La Sesta commissione, presieduta da Raimondo Perra (Psi – Sardegna Vera) ha sentito in audizione i rappresentanti del Sindacato autonomi professionisti medici italiani e dei laboratori di analisi, sul tariffario regionale della specialistica. «Ridurre le tariffe della specialistica ambulatoriale, applicando il Decreto ministeriale 18 ottobre del 2012 – hanno detto i rappresentanti sindacali – porterebbe sicuramente alla perdita di 800 posti di lavoro su 1.400 e alla drastica riduzione dei servizi sanitari offerti ai cittadini.»
«I medici che operano nel settore privato convenzionato erogano il 52 per cento delle prestazioni ambulatoriali – ha spiegato Giuseppe Lo Nardo, segretario del Sapmi – a fronte di una spesa che grava sul bilancio regionale della Sanità dell’1,4 per cento, pari a 61 milioni di euro contro circa 370 milioni di euro dell’altro 48 per cento delle prestazioni ambulatoriali erogate dal servizio sanitario regionale». Una categoria che supplisce alle necessità dei cittadini e supporta il sistema pubblico con professionalità certificate e di elevato livello. Strutture che danno lavoro a 1400 persone e che creano nella regione una rete di assistenza territoriali in stretta collaborazioni con i medici di base.
Le tariffe sono ferme al 1998, hanno spiegato gli auditi, quando c’era la lira, non solo non sono mai state aggiornate, ma sono state decurtate del 20 per cento. «Nelle regioni pilota le stesse tariffe sono maggiori del 30-35 per cento». I rappresentanti della categoria hanno chiesto di evitare altri tagli delle tariffe, che sarebbero insostenibili, diversamente saranno costretti a passare all’assistenza indiretta facendo pagare per intero la prestazione al paziente e dovranno licenziare 800 dipendenti. I sindacati hanno anche chiesto «l’istituzione di una Commissione paritetica consultiva Regione-organizzazioni sindacali che, partendo da un’analisi dei costi, possa proporre eventualmente un nuovo Nomenclatore Tariffario regionale». La Commissione ha preso atto delle richieste dei sindacato impegnandosi a riproporre il problema all’assessore regionale della Sanità.
Il presidente Perra ha detto che la conseguenza di un passaggio da parte degli studi convenzionati all’assistenza indiretta causerebbe farebbe riversare i pazienti degli studi verso le strutture pubbliche, che già trovano in difficoltà a seguire i propri ricoverati. I danni di questa decisione sarebbero ben più alti del risparmio ricercato con il taglio delle tariffe: aumento dei tempi per le liste d’attesa, aumento della spesa pubblica a causa delle più lunghe degenze dei pazienti ricoverati. Oggi un giorno di degenza in ospedale costa alla Regione circa 1000 euro».
La sesta Commissione, ieri, ha audito anche il direttore regionale dell’assessorato della Sanità sull’assestamento di bilancio, chiedendo alcuni chiarimenti e documentazione aggiuntiva. «La Commissione ha deciso di rinviare il parere sul Dl 111 – ha spiegato Perra – in attesa di acquisire la documentazione necessaria per una esaustiva valutazione del provvedimento».