27 November, 2024
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Consiglio comunale Carbonia 17 copia

Il gruppo UDC in Consiglio comunale a Carbonia, formato da Vincenzo Panio, Antonello Mereu, Francesco Fele, Michele Stivaletta ed Antonio Carta, ha presentato una mozione sulla gestione della ASL 7 con richiesta di revoca dell’attuale dirigenza.

«In questi ultimi giorni – si legge nella mozione – è tornato alla ribalta il tema della Sanità nel Sulcis Iglesiente con riferimento espresso alle assai scadenti perfomance dell’Azienda Sanitaria Locale n. 7 e delle tanto discutibili strategie poste in atto dal sua dirigenza, con la conseguenza che l’assistenza erogata risulta gravemente ridotta a livelli del tutto inadeguati rispetto ai bisogni reali del territorio.

Anche negli anni scorsi, a cadenze più o meno regolari, tale tema è stato più volte sollevato e posto anche all’attenzione di questo Consiglio Comunale che, dopo averlo ripetutamente esaminato, non ha saputo andare oltre generiche prese di pozione, peraltro spesso dopo aspri scontri tra le parti politiche in campo ove ha trovato profonda eco la difesa sia delle scelte adottate sia quella dell’azione delle lobby professionali e di potere che tali scelte hanno imposto e fatto attuare.

Nel frattempo, i problemi della quantità e, soprattutto, della qualità della salute garantita nel territorio, non solo non si sono risolti ma, con voluta e sistematica gradualità, sono andati a raggiungere livelli di vero allarme che, con crescente frequenza, si traducono in situazioni di vera e propria “sanità negata”!

E’ il risultato di una politica generale regionale già di per sé miope e caratterizzata sempre di più, soprattutto negli ultimi anni, da scelte settoriali non solo incapaci di interpretare le istanze dei territori ma, come nel caso della sanità, fortemente influenzate da pesanti interessi privatistici che finiscono per prevalere, a qualunque costo, su quelli generali.

Infatti, non è un caso che, almeno negli ultimi cinque anni, i “pezzi da novanta” della politica regionale in materia di salute – al di là di coloro che nominalmente hanno occupato formalmente le istituzioni delegate al settore – si siano identificati con esponenti di organizzazioni non sempre molto cristalline ma anche con soggetti che, contemporaneamente, hanno agito in base alla sedia nella quale poggiavano di volta in volta il proprio “fondo schiena”: da un lato  programmatori dell’intervento pubblico, dall’altro esponenti ufficiali e/o occulti di enti e organismi di rappresentanza  della sanità privata, cliniche e baronie varie!

Infatti, come è noto, nel frattempo è cresciuto a dismisura il business dell’area sanitasria privata e, in proporzione, sono state ridotte le risorse all’area pubblica mentre il livello complessivo di  qualità dell’assistenza sanitaria, tranne qualche rarissimo esempio, è andato via via scadendo a livelli mai conosciuti.

La prospettiva, del resto, non lascia intravedere mutamenti di rotta. Anzi, la stessa idea più volte affacciata di potenziare i due grandi poli sanitari accentrati su Cagliari e Sassari, al fine – si sostiene – di elevare al massimo l’eccellenza, se non accompagnata da un’organica riprogettazione della sanità locale in tutti i territori  e la conseguente riorganizzazione e potenziamento dell’assistenza di base, finirà in un  ulteriore impoverimento delle “periferie” ove risulterà ancora più accentuato l’attuale già grave divario tra l’offerta in campo  e i reali bisogni di salute espressi e, dunque, non sarà garantito al cittadino il diritto a quella completa continuità assistenziale che è e deve rimanere il pilastro portante della sanità pubblica per tutti. 

Gioco forza, ne deriverà un ampio spazio di insoddisfazione che sarà colmato (guarda caso!) da una crescita  – voluta! – delle strutture private, attingendo così ingenti risorse dalle casse pubbliche senza assicurare un adeguato standard di sanità locale nella prevenzione e nella cura pre-ospedaliera. Tanto meno in quella ospedaliera, le cui strutture, come nel caso del Sulcis-Iglesiente, stanno subendo, e ancora  di più sarà in futuro, un pericoloso e dannoso depauperamento dei servizi, delle professionalità  e delle prestazioni.

