15 November, 2024
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Veronica Cruciani e Guido De Monticelli insieme per la nuova produzione dello Stabile della Sardegna.

Cinzia 14 marzo 2014

Doris e Irene parlano da sole
di Alan Bennett

Una donna di lettere/ traduzione Davide Tortorella/con Maria Grazia Bodio/regia Guido De Monticelli/ assistente alla scenografia Alessia Pintor

Un biscotto sotto il sofà / traduzione Adele D’Arcangelo e Francesca Passerini/ con Lia Careddu/ regia Veronica Cruciani/ scene e video Luca Brinchi, Daniele Spanò/ costumi Adriana Geraldo
luci Stefano Damasco, Loïc François Hamelin/ assistente alla regia Rosalba Ziccheddu

Date spettacoli:  18 marzo – 21.00/ 22 marzo – 18.00/ 23 marzo – 17.00/ 25 marzo – 21.00/ 26 marzo – 21.00/  27 marzo – 21.00 / 28 marzo – 21.00/  29 marzo – 21.00/  30 marzo – 19.00 Sala Minimax

– Come da comunicato stampa – Si ringrazia l’Ufficio stampa del TSdS nella persona di Paola Masala.

Veronica Cruciani e Guido De Monticelli insieme per la nuova produzione dello Stabile della Sardegna.

Doris e Irene parlano da sole” , nuova produzione del Teatro Stabile della Sardegna, debutterà al Teatro Massimo martedì 18 marzo alle ore 21.00: due monologhi “Una donna di lettere”  e “Un biscotto sotto il sofà” scritti per la televisione da Alan Bennett, l’autore inglese tra i più rappresentati,  più ironici e  più versatili del panorama contemporaneo.  Le storie di Doris e Irene che si incroceranno sul palcoscenico del Massimo sono una incantevole combinazione di umorismo british e partecipazione umana. Una bella sfida per le due attrici della compagnia stabile Maria Grazia Bodio e Lia Careddu che lo portano in scena dirette da Guido De Monticelli e Veronica Cruciani. Ad arricchire lo spettacolo le scenografie di Daniele Spanò e Luca Brinchi, videoartisti di chiara fama scelti da Veronica Cruciani per curare le scene del monologo Un biscotto sotto il sofà. Elementi che si ispirano al fumetto anni 80 sono invece le scene scelte da Guido De Monticelli per Una donna di lettere Lo spettacolo andrà in scena sino al 30 marzo al Teatro Massimo.  Particolarissimo incontro, questo, tra due registi, Guido De Monticelli e Veronica Cruciani, per la messa in scena di due monologhi del più importante e oggi rappresentato drammaturgo inglese, Alan Bennett. Due punti di vista, due obbiettivi puntati su due storie ironiche, parossistiche, molto umane, scritte, in origine, per la televisione, ma poi rappresentate con gran successo a teatro e ora interpretate da Maria Grazia Bodio e Lia Careddu.

Attraverso le sue figure Alan Bennett ci parla di un’umanità che della solitudine fa una lente sul mondo, un particolarissimo e molto acuto punto di vista sulla realtà dalla quale pare esclusa. È il caso di Irene, che interpreta a suo modo il mondo spiandolo dalla finestra, e ne trae una furente attività epistolare. Da qui l’ironia già insita nel titolo, Una donna di lettere. È il caso di Doris (Una fetta biscottata sotto il divano), che decide di lasciarsi morire dentro la sua casa per la paura di essere portata in un ospizio. Il mondo reale, esterno, è diventato un pericolo, una minaccia, qualcosa che si stenta a riconoscere e ad accettare. Irene lo descrive attraverso le sue lettere grondanti di sdegno e protesta che manda a destra e a manca, finché alla fine non viene reclusa per le sue diffamazioni, Doris lo rifiuta chiudendosi tra le sue quattro mura, in un luogo dell’immaginazione e del ricordo; e il suo diventa un viaggio attraverso la psiche.

