scomparso nel novembre scorso, all’età di 79 anni. La manifestazione, in un clima di grande entusiasmo, con alcune centinaia di “calciatori in erba”, è stata animata dalla banda musicale “Pietro Mascagni” di Domusnovas, dal Gruppo dei “Musici” – Quartiere Fontana di Iglesias e dal Gruppo Folk “Sant’Ignazio da Laconi” di Domusnovas.

Il Club Ottoruote Hockey di Carbonia, unica squadra italiana, anche per il 2013 è stato invitato a partecipare alla Evricup, torneo disputato in Inghilter-ra, a Herne Bay, Ducato del Kent, vicino a Canterbury, dal 28 maggio al 1 giugno scorsi. Alla prestigiosa manifestazione hanno partecipato dieci formazioni di Spagna, Portogallo, Belgio, Olanda, Italia, Gran Bretagna, Germania, il meglio dell’hockey europeo. Il Club Ottoruote è stato invitato per i meriti acquisiti in 26 anni di presenza e partecipazione alle diverse manifestazioni europee: Spagna (4 volte), Francia (4 volte), Germania (3 volte). Il Club Ottoruote ha perso le prime quattro partite con punteggi dignitosi, a conferma che, pur non potendo partecipare al campionato nazionale per mancanza di risorse finanziarie, gli atleti sono ben preparati ed hanno fatto tesoro delle esperienze maturate nei passati campionati e nelle partecipazioni a prestigiosi tornei internazionali. La coppa è stata vinta dal Barcino, squadra spagnola di Barcellona, con la quale il Club Ottoruote ha avuto la soddisfazione di chiudere il primo tempo in vantaggio per 3 a 0, ed è stato raggiunto e superato nel 2° tempo, con il punteggio finale di 5 a 3, grazie soprattutto alla maggiore possibilità di cambi. La squadra sulcitana ha vinto l’ultima partita disputata con il Geig, squadra spagnola di Girona, con il punteggio di 3 a 2, grazie anche ad una prodezza del portiere Marco Pala che ha parato un rigore a tre secondi dalla fine. La squadra ha consegnato alle squadre che ha affrontato ed al pubblico presente, diverse decine di pubblicazioni edite dalla Provincia di Carbonia Iglesias, dove in inglese si reclamano le nostre bellezze sia naturalistiche che monumentali, il tutto corredato da foto di spiagge, nuraghi e tutto il resto. Il Club Ottoruote è radicato nel territorio dove opera. Lo ama, vuole che i turisti arrivino per conoscerlo e contribuiscano alla sua ripresa economica. La formazione: Marco Pala (portiere), Giuseppe Maiellaro, Giuseppe Labate, Cristian Cocco, Carlo Pala, Paolo Matassa, Massimo Bennati. All. Massimo Cannas.