Quanto sopra, specialmente nel nostro territorio, spesso avviene nel dispregio totale della stessa legge che impone un costante procedimento di consultazione da parte del vertice dell’azienda sanitaria con le istanze democratiche che rappresentano i cittadini: i Comuni. Infatti, le cosiddette “conferenze socio-sanitarie”, organismo di rappresentanza territoriale, spesso vengono ignorate e si procede con decisioni assunte in solitudine a pericolosi ridimensionamenti al ribasso  dei servizi, millantandole come “processi di razionalizzazione ed efficienza” rivolti ad un impiego più produttivo delle risorse, salvo poi verificare che ciò, quasi sempre, si traduce in tagli indiscriminati delle prestazioni sanitarie e che, al contrario, cresce il volume di risorse da destinare a un ristretto numero di privilegiati dirigenti della ASL in premi di risultato o altre prebende. Cioè, l’imperativo è tagliare i costi comunque,  anche se ciò riduce l’assistenza, non eliminare le improduttività.

In questo quadro, a Carbonia – ma attendibili notizie ci dicono che ad Iglesias la musica non cambia (basta vedere la recente mozione di censura approvata da quel Consiglio Comunale contro la dirigenza della ASL, accusata di gravi inadempienze) – da almeno quindici anni, con marcate accentuazioni negli ultimi cinque anni, si registra un sostanziale smantellamento dei servizi sanitari che, per esempio, nell’ospedale di Carbonia, determina una riduzione dei posti letto dai 384 dell’anno 2000 agli attuali poco più di 130, facendo registrare un taglio netto di circa 250 posti letto; ciò sebbene siano stati aperti nuovi servizi che, peraltro, alla prova dei fatti, si sono talvolta rivelati incapaci di funzionare.

Gli organici dell’intera ASL n. 7, per effetto dei tagli su tutti i servizi e delle cosiddette esternalizzazioni hanno fatto registrare un costante decremento che, dall’anno 2000 circa ad oggi, ha comportato una riduzione dell’occupazione da circa 2.350  unità  a  circa 1.850 del  2008 e a circa 1.300 unità del 2014, facendo mancare al territorio un’occupazione di ben un migliaio di posti di lavoro in totale, compensati molto parzialmente dagli occupati assorbiti dalle accennate esternalizzazioni, come lavaggio biancheria, catering,  ecc.; peraltro gran parte di questa occupazione è  andata a ricadere in altri territori. 

Per non parlare della fuga indotta di sanitari che, diventati termine di confronto scomodo, sono stati “costretti” ad andar via dal territorio, come nel caso di colui che unanimemente viene considerato il più autorevole chirurgo ginecologico in Sardegna.

Soprattutto negli ultimi anni è stata operata una drastica riduzione degli acquisti di attrezzature, dispositivi e presidi medici chirurgici, oltre che dei farmaci, non sulla base di un accertato e comprovato precedente eccesso di forniture ma semplicemente perché  l’obiettivo da raggiungere è comunque la riduzione della spesa, anche se ciò comporta di sovente il blocco di talune attività mediche o, quanto meno, la loro considerevole contrazione, come talvolta è avvenuto per la stessa attività chirurgia, spesso bloccata, anche parte di quella già programmata, per carenza di personale d’ausilio al chirurgo (vedasi anestesisti). I risparmi, a carico della qualità della prestazione, almeno una parte, sono destinati agli incentivi a taluni capiservizio.

Cresce in tal modo a dismisura il costo di quel calvario dei pazienti che viene definito come “mobilità passiva”. Infatti, la mancanza di risposte delle indebolite strutture  del territorio, ovvero le modeste quantità e qualità di risposta offerte ai pazienti, induce questi a spostarsi in altri territori, area di Cagliari in testa, per visite e prestazioni sanitarie – talvolta anche elementari – che qui non vengono garantite ovvero si possono avere dopo mesi di attesa. Ne consegue un costo per la collettività di circa 22 milioni di euro l’anno, frutto in larga misura del depotenziamento e dei tagli irrazionali dei servizi. Parte di quei denari, guarda caso, finisce nelle casse della sanità privata e crea occupazione altrove, mentre noi la perdiamo.