Sia in Doris, sia in Irene possiamo vedere sì i segni di un isolamento e di una dimenticanza in cui la nostra società relega gli anziani, ma anche i fuochi di una follia che si fa metafora del mondo, sprazzi di una visione diversa e spesso illuminante che quei personaggi dimenticati sanno gettare sulla realtà.

Due linguaggi diversi (anche nella tecnica di messa in scena), ma che in definitiva ritrovano una profonda unità di intenti e di visione, per intrecciare la storia di queste due donne che parlano da sole.

Guido De Monticelli: «Alan Bennett ci parla di un’umanità che della solitudine fa una lente sul mondo, un particolarissimo e molto acuto punto di vista sulla realtà dalla quale pare esclusa. È il caso di Miss Ruddok che interpreta a suo modo il mondo spiandolo dalla finestra, e ne trae una furente attività epistolare. Da qui l’ironia già insita nel titolo, Una donna di lettere. Scrive lettere, Miss Ruddok, grondanti sdegno e protesta per tutto ciò che vede, finché non viene affidata agli assistenti sociali, e infine reclusa per le sue diffamazioni. E nella reclusione ritrova la sua “famiglia”, persone reali, con altre storie di solitudine e disadattamento. Ecco, darsi da fare, scrivere lettere per loro, come in fondo fa lo stesso Bennett con le sue creature. E Miss Ruddok ritrova una sua forma di felicità senza perdere il suo antico vizio.
Sono sette i quadri in cui si dispiega questo soliloquio: come i giorni della settimana, tutti tagliati come brevi sequenze cinematografiche (o televisive: sappiamo infatti che questi monologhi nascono per la televisione). Più situazioni, primi piani, “inquadrature”, ritagliate nella sua vita quotidiana, che vere e proprie azioni; e ciascuna si chiude con il sospettoso sguardo lanciato, attraverso la finestra, ai vicini di fronte. Qualcosa di questo procedimento iterativo, quasi ad anello, ci riporta alle strisce dei fumetti: che sono infatti finestre di taglio diverso aperte sulla fissità di certi comportamenti ricorrenti, di scorci, di ossessivi riflessi condizionati. E ci ricordano appunto l’inquadratura cinematografica, o fotografica, con la sua netta selezione del campo visivo. Nonché, appunto, il taglio di una finestra aperta sul mondo.
Sulla base di questa struttura visiva e ritmica saranno ripercorse le sette giornate di Miss Ruddock, tutte segnate dai fuochi di una follia che si fa metafora del mondo, di una visione diversa e spesso illuminante che l’anziana di Bennett sa, nella sua aspra solitudine, gettare sulla realtà». (Note di regia)

Veronica Cruciani: . (Note di regia)

Alan Bennett, pluripremiato scrittore, sceneggiatore e drammaturgo inglese, nasce a Leeds, nello Yorkshire, il 9 maggio del 1934. Oltre alla sua attività per il teatro, la televisione, la radio – ma è anche sceneggiature e scrittore di  numerosi racconti e romanzi – fa molte apparizioni come attore. La voce lugubre eppure così espressiva di Bennett (caratterizzata da quel leggero accento di Leeds), l’umore aspro e l’umanità evidente della sua scrittura hanno reso molto popolari le sue letture delle sue stesse opere (specie quelle che sono di matrice autobiografica). Sono altrettanto famose le sue letture delle storie di Winnie the Pooh. Molti dei personaggi di Bennett sono sfortunati e oppressi, oppure miti e trascurati. La vita li ha portati ad una impasse, oppure è passata loro accanto. Bennett ce ne presenta le fragilità. Come si può vedere nella serie televisiva Talking Heads: una serie di monologhi trasmessi tra la fine degli anni 70 e gli anni 80 e successivamente portati al Comedy Theatre di Londra nel 1992. Un secondo sestetto viene scritto dieci anni dopo. Tra le sue opere, The History boys, acclamatissimo da pubblico e critica, ha ottenuto ben tre Olivier Awards. Bennett stesso ha ottenuto un Olivier Award per il suo “eccezionale contributo al Teatro Britannico”, oltre ad altri numerosi premi e riconoscimenti.

Cinzia Crobu

 

 

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