Nuova dura critica della Consulta delle associazioni del Parco Geominerario all’operato della società Igea.
«Lo scoperchiamento definitivo dei fabbricati industriali della miniera di Masua, avvenuto nei giorni scorsi ad opera della società regionale IGEA SPA, con l’asportazione perfino delle strutture metalliche di protezione degli stessi edifici industriali, ha messo in evidenza la totale scomparsa dell’enorme patrimonio di archeologia industriale presente nell’ultima grande miniera della Sardegna che ha cessato la sua attività produttiva alla fine del secolo scorso.»
La denuncia arriva dalla segreteria della Consulta delle associazioni del Parco Geominerario.
«Mentre nessun intervento di bonifica sembra essere stato realizzato in questo sito da parte della società regionale che a ciò doveva provvedere – scrive in una nota la segretaria della Consulta -, si scopre che la stessa società ha messo in atto un saccheggio di inaudita gravità ai danni di un territorio che fonda le sue speranze di futuro proprio sul recupero e la valorizzazione del suo patrimonio storico-culturale e paesaggistico-ambientale. Anche nella miniera di Masua, dunque, nonostante le nostre ripetute denunce, si è in tal modo barbaramente consumata la stessa distruzione del patrimonio industriale minerario avvenuta nella seconda metà del secolo scorso ad opera delle società minerarie private che recuperavano gli ultimi benefici economici svendendo al ferro vecchio i loro impianti prima di abbandonare le miniere della Sardegna.»
«Se la distruzione di allora si era consumata nell’indifferenza generale – si legge nella nota – perché era poco noto il valore e l’utilità dell’archeologia industriale, è incredibile che tutto ciò sia potuto accadere nei giorni nostri ad opera di una società pubblica dopo che il Parlamento, il Governo nazionale e la Regione Sarda avevano accolto le raccomandazioni dell’UNESCO e le istanze degli enti locali e di un grande movimento popolare con la costituzione del Consorzio del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna che avrebbe dovuto provvedere alla tutela e alla valorizzazione a fini produttivi proprio di questo immenso patrimonio. Al riguardo si chiede alle Istituzioni e alle Autorità che hanno dovere e facoltà per farlo, di verificare quale sia stato in questi ultimi anni il ruolo del Consorzio del Parco che, per bocca dei suoi più alti dirigenti, vantava il mantenimento di un ottimo rapporto di collaborazione con l’IGEA SPA fino a condividerne il personale interinale e a destinare alla stessa IGEA ingenti finanziamenti che nulla hanno prodotto per il conseguimento delle finalità del Parco e neanche a beneficio dei dipendenti della stessa IGEA. In considerazione del fatto che l’IGEA SPA, pur nello stato di liquidazione e di degrado gestionale in cui si trova da tanto tempo, ha messo in atto tali interventi distruttivi in qualità di titolare del patrimonio immobiliare, oltre che delle concessioni minerarie che persistono nella loro inaudita vigenza nonostante l’attività estrattiva sia cessata quasi 20 anni fa, si chiede di valutare la possibilità di sottrarre al più presto tale patrimonio dal controllo della stessa IGEA che mantiene come in ostaggio e senza alcun beneficio per la collettività i siti più significativi del patrimonio minerario sui quali si deve fondare la rinascita economica e sociale del territorio.»
«Nel comunicare formale informativa su quanto accaduto nella miniera di Masua, la Consulta delle Associazioni del Parco Geominerario – conclude la nota – chiede un tempestivo intervento dei rappresentanti istituzionali in indirizzo affinché, ognuno nell’adempimento delle proprie competenze e responsabilità, possa concorrere a mettere in atto gli interventi necessari per impedire ulteriori danni al patrimonio industriale ancora presente nella miniera di Masua e negli altri siti minerari gestiti dall’IGEA, verificando nel contempo quali procedure siano state seguite dalla stessa società regionale per l’alienazione di tale patrimonio, anche al fine di rimediare ai danni causati alla collettività dalla sottrazione dello stesso patrimonio.»