Il Pronto Soccorso: purtroppo è un esempio abbastanza noto a migliaia di cittadini, costretti, quando vi ricorrono, a interminabili code che fanno registrare, rispetto a dieci anni fa,  tempi di attesa quanto meno quintuplicati.

L’elenco del fallimento dell’attuale gestione della ASL sul versante di Carbonia, ma, si ripete, ad Iglesias non cambia molto, potrebbe continuare tanto da poter dimostrare che  questa malasanità riguarda tutti i comparti: ridimensionamento – forse  sarebbe meglio parlare di sostanziale chiusura – del reparto Pediatria, compreso il depotenziamento della chirurgia pediatrica ad Iglesias; le chiusure estive di taluni reparti assumendo a pretesto le ferie dei medici; il taglio dei fondi per le procedure di accertamento delle invalidità; la costante crescita dei tempi di attesa per visite specialistiche. E l’elenco potrebbe continuare!

Questa non è la sanità che vogliamo!

Tutto questo è l’effetto del tradimento del ruolo dell’azienda sanitaria locale, così come il suo impianto istitutivo  è definito  nella legislazione: programmazione e gestione delle risorse in maniera appropriata rispetto alla domanda socio-sanitaria del paziente-cittadino il cui soddisfacimento deve essere l’unico obiettivo, basando le strategie operative sul costante controllo e adeguamento delle attività che devono restare perfettamente coerenti allo stesso obiettivo rispetto al quale deve essere perseguito l’equilibrio economico-finanziario di bilancio.

Non i tagli indiscriminati ma, se tagli ci devono essere, essi devono verificarsi secondo un concetto di economicità dell’azienda sanitaria che deve, per l’alto valore e utilità sociale che interpreta, soddisfare non prioritariamente ma esclusivamente i propri fini istituzionali. Quindi, poco ha a che fare con un concetto di economicità che invece  prevale a Carbonia, eminentemente di tipo finanziario e ragionieristico così come di solito viene correlato a tale termine. Infatti, nel caso delle aziende sanitarie, l’economicità deve essere intesa come grado di capacità di produrre salute al minor costo possibile ma con la maggiore soddisfazione del cittadino-paziente. 

Ancora, è vero che anche nel caso dell’azione di un’azienda sanitaria  il concetto di economicità deve fondarsi su due imprescindibili criteri contemporanei: “il valore aggiunto” e “l’utilità”. Ma attenzione: con il primo si deve intendere che nell’utilizzo delle risorse per la produzione del bene salute è stato “aggiunto valore”, mentre con il secondo si deve intendere che il “prodotto” dell’azienda sanitaria è “utile” quando è in grado di soddisfare la domanda di salute che il territorio esprime.

Quindi, l’azienda sanitaria deve intendersi come un insieme ordinato di risorse umane, finanziarie, tecnologiche, ecc., organizzato in via esclusiva per raggiungere l’obiettivo di “salute”. Senza cadere, ovviamente, nel tecnicismo e nell’efficientismo fine a se stesso, ovvero per raggiungere i premi di risultato dei dirigenti, ricordando soprattutto che un’organizzazione sanitaria pubblica è fatta principalmente da persone  e non solo di procedure  ed è rivolta al benessere delle persone, indipendentemente, se necessario, dalle gerarchie da premiare e dai costi.

Dunque, la ASL n. 7 deve cambiare rotta e diventare la risposta alle attese insoddisfatte di un numero sempre crescente di cittadini-pazienti. Questo è possibile solo e soprattutto attraverso il responsabile e qualificato esercizio dei suoi compiti particolarmente impegnativi che derivano dal fatto, voluto dalla legge, di non avere come ultimo fine il profitto; neanche quello dei premi ai dirigenti che fanno risparmiare ad ogni costo, soprattutto a carico dei cittadini-pazienti.