E’ il caso di dirlo, dalla cantonata di una deputata, capogruppo alla Camera, che in un’intervista a Radio Radicale dichiarava che l’età anagrafica minima necessaria per diventare presidente della Repubblica non le sembrava fosse menzionata nella Costituzione, sbottando con un memorabile “E dove sta scritto?”, nasce l’emblematico titolo del reading che ha avuto luogo sabato 1 giugno presso il salone Velio Spano a Carbonia; un momento celebrativo per la festa della Repubblica, allo scopo di far riflettere sul presente, recuperando il meglio dei valori civili e sociali scritti nella nostra legge fondamentale, spesso non abbastanza “frequentata”. «D’altra parte – hanno dichiarato gli organizzatori dell’evento, appartenenti al Centro Servizi Culturali Carbonia Iglesias della Società Umanitaria – tale titolo ci ha permesso di mettere in evidenza quanto i cittadini, noi che abbiamo realizzato l’evento compresi, siano lontani dal conoscere il vasto contenuto della Costituzione e quanto, alle volte, lo siano anche i coloro che ci governano.» Era il 26 gennaio del 1955 quando Piero Calamandrei pronunciò nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria di Milano un memorabile discorso d’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari e medi per illustrare, in modo accessibile a tutti, i principi morali e giuridici ritenuti fondamento della vita associativa. Il discorso è ancora oggi di un’attualità disarmate ed in prima fila, al Velio Spano, erano seduti alcuni studenti, forse più disillusi, e la cittadinanza. «I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi» – diceva Calamandrei, citando l’articolo 34 -, «quando l’individuo non ha i mezzi è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Anche nel Sulcis? Anche – e soprattutto – oggi? Parafrasando il Calamandrei, occorre dare lavoro ed una giusta retribuzione a tutti, una scuola pubblica di qualità, occorreva ed occorre “dare a tutti gli uomini dignità di uomo”. Soltanto quando questo sarà raggiunto – continua il giornalista, giurista, politico, scrittore, poeta e docente universitario (1889-1956) – si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’art. primo – “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”- corrisponderà alla realtà. Perché – drammaticamente attuale questo passaggio – «fino a che non ci sarà la possibilità, per ogni uomo, di lavorare, di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società». Ancora oggi la Costituzione italiana è una realtà soltanto in parte: «In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere». Ebbene c’è tanto lavoro da compiere. La Costituzione è a nostra disposizione: impariamo a servircene, cogliendone il senso polemico e di giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, come strumento di legalità utile per trasformarlo, per modificarlo gradualmente. Serviamocene, in questa società «in cui può accadere che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche». Impegnamoci ad esigere che certe promesse vengano rispettate e facciamolo partecipando attivamente, combattendo l’indifferenza alla politica. A tal proposito, nel suo discorso, Calamandrei racconta l’edificante aneddoto di due emigranti, due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno dei due dormiva nella stiva mentre l’altro che stava sul ponte si accorse che il piroscafo oscillava a causa di onde altissime, nel mezzo di una burrasca. Impaurito, quest’ultimo, corse a domandare ad un marinaio se fossero in pericolo: «Se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda». Corso in stiva a svegliare il compagno, spiegando la possibile sorte del bastimento, il contadino si sentì rispondere: «Che me ne importa, non è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica. «E’ così bello, è così comodo: la libertà c’è. Si vive in regime di libertà, ci sono altre cose da fare piuttosto che interessarsi alla politica. Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai, e vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica». Chi legge ciò che scrivo, da anni, è al corrente di quanto io non ami riempirmi la bocca di buonismo e retorica gratuita e prego tutti di non travisare il senso di questi virgolettati. Li ho riportati con l’intento – credo il medesimo di coloro che hanno organizzato l’evento e ai quali va il mio ringraziamento per aver reso l’ennesimo servizio utile alla città e per avermi dato l’occasione di poter toccare l’argomento – di far scaturire una seria riflessione a proposito di solidarietà sociale, ma anche umana e della nostra comune sorte. «Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del fascismo, – continua Calamandrei – il 2 giugno 1946, un popolo che da venticinque anni non aveva goduto le libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare dopo un periodo di orrori – il caos, la guerra civile, le lotte le guerre, gli incendi. Ricordo file di gente disciplinata davanti alle sezioni, disciplinata e lieta perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità, questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio paese, del nostro paese, della nostra patria, della nostra terra, disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro paese. Giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico – in questo è fondamentale il contributo della scuola, a partire dagli asili, ndr -, la coscienza civica”. Io scorgo in queste parole, con gioia, l’invito a considerarci parte di un tutto, nei limiti della Sardegna (non mi avventuro in “perigliose” considerazioni, d’appartenenza, di sentire propria tale Costituzione, comuni a molti sardi), dell’Italia e nel mondo. La Costituzione italiana racchiude nei suoi articoli tutta la storia ed il passato del Paese (con il beneplacito dei nostri numerosi costituzionalisti e di Benigni, che ne ha fornito una parafrasi memorabile quanto quella di Piero Calamandrei – ma decisamente più gravosa sulle tasche della Tv di Stato) e dietro questi articoli si scorgono precise posizioni politiche. «“Quando io leggo nell’art. 2, l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, o quando leggo, nell’art. 11, “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria italiana in mezzo alle alte patrie, dico: ma questo è Mazzini; o quando io leggo, nell’art. 8, “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour; quando io leggo, nell’art. 5, “la Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo; o quando, nell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate, “l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica” esercito di popolo, ma questo è Garibaldi; e quando leggo, all’art. 27, “non è ammessa la pena di morte”, ma questo è Beccaria. Grandi voci lontane, grandi nomi lontani. Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti. Dietro a ogni articolo di questa costituzione voi dovete vedere giovani, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade delle città italiane, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di centomila morti.» La lettura di tale discorso ha concluso il reading, organizzato dal Centro Servizi Culturali Carbonia Iglesias della Società Umanitaria, facente parte di un programma più vasto, promosso dall’assessorato alle Politiche sociali e giovanili della Provincia di Carbonia Iglesias, che ha voluto celebrare cinque giornate simbolo del nostro calendario civile, il 25 aprile, la giornata di impegno per la legalità e contro tutte le mafie, la Giornata Internazionale della Non-violenza, il ricordo di Antonio Gramsci e, appunto, il 2 giugno, Festa della Repubblica. L’incontro pubblico è stato preceduto e seguito da una serie di incontri nelle scuole superiori dove, utilizzando lo strumento audiovisivo, si sono invitati i ragazzi a riflettere sul senso e sui valori della Costituzione. «Agli appuntamenti – raccontano gli organizzatori – è stato presente l’assessore Luca Pizzuto, il quale agli studenti ed alle persone intervenute al reading ha consegnato copia della Costituzione. Il reading ha riscosso un buon gradimento da parte del pubblico presente: una cinquantina, tra cui diversi giovani, hanno scelto di partecipare, nonostante la concomitanza con innumerevoli altre manifestazioni di rilievo tra cui il Girotonno, e hanno avuto modo di apprezzare il taglio partecipativo e “nuovo” dell’iniziativa. Così come spiegato nell’introduzione all’evento, il reading constava di alcuni testi su articoli specifici della Carta, prodotti da ragazze e ragazzi di Carbonia, che hanno quindi voluto esemplificare in questo modo il loro ruolo di cittadine e cittadini attivi.» Sull’improvvisato palco del salone, le letture di Benedetta Deriu e Marco Lisci, accompagnati dalle note jazz di Matteo Leone, giovane promessa della musica sulcitana, hanno trasformato la sala – solitamente utilizzata per le proiezioni cinematografiche – in un piccolo teatro dal sapore metropolitano. Cinzia Crobu

