Santadi era in festa, oggi, per la 46ª edizione del Matrimonio Mauritano.
Santadi era in festa, oggi, per la 46ª edizione del Matrimonio Mauritano. I nuovi sposi, unitisi secondo l’antico rito, sono due 27enni: Francesco Anedda di Santadi e Valentina Marras di Decimomannu. Si sono conosciuti sotto le armi, entrambi 19enni, arruolati volontari di ferma breve annuale, hanno iniziato a frequentarsi e poi ad amarsi dopo aver smesso la divisa ed ora, dopo 8 anni, hanno deciso di coronare il loro sogno d’amore nel tradizionale e suggestivo rito del #Matrimonio Mauritano, l’evento giunto alla sua 46ª edizione, organizzato dalla Pro Loco di Santadi e dall’Amministrazione comunale di Santadi, con la preziosa collaborazione del gruppo Folk Sant’Agata di Santadi.
Francesco Anedda, oggi di professione giardiniere e bagnino a Porto Pino e Valentina Marras, oggi disoccupata, genitori di un bimbo di 5 anni, presente con i parenti a fianco dei genitori, sono stati uniti in matrimonio dal parroco di Santadi, don Giampiero Marongiu, e da don Giuseppe Casti. La sposa in passato ha fatto parte del gruppo folk del suo paese e più volte ha sfilato con il gruppo di Decimomannu al Matrimonio Mauritano, mentre la famiglia di Fabrizio Anedda ha collaborato in molte occasioni all’organizzazione del #Matrimonio Mauritano.
Il corteo nuziale è partito in leggero ritardo rispetto all’orario previsto, le 9.30, ed era composto da 21 gruppi, 1 coro, una settantina di cavalieri e 5 traccas, su una delle quali c’erano il sindaco di Santadi ed il sindaco di Decimomannu con le rispettive consorti. La cerimonia ha avuto inizio poco dopo le 11.00.
La novità di quest’anno era rappresentata dalla presenza delle telecamere del canale televisivo #Real Time della piattaforma #Sky che realizzerà un servizio speciale sulla sposa, nell’ambito del programma “Matrimonio all’italiana”. Le quattro spose in gara verranno seguite in ogni momento della preparazione e del rito e a Santadi erano presenti le altre tre spose protagoniste, provenienti da Puglie, Toscana e Lombardia. Le valutazioni della gara verteranno su location, menù, abbigliamento e festeggiamenti.
La cerimonia de “Sa Coia Maurreddina” coinvolge l’intera collettività; il paese partecipa alla festa in modo molto sentito, infatti il rito, rinnova lo spirito d’appartenenza alle tradizioni antiche delle genti sulcitane, rafforza l’identità culturale del popolo sardo che si arricchisce di nuova consapevolezza.
Gli abiti degli sposi sono confezionati con dedizione e minuzia, con le stoffe più pregiate, dagli anziani del paese. Il vestito della sposa è realizzato con una preziosa seta o broccato di seta “sera a matas”, di diverse tonalità di colore e con disegni floreali. L’abito si compone di: “su manteu”– lunga gonna a pieghe; “su gipponi”– giubbetto fermato ai polsi con due o tre bottoni d’oro; “sa perr’e sera”- fazzoletto di seta bianca ricamata, incrociato sul petto e chiuso da una spilla d’oro; “su vantaliccu”– grembiule di seta nera semplice, ricamato o impreziosito con pizzi fatti a mano; “sa scofia” cuffia copricapo di seta rossa dai lunghi nastri, su cui si applica “su mucaroi biancu”– fazzoletto di tulle finemente ricamato ad ago con disegni floreali; “sa mantillia” – mantillia di seta bianca o in alternativa “su sciallinu ‘e sera” si indossa sul fazzoletto di tulle. L’abito si arricchisce de “is prendas”- i gioielli realizzati in filigrana d’oro (anelli, pendenti, spille, bottoni e la collana). L’abito maschile da cerimonia (sa roba po si coiai) è realizzato con il lino o l’orbace; lo sposo indossa “is cracionis de linu”– sottocalzoni di lino bianco; “is cracionis”– calzoni in orbace; “sa camisa”- camicia di cotone finemente cucita a mano, con ricami su polsini e colletto, su quest’ultimo vengono applicati due bottoni in filigrana d’oro o d’argento; “su cossu”– gilet di lana leggera con intarso posteriore di colore violetto/rosso, è chiuso sul petto da due file di monetine d’argento; “su turbanti”– fazzoletto di seta rossa fiorita da indossare legato su “sa berritta”; “is craccias”- gambali di orbace nero; “is crapitas”– scarpe nere a polacca spesso con tacco alto lavorato. In inverno l’abito correda de “su serenicu” – cappotto di orbace nero finemente tessuto ed abbellito con intarsi di velluto rosso o/e bordeaux e con ricami eseguiti ad ago utilizzando fili d’oro, fermato al collo da due alamari d’argento.
Anche la scelta delle “traccas” ricopre molta attenzione: i buoi che trainano i carri sono selezionati tra i capi più belli della mandria, abbelliti da nastri e coccarde colorate. Le “traccas” sono allestite con cura, addobbate con tappeti lavorati a mano, preziosi tessuti ricamati, intrecci di fiori, spighe di grano e rami di mirto. Alla vigilia le donne preparano il pane tipico “is cocois” e “is murtuareddas”, che viene offerto ai presenti al termine della cerimonia nuziale.
“Sa Coia Maurreddina” è un rito cristiano, che vede i due giovani scambiarsi le promesse nuziali, tra la gioia e l’emozione dei presenti che si rendono testimoni dell’evento.
Al termine della cerimonia è stato riproposto il “Rito dell’acqua”: gli sposi si sono inginocchiati su un cuscino bianco e le madri a turno, quasi con dignità sacerdotale, hanno fatto il segno della croce con un bicchiere colmo d’acqua, simbolo degli arcani elementi della vita stessa. Poi le madri hanno cosparso il capo dei figli con “Sa Gratzia”: chicchi di grano, petali di rose, granellini di sale e alcune monetine; simbolo rispettivamente di abbondanza, felicità, saggezza, ricchezza. Dopodiché le madri hanno rotto il piatto che conteneva “Sa Gratzia”, in segno scaramantico.
Al termine, la tradizionale consegna dei doni e la distribuzione del pane sardo benedetto ai parenti e ai presenti.
Domani una più ampia documentazione fotografica.
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