Insomma, occorre che si capisca che l’unico modello culturale a cui ci si deve ispirare non è quello di un’azienda che ha come fine il profitto da perseguire mediante la produzione di beni che il cliente, più o meno convinto, compra, ma il fine molto più complesso ed alto che è la salute dei cittadini. Vanno  benissimo l’efficienza e l’efficacia raggiunte attraverso la razionalizzazione delle spese, salvo il fatto che la posta in gioco non è una generica e semplice produzione di servizi ma una sfida molto più alta, delicata ed importante: la salute! I dirigenti di un’azienda sanitaria pubblica più che manager, devono sentirsi, non esclusivamente per i soldi che portano a casa, fieri di appartenere ad un’organizzazione con finalità così importanti e nobili e, nel contempo, proprio per questo, devono strutturare la ASL come  un’organizzazione non solo al passo coi tempi, efficiente, razionalizzata nella produzione e nella spesa, ma soprattutto in grado di produrre risultati efficaci ed utili per i propri cittadini di riferimento. Questo deve essere, nella sanità pubblica, il concetto di “economicamente vantaggioso”. Ogni altra ipotesi deve essere respinta!

Non si può tuttavia non rilevare che i deprecabili fatti accaduti nella ASL n. 7, se da un lato appartengono alla responsabilità soggettiva di quella dirigenza, dall’altro, sul terreno squisitamente politico, i Comuni del territorio, compreso il nostro, che avrebbero dovuto costantemente vigilare e pretendere il puntuale e coerente assolvimento dei compiti affidati alla suddetta dirigenza, sono quanto meno oggettivamente e politicamente responsabili per non aver attivato gli strumenti politici e giuridici di controllo sui fatti sopra esposti e che, di volta in volta, imponevano una adeguata presa di posizione atta ad impedire, anche attraverso la chiamata in causa della Regione, lo smantellamento di settori significativi dei servizi sanitari.

Né possono bastare, al fine di far cessare la fallimentare gestione della ASL, le sole conclusioni cui è pervenuta la conferenza dei Sindaci del territorio svoltasi il 17 c.m. che, come riferiscono gli organi si informazione, si è limitata semplicemente a contestare l’unilateralità degli atti della dirigenza  di tale azienda e a domandare incontri regionali al fine di ottenere il semplice ripristino della concertazione.

Ciò non basta; occorre far cessare il disastro in atto e ricondurre la ASL alla sua funzione originaria attraverso una nuova dirigenza che  risponda alla legge, alla Regione e, soprattutto, ai Comuni del territorio in ordine al puntuale raggiungimento degli scopi istituzionali aziendali.»

La mozione si conclude sottolineando che «l’attuale dirigenza della ASL, per la volontà finora messa in campo, ha dimostrato di  non essere pienamente in grado di condurne la gestione coerentemente sia con gli obiettivi sia nel rispetto della legge, non ultimo l’obbligo della costante consultazione» e propone al Consiglio comunale di esprimere «la totale non condivisione dei metodi gestionali attuati dall’attuale dirigenza della ASL n. 7 e chiede urgenti interventi da parte del Presidente della Regione e dell’Assessore regionale competente affinché, unitamente al puntuale rispetto delle norme in materia di consultazione dei Comuni dell’area, si proceda alla revoca dell’attuale vertice aziendale e alla nomina di una nuova dirigenza rispettosa dei compiti ad essa affidati e disponibile al dialogo con il territorio quale unico mezzo per interpretarne pienamente le aspettative e la domanda di sanità che lo stesso territorio esprime.»

 

 

 

 

Luca Pizzuto copiaLuca Pizzuto 2 copiaLuca Pizzuto e Francesco Pigliaru copia

Nel nuovo Consiglio regionale insediatosi questa mattina nell’Aula di Via Roma, ci sono tante piccole grandi storie da raccontare. Una di questa è quella di Luca Pizzuto, 30 anni, in 4 anni dalla candidatura con elezione al Consiglio provinciale (283 preferenze con l’11,67% nel collegio di Carbonia 2), alla nomina ad assessore delle Politiche sociali nella Giunta guidata da Tore Cherchi; alla più recente elezione alla segreteria regionale di Sinistra Ecologia Libertà e quindi alla candidatura con elezione in Consiglio regionale, con 1.709 preferenze.