E’ stata inaugurata domenica 9 giugno la 3ª edizione della rassegna teatrale “Tutti in Scena” organizzata dalla Clessidra Teatro di Anna Pina Buttiglieri, che ha curato la regia di tutti gli spettacoli. Tale rassegna è il risultato finale dei laboratori di teatro che si sono tenuti nel corrente anno presso la scuola di ballo Batuca Dance di Carbonia e vede in campo tutti gli allievi dei vari corsi. Il cartellone è caratterizzato da un’estrema varietà di esperienze che si stanno portando in scena. I primi ad esibirsi, il 9 giugno, sono stati gli adulti con “La palla al piede” commedia brillante di Feydeau, cui sono seguiti, il 16 giugno, i ragazzi con un classico del teatro “Arsenico e vecchi merletti” commedia – giallo di Kesselring. Il 23 giugno sarà il turno dei giovanissimi che si cimenteranno in “Bertoldo a Corte” di Massimo Dursi e, infine, il 30 giugno, i bambini presenteranno “Momo”, commedia liberamente tratta dall’omonimo testo di Ende. «La regia – ha dichiarato Anna Pina Buttiglieri, curatrice anche dell’adattamento di ogni singolo testo – varia nella visione tra il classico e il moderno; è attenta alla ricerca di nuovi linguaggi ed allo sviluppo di una drammaturgia moderna, per confezionare allestimenti divertenti ed offrire al pubblico qualche ora di relax, dove la risata deve essere di casa.» La rassegna si tiene presso il teatro Centrale, messo a disposizione per l’evento dal comune di Carbonia, tutte le domeniche di giugno alle ore 21.00. Per info e prezzi 328 1719747.

E’ in preparazione una nuova pubblicazione destinata ad attrarre nuovi visitatori in Sardegna nel periodo non estivo

Volando qua e là sostenuto dalle ali dello stupore, per far conoscere le essenze di questa fantastica isola, unica al mondo.

