I Riformatori sardi hanno presentato l’opposizione al ricorso del governo davanti alla #Consulta su accise e taglio del costo della benzina.
La norma della Finanziaria regionale del 2014, che affida alla Regione le entrate sulle imposte di fabbricazione generate in Sardegna anche se riscosse in altre parti del territorio nazionale (la cosiddetta norma sulle accise), è legittima. Come è legittimo che a difendere una legge approvata all’unanimità, dal Consiglio regionale siano i consiglieri regionali, visto che la Giunta – che rappresenta il potere esecutivo – sta colpevolmente non adempiendo a un obbligo: difendere una legge approvata da tutte le forze politiche. Lo sostiene l’atto di opposizione al ricorso del governo presentato alla Corte Costituzionale dagli avvocati Andrea Panzarola e Massimo Proto, per conto dei consiglieri regionali dei Riformatori sardi Michele Cossa e Attilio Dedoni. Una norma legittima perché non contrasta con altre norme ma anzi le rispetta integralmente. Ed è in linea con la giurisprudenza della Corte e con le direttive europee.
L’atto di opposizione al ricorso è stato illustrato questa mattina in una conferenza stampa a cui hanno partecipato il coordinatore regionale dei Riformatori, Michele Cossa, il deputato e presidente della commissione Affari sociali della Camera, Pierpaolo Vargiu, il capogruppo dei Riformatori in Consiglio regionale, Attilio Dedoni e gli avvocato, docenti universitari, Andrea Panzarola e Massimo Proto.
«L’atteggiamento della Giunta regionale che non difende gli interessi dei sardi è un atto criminoso – ha spiegato Cossa – la Sardegna rivendica solo quanto le spetta e per questo, per difendere gli interessi dei sardi, abbiamo deciso di scendere in campo ricorrendo direttamente alla Corte Costituzionale, con un atto solidamente motivato e decisamente innovativo». Del resto, aggiunge il deputato Pierpaolo Vargiu, «ci saremo aspettati che la Giunta si schierasse a difesa dei sardi e di una legge che non una coalizione ma tutte le coalizione e tutti i partiti hanno approvato. Tanto più dopo la notizia di ieri, dell’intesa per l’eliminazione di fatto del patto di stabilità per la Sardegna: rinunciare a un miliardo di euro, che sono soldi dei sardi, è incomprensibile». Ecco perché, ha detto il capogruppo dei Riformatori sardi, Attilio Dedoni, «siamo noi ad andare davanti alla Consulta e ci dispiace che questa Giunta non capisca quanto sia importante – al di là degli schieramenti – marciare uniti per difendere i sardi».
Due i punti su cui si incentra il ricorso: la legittimità a presentarsi dei consiglieri regionali a presentarsi davanti alla Consulta e la legittimità della norma.
Sul primo punto gli avvocati snocciolano una serie di precedenti e di atti che di fatto ammettono l’intervento di terzi (dunque, altri che non siano Governo e presidente della Regione) davanti alla Corte Costituzionale. Senza considerare il fatto che – se non venisse concessa la possibilità di intervento ai consiglieri regionali che hanno votato la legge – ai sardi non sarebbe datata la possibilità di far valere le loro ragioni in nessun modo.
Sulla legittimità della norma, gli avvocati, spiegano nel dettaglio perché il governo sbaglia nel ricorrere. Secondo il ricorso del presidente del Consiglio dei ministri l’articolo 1, comma 1, della Legge Finanziaria del 2014 (quella appunto che sancisce che nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche le imposte di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati generate nel territorio regionale anche se riscosse nel restante territorio dello Stato) contrasta con l’art. 8, lett. d) dello Statuto, che devolve alla Regione i nove decimi dell’imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, “percetta nel territorio della regione”. Questo perché il concetto di “generate” si scontra con quello di percette.
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