Stamane Luca Pizzuto era visibilmente emozionato tra i banchi dell’Aula di Via Roma. La giovane età (è più giovane di lui solo il compagno di partito Eugenio Lai, 28 anni) lo ha portato a ricoprire l’incarico di segretario d’Aula ma tra una pausa e l’altra ha salutato tutti: il presidente Pigliaru, gli assessori, i consiglieri di maggioranza e quelli di opposizione. Sa bene che il compito che lo attende non sarà facile, ma come ha bruciato la tappa della carriera politica nei primi quattro anni, molto probabilmente riuscirà a farlo anche in Consiglio regionale, rispettando lo spirito che lo ha accompagnato fin qui, sia in politica sia nel sociale, campo che lo vede impegnato anche nel lavoro quotidiano.

La seduta d’insediamento del nuovo Consiglio regionale era iniziata sotto la presidenza del consigliere anziano, Mario Floris, classe 1937, all’ottava legislatura regionale. A svolgere le funzioni di segretario sono stati chiamati i quattro consiglieri più giovani, tre di Sel: Eugenio Lai (28 anni), Luca Pizzuto (30) e Francesco Agus (31); uno del PD, Giuseppe Meloni (34). Costituito l’Ufficio di presidenza provvisorio, i consiglieri eletti, il presidente della Regione e gli assessori regionali hanno giurato fedeltà ai principi della Costituzione e dello Statuto Speciale della Sardegna.

Subito dopo il giuramento l’on Mario Floris ha tenuto un breve discorso in aula, ricordando le emergenze dell’isola sul fronte della disoccupazione e le difficoltà delle famiglie. «Servono risposte tempestive dalle istituzioni per contrastare la crisi – ha detto l’on. Floris -. C’è bisogno di leggi semplici, provvedimenti veloci per affrontare le sfide dell’oggi e interpretare con orgoglio le prerogative della massima Assemblea della Sardegna». Floris ha ricordato nel suo discorso Anselmo Contu, primo presidente del Consiglio Regionale, esponente di spicco del Partito Sardo d’Azione, che incarnava al meglio i valori dell’autonomismo e del sardismo nazionalitario. «Valori da recuperare – ha aggiunto Floris -. Solo così si potrà contrastare il neocentralismo rappresentato dal premier Matteo Renzi che nei giorni scorsi ha auspicato una riforma del Titolo V della Costituzioni limitando i poteri delle Regioni. Occorre evitare che venga calpestato lo Statuto Sardo e l’Autonomia della Sardegna. Sarebbe un rischio altissimo per la Regione Sarda – ha aggiunto l’on. Floris che ha rivolto un appello al presidente della Giunta Francesco Pigliaru perché venga contrastato ogni tentativo di limitare le prerogative della Sardegna -. La nostra è una nazione incompiuta con un popolo, una lingua, una storia e una cultura alla quale occorre dare maggiori spazi di sovranità per garantirne il progresso economico e sociale.»

L’assemblea ha poi iniziato le operazioni di votazione per l’elezione del presidente. Questi i risultati della prima votazione: 60 votanti: 60; bianche: 51; nulle: 4. Hanno ottenuto voti Gianfranco Ganau (1), Piero Comandini (1), Gavino Sale (1), Pietro Pittalis (1), Edoardo Tocco (1). Alle 11.27 si è aperta la seconda votazione. Presenti: 60; votanti: 60; bianche: 47; nulle: 3. Hanno ottenuto voti: Giorgio Oppi (2), Piero Comandini (2), Roberto Cozzolino (1), Daniele Cocco (1), Roberto Deriu (1), Antonello Peru (1), Alberto Randazzo (1), Alessandra Zedda (1). Come previsto, anche nella seconda votazione non sono stati raggiunti i voti necessari per l’elezione del Presidente. L’Ufficio di Presidenza provvisorio ha quindi disposto una nuova chiamata. Dalla terza votazione in poi per l’elezione del Presidente del Consiglio è sufficiente la maggioranza assoluta dei votanti e si è giunti all’elezione di Gianfranco Ganau, con 34 voti, contro i 23 di Pietro Pittalis e 3 schede nulle.