Cesare Bettini

Cesare Bettini

I voli del gheppio (chiamato arcireddu nel Campidano di Cagliari e nel Sud Ovest, falchittu in Gallura), sono fantasiosi: guizzano nel cielo in ogni stagione. Particolare per questo tipo di falco è il suo modo di rimanere immobile, non spostandosi  di un millimetro, mentre agita le ali prima di tuffarsi in picchiata: i Sardi dicono che fa lo Spirito Santo (come nei dipinti delle chiese dove lo Spirito Santo è rappresentato da una colomba con ali spiegate). Il gheppio, figlio del vento,   destreggiandosi con l’elemento principe dell’isola, caratterizza le campagne, variopinte di mille attrazioni che la rendono  particolare.
Sono nato a Modena ed ho il pallino delle tradizioni popolari. Ho viaggiato per lavoro, dapprima come ceramista poi in  qualità d’accompagnatore turistico, in Europa, Americhe, Africa e Asia: ovunque sia stato mi sono sempre interessato agli  usi e costumi delle popolazioni. In Sardegna ho girato in lungo ed in largo, dal 1980 ad oggi (2013), con auto fuoristrada, pullman GT, Trenino Verde ed a piedi.
In questo mio diletto editoriale, dialogando con i lettori, descrivo quanto c’è d’interessante per chi viaggia nel rispetto delle  etnie ed usanze ataviche: volerò qua e là (come un arcireddu), sostenuto dalle ali dello stupore per far conoscere le unicità di questa fantastica isola. Quale preludio, alle diecimila ed una particolarità esistenti nell’isola, richiamo attenzione ai centri  storici da visitare: Alghero, Bosa, Cagliari, Carbonia, Carloforte, Castelsardo, Galtellì, Iglesias, Olbia, Oristano, Orosei, Pula, Santa Teresa di Gallura, Sanluri, Sassari, Sardara, Tempio Pausania, Tratalias. Credo di poter affermare, senza tema di  smentita, che il più delizioso, armonioso e poetico centro storico sia quello di Galtellì.
Aggiungo, per citare qualcosa di particolare, le incisioni rupestri a Villa Sant’Antonio di Laconi che dimostrano la  conoscenza astronomica degli Antichi Sardi, nell’Età del Rame e forse ancor prima. Altra particolarità concerne la tomba dei  giganti di Biristeddi (territorio di Dorgali: strada da Nuoro a Galtellì) i cui massi sono stati scolpiti nell’Età del Bronzo con  tecniche per noi impensabili. Per non indurre a credere che questo libro parli prevalentemente d’architettura, archeologia ed archeoastronomia, accenno all’esistenza, in molti centri abitati dell’interno, di stalle ove sono allevati e custoditi i buoi da cerimonia: animali monumentali, imponenti, docilissimi. Sontuosamente agghindati, trascinano il carro su cui è collocata la  statua benedicente patronale, nelle processioni al termine delle sagre importanti. Buoi da cerimonia, di un bel manto marrone, ve ne sono a Domusnovas (vicino alla galleria naturale chiamata Grotte di San Giovanni) ed in tutta la pianura attorno a Cagliari chiamata Campidano. Ma di rilevante c’è ben altro. In Sardegna, al termine dell’effimera invasione dei Bizantini (che avevano sbaragliato i Vandali nel Nord Africa) si formarono autonomamente i quattro Regni Giudicali:  Cagliari, Arborea, Torres, Gallura. I Giudici di Torres, temendo invasioni arabe, spostarono il Regno da Turris Libisonis (Porto Torres) ad Ardara, costruendovi un castello e la fantastica chiesa Santa Maria del Regno, ricchissima di pregevoli dipinti e decorazioni. In tutta la zona d’Ozieri vi sono monumenti ecclesiastici da vedere assolutamente a cui dedico il  capitolo riassuntivo dei miei itinerari “Ricami d’antichi sentieri”. Altra informazione che mi preme dare è il museo degli strumenti musicali antichi fondato da don Dore a Tadasuni sul Lago Omodeo (attualmente chiuso al pubblico): tra i reperti lo strumento utilizzato per emettere suoni che facevano impazzire i cavalli disarcionando i cavalieri, usato anche nel periodo ottocentesco del banditismo.

