Fare impresa in Sardegna tra “passione” e “necessità”. Confartigianato Sardegna: «Nuove imprese o false partite iva?».
Sono oltre 17mila le imprese giovanili registrate in Sardegna nel 2013, incluse le 680 società a capitale ridotto.
«Il perdurare della crisi, anche nella nostra Isola – commenta il presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, Luca Murgianu – porta sempre più under 35 a “mettersi in proprio”; che si tratti di “voglia” o “necessità”, in tantissimi hanno deciso di tentare la carta dell’impresa soprattutto nel commercio, nell’edilizia e nella ristorazione.»
Le due facce del “fare impresa”, quello dell’obbligo, perché espulsi dal sistema produttivo, o quello dell’essere indipendenti, sono state fotografate dall’Ufficio Studi di Confartigianato, che ha rielaborato i dati di UnionCamere e Istat del 2013.
Sono 17.519 le imprese giovanili registrate negli Albi provinciali delle Camere di Commercio l’anno passato. In termini assoluti, la maggior parte si trovano a Cagliari (6.938), segue Sassari (5.610), poi Nuoro (3.436) e chiude Oristano (1.535). In termini percentuali, in testa Nuoro (12,5%), seguita da Oristano (10.5%), Sassari (10.1%) e Cagliari (9,9%), con una media regionale 10.75%, cifra superiore alla media nazionale (10.5%). Sempre in Sardegna, tra le 680 “imprese giovanili a 1 euro”, 167 sono state registrate come “Società a responsabilità limitata a capitale ridotto” (successivamente abrogate) e 513 come “Società a responsabilità limitata semplificata”.
«E’ facile, e per certi verso entusiasmante, poter aprire una impresa “a 1 euro” – continua Murgianu – ma i problemi da capire sono due: quante resisteranno dopo 3-4 anni e, soprattutto, quante di queste nuove imprese nascondono false partite iva o addirittura dei prestanome?.»
«Sempre più aziende – denuncia il presidente – scaricano su questi “nuovi giovani finti imprenditori” tutti gli oneri di un lavoro non in regola nel quale l’unica cosa che conta è tagliare i costi.»
«Non abbiamo ancora le percentuali della nati-mortalità – continua Murgianu – però un fatto è certo: questi giovani non si sono rassegnati a lasciare l’Isola o arresi: si sono rimboccati le maniche e guardano con coraggio al domani”.“Tanti di loro rappresentano la generazione che vuole farcela con le proprie forze – prosegue – e che ha trovato l’energia di puntare su un’idea e sulle proprie competenze. A loro dobbiamo ispirarci per creare le migliori condizioni affinché i progetti di impresa possano crescere e svilupparsi.»
Un sondaggio, di ottobre 2013, dell’agenzia per il lavoro Openjobmetis, ha evidenziato come il 23% di un campione di intervistati (il 70% di questi possedeva la laurea o addirittura un Master) avrebbe preferito una professione artigiana, con conseguente pratica “sul campo”, come il tirocinio o l’apprendistato, rispetto al conseguimento di una specializzazione accademica.
Ciò dimostra come il momento di difficoltà del mercato del lavoro porti a preferire mestieri per i quali è richiesta un’elevata specializzazione tecnica e manuale. Insomma, oggi l’ambizione di gran parte di coloro che hanno risposto al sondaggio è saper fare bene un mestiere manuale, più che una professione.
«Dobbiamo puntare sugli investimenti nella formazione “on the job” – rimarca Murgianu – ovvero tirocini e apprendistato, la cui percentuale in Sardegna è ancora bassa; per fare un esempio, gli imprenditori artigiani della Sardegna, nel 2011 investirono solo 107 milioni di euro (tra rimborsi spesa nei tirocini e retribuzioni e oneri nell’apprendistato) contro i quasi 400 dell’Emilia Romagna (dati dell’Osservatorio Confartigianato Emilia Romagna)”.
«In ogni caso, della crisi – conclude il presidente Murgianu – si esce soprattutto con la preparazione e con le competenze giuste.»
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