Consiglio regionale 7 copia

Gianfranco Ganau 1 copia

Gianfranco Ganau è il nuovo presidente del Consiglio regionale della Sardegna. E’ stato eletto questa mattina, alla terza votazione, con 34 voti, sui 36 a disposizione della maggioranza di centrosinistra. L’opposizione ha votato per il nuovo capogruppo di Forza Italia (nomina ancora da ufficializzare) Pietro Pittalis, che ha ottenuto 23 voti, sui 24 a disposizione della coalizione di centrodestra. Tre sono risultate le schede nulle.

Gianfranco Ganau è nato a Sassari il 3 marzo 1955, è sposato ed ha una figlia. Per dieci anni è stato sindaco della sua città, eletto per la prima volta nel 2005 e riconfermato nel 2010 con il 65,9% dei voti. Candidato alle elezioni primarie del Partito Democratico, era stato battuto da Francesca Barracciu che aveva ottenuto il 44,29% contro il suo 32,61%. Alle ultime elezioni regionali, candidato alla carica di consigliere nella circoscrizione elettorale di Sassari, è stato in assoluto il candidato più votato della Sardegna con oltre 10.000 preferenze. Medico cardiologo, è il responsabile del Servizio 118 delle province di Sassari, Nuoro, Gallura e Ogliastra. Dal 1995 al 2000 è stato consigliere comunale di Sassari. Nel 2002 è stato nominato consigliere di amministrazione della Fondazione Banco di Sardegna. Nel 2012 è stato eletto all’unanimità presidente del CAL, il Consiglio delle Autonomie Locali della Sardegna. Dal 1983 al 1990 è stato presidente dell’Arci provinciale e membro del direttivo regionale dell’UISP (Unione Italiana Sport per Tutti). Nel 2009 è stato nominato dall’Unicef “Difensore ideale dell’Infanzia” in occasione del 20° Anniversario della Convenzione internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza. E’ alla sua prima legislatura in Consiglio regionale.

«Ci aspetta un compito gravoso ma sono sicuro che tutti insieme riusciremo a dare ai sardi le risposte che questo difficile momento richiede – ha detto subito dopo la proclamazione alla presidenza del Consiglio regionale -. Spero di creare le migliori condizioni di lavoro per permettere all’Aula di venire incontro alle attese della società sarda.»

Dopo i saluti di rito, il neo presidente dell’Assemblea ha sciolto la seduta e convocato il Consiglio per il prossimo 27 marzo alle ore 10.30. All’ordine del giorno l’elezione dell’Ufficio di presidenza.

Subito dopo la chiusura della seduta, negli uffici della presidenza del Consiglio, il neo presidente dell’Assemblea sarda, Gianfranco Ganau, ha incontrato la presidente uscente, Claudia Lombardo, per i saluti di rito e il classico passaggio di consegne. L’on. Lombardo ha rivolto al suo successore e al presidente della Regione, Francesco Pigliaru, i migliori auguri di buon lavoro.

«C’è bisogno della collaborazione di tutti – ha detto Claudia Lombardo – per restituire speranza alla Sardegna. Basta con le divisioni tra vincitori e vinti. Le ultime vicende nazionali – ha aggiunto riferendosi alla decisione del Parlamento di bocciare l’istituzione del collegio unico della Sardegna per le elezioni europee -, dimostrano che c’è bisogno dell’unità di tutte le forze politiche per difendere i diritti dei sardi.»

Riguardo alla svolta politica determinata dalle ultime elezioni regionali, Claudia Lombardo si è detta molto fiduciosa per un reale miglioramento delle condizioni socio-economiche della Sardegna. «C’è un cambiamento in atto – ha detto la presidente uscente – adesso è necessario tradurre le indicazioni dell’elettorato in azioni di Governo efficaci.»