Emilio Lussu

Emilio Lussu

Questo libro è frutto d’annotazioni, osservando e parlando con persone anziane, d’usi, costumi, dicerie, leggende. Leggere un’infinità di libri sulla Sardegna non mi è bastato ed ho continuato ad imparare accompagnando tantissimi amici  (compresi i miei allievi, durante i corsi di guide ambientalistiche), oppure viaggiando in solitudine per scoprire nuovi  itinerari da proporre nei siti e nelle mie pubblicazioni cartacee. Nell’isola esiste ancora il tramandare oralmente: bene  inestimabile di tutto il sapere racchiuso nello scrigno prezioso delle tradizioni popolari.
Parlare di Sardegna non è semplice, come non è facile capire la “sardità”: l’orgoglio etnico che contraddistingue la  popolazione. L’artigianato artistico è emblematico della sardità ed ancor più emblematiche sono le creazioni di uno dei più grandi artisti tra i figli di questa terra: lo scultore e designer Costantino Nivola di Orani che si affermò negli Stati Uniti. Anche dei cantautori sardi devo citare: le loro melodie in limba sarda sono struggenti e lasciano un solco indimenticabile nell’anima. Ricordo in particolare un concerto notturno nel Tempio di Antas nell’estate 2010.

Cavalieri della Sartiglia di Oristano

Cavalieri della Sartiglia di Oristano

Nel concetto di sardità trova spazio il viscerale amore per la musica, innato in ogni strato della popolazione. Molte volte mi  è capitato di vedere persone di una certa età andare in piazza nelle notti estive con la seggiolina (che solitamente si tiene  accanto al camino di casa) per ascoltare le gare poetiche improvvisate e cantate, con accompagnamento di chitarra e  fisarmonica. Ci sono e ci sono stati dei formidabili protagonisti di questo particolare cimento d’inventiva poetica canora, dove i due o tre protagonisti si alternano rispondendo a tema sulle battute di chi ha preceduto.
Ancor vivo è il ricordo di Maria Carta, una delle più grandi interpreti della musicalità sarda. In ogni parte dell’isola  aumentano i cori maschili, femminili e misti, composti ciascuno da una ventina di esponenti ed oltre, che interpretano spartiti sardi dell’800, molto poetici. Il fascino dei cori chiamati tenores, composti solamente da quattro voci (senza accompagnamento di strumenti musicali) è molto apprezzato ovunque: la “patria” di questo particolarissimo modo di  cantare è estesa da Bitti a Neoneli, praticamente da Est di Oristano a tutto il Nuorese e le Baronie.
Altra sfaccettatura della sardità è lo spessore del pensiero politico d’alcuni figli di questa terra: elenco solo alcuni e molto  succintamente per “sfrugugliare” l’interesse a saperne di più. Il principe di Cornus Ampsicora immaginò un’alleanza tra i Sardi e Cartaginesi per tentare di sconfiggere le legioni del console romano Quinto Manlio Torquato ed impedire il dominio  di Roma sulla Sardegna. Il giudice-re Mariano IV d’Arborea, oltre ad essere artefice della prima Carta de Logo (poi modificata e diffusa dalla figlia Eleonora), comandò a lungo l’opposizione bellica contro l’invasione aragonese. Giovanni Maria Angioi, pur essendo un nobile, fu avverso al regime sabaudo e tra gli iniziatori dei moti repubblicani sardi. Lo scrittore filosofo e politico Giovanni Battista Tuveri, amico di Cattaneo e Mazzini, promosse l’autonomia fiscale dei piccoli comuni. Il nobel Grazia Deledda ha reso romanticamente noto il “mal di Sardegna” degli abitanti dell’Isola. Emilio Lussu, capitano di fanteria nella prima guerra mondiale, oltre che autore di “Un anno sull’altipiano” ipotizzò un concetto politico avulso da Roma e fu tra i fondatori del Partito Sardo d’Azione. Antonio Gramsci ha fondato il quotidiano “L’Unità”, fu arrestato dal governo fascista nel 1926: nelle sue “Lettere dal carcere” ipotizzò il ruolo degli intellettuali e delle arti nella società italiana. Giuseppe Dessì, autore (Premio Strega) di “Paese d’ombre” ha stigmatizzato il comportamento feroce delle multinazionali a cui il regno sabaudo aveva concesso permesso di sfruttare la Sardegna.
