Confartigianato: «Nei comuni montani batte il cuore dell’impresa sarda: il 52,3% delle aziende lavora nell’interno dell’Isola».
Sono ben 234 i comuni montani, e parzialmente montani, della Sardegna, i cui abitanti superano le 863mila unità, che ospitano 87.690 imprese, di cui oltre 22mila artigiane, con 44.237 addetti. Sono questi i dati sulla Sardegna forniti da Confartigianato attraverso il #Rapporto “Montagna, territorio strategico per le PMI”, che ha analizzato la struttura e la dinamica delle imprese artigiane nei comuni montani e nelle aree interne dell’isola, attraverso l’elaborazione dei dati ISTAT al 20 gennaio di quest’anno.
Dall’analisi emerge come più della metà della popolazione sarda (ben il 52,7%) risieda nei comuni interni e come la stessa percentuale di imprese (52,3%) operi negli medesimi territori. L’analisi dice anche che, tra il 2012 e 2013, le imprese dell’interno sono calate del 3,3% (-747 unità) mentre quelle dei territori “costieri” sono diminuite solo del 3% (-531 unità). Da non dimenticare che ogni 1000 abitanti delle zone interne, ci sono ben 26 imprese.
«Le zone interne dell’Isola custodiscono la qualità manifatturiera made in Sardegna e, se adeguatamente valorizzate, rappresentano un territorio strategico per la competitività dell’artigianato e delle Pmi. E necessario, per questo, utilizzare i Fondi europei 2014-2020 per interventi finalizzati a sostenere le attività produttive e a colmare i gap infrastrutturali che comprimono le potenzialità economiche dei territori montani.»
Questa è la proposta alla Giunta regionale di Maria Carmela Folchetti, vicepresidente di Confartigianato Imprese Sardegna, a commento dei dati che raccontano di una vocazione imprenditoriale molto importante nonostante gli ostacoli naturali, gap infrastrutturali e svantaggi normativi che possono, anzi devono, essere affrontati nel prossimo nuovo periodo di programmazione dell’Unione europea (2014-2020), che pone al centro dell’agenda le PMI e l’ambiente.
Secondo #Confartigianato Imprese Sardegna le problematiche più importanti che si riscontano a livello locale sono la “rarefazione” delle Istituzioni, lo spopolamento e il conseguente calo della domanda, la scarsa infrastrutturazione viaria e tecnologica (come l’assenza di “banda larga”) per non parlare dei pagamenti e della burocrazia.
«Le imprese delle zone interne – prosegue la vicepresidente di Confartigianato Sardegna – nonostante siano assai integrate con i territori, tanto da agire come una“rete” naturale, allo stesso tempo soffrono la trama istituzionale frammentata (è l’annoso problema dei Comuni piccoli), la scarsa dotazione infrastrutturale e di banda larga, maggiori oneri burocratici, maggiori costi fisici (trasporti, dispersione abitativa, bolletta energetica), carenza di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico anche per la distanza con i centri universitari e i parchi tecnologici.»
«Queste inoltre subiscono le carenze dei Comuni ormai quasi impossibilitati a svolgere le proprie funzioni, per carenze di organico e finanziarie – aggiunge la Folchetti – e, in questo contesto, dove l’assenza dello Stato si sente in ogni singola azione quotidiana, l’ultimo “avamposto istituzionale” è rappresentato dalle associazioni imprenditoriali, o sindacali, che conoscono pregi, carenze e necessità dei territori, delle imprese e delle persone e che, sempre più, si stanno sostituendo, con grandissime difficoltà, alle Istituzioni.»
Per Confartigianato Imprese Sardegna, quindi è necessaria una strategia di sviluppo che lavori ed investa su tutte le aree interne a rischio spopolamento, che possa porre le imprese al centro dello sviluppo e della creazione del lavoro, che le faccia migliorare. Sono necessarie le risorse pubbliche, ma è ancora più necessario, anzi fondamentale, conoscere le vere esigenze di imprenditori e comunità.
«Da qui – conclude la vicepresidente di Confartigianato Imprese Sardegna – per la nostra Isola, alla Giunta regionale lanciamo le nostre proposte: promuovere la perequazione territoriale (evitare, quindi, le discriminazioni territoriali ovvero una distribuzione più equa delle risorse); favorire l’autogoverno dei territori; investire in capitale umano; fare rete; far crescere la competitività del sistema.»
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