«Auspico un confronto più sereno e produttivo tra Consiglio e Giunta regionale rispetto a quanto accadeva negli anni passati. Sono sicuro, dopo averne parlato con il presidente della Regione Francesco Pigliaru, che già dai prossimi mesi sarà inaugurata una nuova stagione istituzionale.» Sono le prime parole pronunciate dal neo presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, subito dopo il passaggio di consegne con la presidente uscente, Claudia Lombardo. Rispondendo alla domanda di un giornalista, Ganau si è soffermato anche sul difficile rapporto Regione-Enti Locali. «Da Presidente del CAL (Consiglio delle autonomie locali) – ha detto – ho sempre sottolineato la necessità di colmare le distanze tra Regione, Comuni e Province. Da questo punto di vista mi conforta la presenza di tanti amministratori locali tra i banchi del nuovo Consiglio regionale. Con il loro contributo si riuscirà a costruire un nuovo rapporto di collaborazione che consenta di raggiungere obiettivi comuni». Archiviata l’elezione del presidente, il Consiglio regionale si dà appuntamento al prossimo 27 marzo per la designazione nel nuovo Ufficio di presidenza. L’Aula eleggerà in prima battuta due vice presidenti, tre questori e un segretario che insieme al Presidente dell’Assemblea faranno parte dell’organismo consiliare deputato a formulare gli indirizzi per la gestione amministrativa del Consiglio. Sarà però necessario procedere all’elezione di altri segretari. L’articolo 4 del regolamento stabilisce, infatti, che tutti i gruppi consiliari devono essere rappresentati nell’Ufficio di Presidenza. La votazione avverrà a scrutinio segreto. Ogni consigliere regionale avrà a disposizione una scheda nella quale indicherà un solo nome per la carica di Vice Presidente, due per quella di questore, uno per il segretario. Il presidente del Consiglio, una volta espletate le operazioni di voto, dovrà informare della sua elezione e della costituzione dell’Ufficio di presidenza, il presidente della Repubblica, i presidenti dei due rami del Parlamento, il presidente del Consiglio dei ministri ed il rappresentante del Governo presso la Regione Sardegna. L’Ufficio di presidenza sovrintende alla gestione e al buon andamento dell’Amministrazione del Consiglio. Su proposta dei Questori approva il bilancio, le eventuali variazioni e il conto consuntivo di entrate e spese. Dal parere dell’Ufficio dipendono, inoltre, gli impegni di spesa straordinari o che incidano su più esercizi finanziari. Tra i suoi compiti anche la definizione delle norme sull’ordinamento degli uffici e sul personale dipendente del Consiglio regionale. La carica di componente l’Ufficio di presidenza è incompatibile con quelle di presidente di gruppo e presidente di commissione.

Prima della prossima riunione del Consiglio regionale, fissata per il 27 marzo, sarà definita la composizione dei gruppi consiliari. I consiglieri regionali hanno infatti tre giorni di tempo per dichiarare formalmente a quale gruppo politico intendano appartenere. Ciascun Gruppo consiliare, come stabilisce l’art. 20 del regolamento, deve essere composto da almeno quattro consiglieri (erano cinque fino alla scorsa legislatura). Il presidente del Consiglio può però autorizzare la costituzione di gruppi formati da almeno tre consiglieri purché rappresentino partiti organizzati nel territorio che abbiano presentato, con il medesimo simbolo, candidati in tutte le circoscrizioni provinciali. Entro cinque giorni, il nuovo presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, convocherà simultaneamente i 60 consiglieri regionali in base alle adesioni manifestate. Ciascun gruppo eleggerà nella prima riunione il proprio presidente, due vice presidenti e un segretario. I gruppi con meno di quattro componenti indicheranno solo il presidente e il consigliere incaricato di sostituirlo in caso di impedimento.

Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

Si insedia alle 10 e 30 il nuovo Consiglio regionale. All’ordine del giorno della prima seduta della XV legislatura la costituzione dell’Ufficio di presidenza provvisorio, il giuramento dei consiglieri regionali e degli assessori e l’elezione del presidente del Consiglio.

Quello che si insedierà questa mattina è un Consiglio regionale più “giovane” rispetto ai precedenti. L’età media è di circa 50 anni.

Eugenio Lai, eletto nelle liste di Sel, con i suoi 28 anni di età (ne compirà 29 il prossimo 19 maggio) è il consigliere più giovane della XV legislatura.

Mario Floris (UDS), classe 1937, è invece il decano dell’Assemblea Sarda. Sarà lui a presiedere questa mattina la prima seduta del nuovo Consiglio regionale.

I quattro consiglieri più giovani saranno invece chiamati a svolgere le funzioni di segretario. Insieme a Eugenio Lai ci saranno i colleghi di SEL Luca Pizzuto (30) e Francesco Agus (31), e l’esponente del PD Giuseppe Meloni (34).

