Dal 17 al 23 aprile, a Roma, 15 giovani italiani e 15 catalani malati di diabete parteciperanno al progetto “Gioventù in Azione – Health in All Campus” .
Nella settimana di Pasqua, dal 17 al 23 aprile, presso l’Hotel Villa Pamphili di Roma, 30 giovani con diabete di età compresa tra i 18 e i 25 anni, 15 italiani (di cui 4 sardi) e 15 catalani, avranno la possibilità di condividere le loro esperienze attraverso il dialogo, lo scambio e la formazione verso l’accettazione psicologica della malattia. Il progetto, denominato “Gioventù in Azione – Health in All Campus” è nato per volontà della “Federazione Nazionale Diabete Giovanile” e della “Associaciò de Diabètics de Catalunya” ed è sostenuto dall’Unione Europea.
I ragazzi di ciascun gruppo saranno accompagnati da uno staff che comprende due tutor, un animatore, un medico e un infermiere: nel corso dell’incontro i partecipanti saranno chiamati a condividere situazioni di difficoltà ed indicheranno metodi e risorse frutto della loro esperienza per migliorare il mondo della scuola, del lavoro, della sanità e del tempo libero.
«Il dialogo tra ragazzi con lo stesso disagio, ma provenienti da culture diverse – sottolinea Antonio Cabras, Presidente della Federazione Nazionale Diabete Giovanile – è per noi un elemento di fondamentale importanza non soltanto per consentire una gestione autonoma del disagio, mantenendo una normale qualità di vita, ma anche per fare sì che questi giovani diventino essi stessi lo strumento per diffondere presso le loro famiglie e la società esterna un’adeguata cultura di quello che rappresenta oggi il diabete giovanile in Europa.»
In quest’ottica, durante il campo, i ragazzi oltre a svolgere attività fisiche ed educative, dovranno anche sviluppare progetti di comunicazione con l’obiettivo di abbattere i problemi quotidiani legati alla loro patologia, spesso frutto di equivoci e pregiudizi.
«L’obiettivo finale – prosegue Cabras – è quello di aiutare i giovani ad uscire da un isolamento psicologico che spesso li accompagna nei confronti dei loro coetanei non affetti da diabete. Siamo certi che inserire questa patologia in un contesto più ampio, attraverso lo scambio e il confronto con altri Paesi europei, possa essere di grande aiuto per i nostri ragazzi.»
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