Il periodo carnevalesco, molto sentito ovunque è particolare ed unico in alcuni luoghi: Oristano per la famosa, elegante ed  enigmatica giostra equestre Sa Sartiglia, Santu Lussurgiu per Sa Carrela’e nanti (spericolata corsa in discesa delle pariglie  nelle strette strade del centro abitato), Tempio Pausania e Bosa per la signorilità dei cortei in costume, Ovodda per la festa corale della comunità nel mercoledì delle ceneri (Mehuris de lessia) con dovizia di sughero bruciato. I riti di carnevale risalgono al periodo pre cristiano e simboleggiano il temporale scioglimento degli obblighi sociali e dalle gerarchie. Erano in uso nell’antica Mesopotamia, nel mondo ellenico e romano. A prescindere dalle suggestive evoluzioni simboliche e cadenzate dei mamutones di Mamoiada, vi sono tradizioni, tra Ottana e Nuoro, improntate sulle maschere evocanti animali del mondo pastorale di cui è difficile comprendere i significati reconditi. Manifestazioni d’ugual genere esistono in Ungheria, in Transgiordania ed in ogni parte d’Italia dove le popolazioni neolitiche furono in contatto con bovini e cervidi. In Sardegna, nella Valle del Tirso, l’evocazione delle paure pastorali è sintetizzata da maschere che incutono timore, esorcizzata dalla gente allegra e scherzosa che le indossa. La sintesi del carnevale è la trasgressione alla normalità: in alcuni paesi della Trexenta e Sarcidano, subregioni a Nord Est di Cagliari, era usanza che le donne si allontanavano  volontariamente da casa per dimostrare la propria indipendenza ed al loro ritorno nessuno chiedeva spiegazioni.
E’ noto che in molte zone si gioca ancora (e con accanimento) alla “morra”, ad Ollolai vi si svolge il campionato mondiale,  ma non tutti sanno che nelle Baronie, Barbagie e Ogliastra si svolgono tornei d’antica lotta sarda: “Sa strumpa” o “S’intrumpa”, consistente nello squilibrare l’avversario e gettarlo a terra con mosse leali, permesse dal regolamento, solo con l’ausilio dell’astuzia e la rapidità di riflessi.
Il popolo sardo pur mantenendo intatte tradizioni che si perdono nella notte dei tempi è molto aperto al nuovo. I giovani sono espertissimi nelle nuove tecnologie e questo è arcirisaputo, ma chi legge si stupirà nell’apprendere che è un popolo particolarmente aperto alle musiche del Nord America: jazz e blues come si rileva dal capitolo “Feste in Sardegna”. Nei matrimoni, soprattutto nelle Baronie e nelle tre Barbagie di Belvì, Ollolai e Seulo, caratterizzati dopo la cerimonia religiosa dal crepitio della fucileria a salve, il pranzo è sull’ordine di mille invitati. I balli che ne seguono sono tra i più vari: un mix tra quelli sardi ed i latino-americani all’ultima moda.
Sui piaceri della tavola si potrebbe disquisire a lungo per l’enorme dovizia di cibi legati alla cultura agricola, unitamente alla produzione di una gran varietà d’ottimi vini e singolari birre artigianali molto aromatiche che si abbinano perfettamente a qualsiasi tipo di cibo. Invito chi mi legge a soffermarsi sul capitolo “Cibo-vino”. Nel “Capitolo del girovagare in libertà” propongo diversi itinerari per trascorrere, in Sardegna, giorni molto intensi e tornare al luogo di residenza più arricchiti, oltre che dalla visione di panorami indimenticabili anche di conoscenze d’usi e costumi.
Alcune precisazioni sul clima: nel Sud Ovest, durante l’ultimo inverno la temperatura non è mai scesa sotto i 3 gradi  centigradi. è nevicato abbondantemente sui monti più alti delle Barbagie, sul Gennargentu e sulle montagne di Fonni si è  sciato. Nel Sud Ovest, è nevicato sulle zone alte del massiccio del Monte Linas, attiguo alla Piana del Cixerri, ove assai suggestivo era il contrasto tra il manto delle cime con i bordi delle strade vivacizzati dal giallo dell’acetosella e dagli alberi di mandorlo fioriti.
Il capitolo “Feste in Sardegna” è la sintesi delle festività laiche e religiose. Di queste ultime faccio notare i tanti nomi dei santi della chiesa ortodossa (che ha contribuito all’aumento di diffusione della fede cristiana, in Sardegna, nel periodo bizantino) e la gran devozione generale per Sant’Antioco, Sant’Antonio Abate, San Sebastiano e San Giovanni.
Concludo la premessa, includendo la tabella delle Ere, Età e periodi storici della Sardegna: utile per comprendere meglio di cosa parlo nei miei itinerari, la tabella delle sub regioni ed il glossario per comprendere alcuni significati