Costituito l’Ufficio di Presidenza provvisorio, il Consiglio procederà immediatamente e senza discussione all’elezione del Presidente.

Nella prima votazione, a scrutinio segreto, è necessaria la maggioranza dei due terzi dei componenti l’Assemblea. Se nessuno dei consiglieri otterrà i voti necessari, si procederà, entro tre giorni, a una nuova votazione nella quale è richiesta la maggioranza dei due terzi dei votanti computando tra i voti anche le schede bianche. Dal terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei componenti.

Il presidente eletto durerà in carica per l’intera legislatura.

Medici, avvocati, ingegneri, dirigenti della pubblica amministrazione, manager, imprenditori, insegnanti, commercialisti. Nel nuovo Consiglio Regionale sono rappresentate quasi tutte le categorie professionali.

La percentuale dei laureati è del 56,66%, 34 consiglieri su 60. I diplomati sono invece 26 (36,33%).

Tra i banchi dell’Assemblea Sarda siedono 6 medici: Augusto Cherchi (Partito dei Sardi), Roberto Cozzolino (Pd), Gianfranco Ganau (PD), Gigi Ruggeri (PD), Emilio Usula (Rossomori), Paolo Zedda (Rossomori).

Corposa anche la rappresentanza degli avvocati: Efisio Arbau (La Base), Annamaria Busia (Centro Democratico), Ignazio Locci (Forza Italia), Giuseppe Meloni (Pd), Pietro Pittalis (Forza Italia) e Marco Tedde (Forza Italia).

Tre gli insegnanti: Eugenio Lai (SEL), Luigi Lotto(PD) e Rossella Pinna(PD). In Consiglio non mancano i commercialisti (il presidente della Regione uscente Ugo Cappellacci) e i dirigenti d’azienda( Stefano Tunis-Forza Italia e Michele Azara-IDV).

Tra le professioni più gettonate anche quella degli impiegati. Ben 19 i consiglieri che lavorano alle dipendenze di aziende pubbliche e private. Nove, invece, gli imprenditori eletti.

Non mancano i giornalisti (Roberto Deriu e Mario Tendas, entrambi del PD, sono iscritti all’albo dei pubblicisti), gli ingegneri (Salvatore Demontis del PD) gli odontotecnici (Fabrizio Anedda – Sinistra Sarda), gli educatori (Luca Pizzuto di Sel) e i poliziotti(Alessandro Unali – Sinistra Sarda).

Due, infine, i pensionati: Mario Floris (recordman delle legislature in Consiglio con otto mandati al suo attivo) e Giorgio Oppi leader dell’UDC in Sardegna, eletto per la prima volta nell’Assemblea sarda nel 1979.

Andrea Biancareddu

Alla vigilia dell’apertura XV legislatura del Consiglio regionale della Sardegna, sono ancora forti le polemiche per gli effetti prodotti dalla legge statutaria e, in particolare, per la penalizzazione subita da tre circoscrizioni provinciali che hanno perso seggi rispetto alla ripartizione prevista sulla base della distribuzione territoriale. La legge statutaria regionale approvata in via definitiva il 12 novembre 2013, all’art. 3, comma 3, prevede che «il numero dei seggi spettanti a ciascuna circoscrizione è calcolato dividendo la cifra della popolazione residente nella Regione, quale risulta dai dati ISTAT al 31 dicembre del penultimo anno precedente la data di convocazione dei comizi elettorali, per il numero dei seggi del Consiglio meno uno ed assegnando ad ogni circoscrizione tanti seggi quante volte il quoziente è contenuto nella cifra della popolazione residente nella circoscrizione» e su questa base, la ripartizione dei seggi avrebbe assicurato 20 seggi alla circoscrizione elettorale provinciale di Cagliari, 12 a quella di Sassari, 6 a quelle di Oristano e Nuoro, 5 a quella di Olbia Tempio, 4 a quelle di Carbonia Iglesias e Medio Campidano e, infine, 2 a quella dell’Ogliastra. Ma i successivi articoli della stessa legge statutaria che definiscono la ripartizione dei seggi sulla base dei resti su base regionale, hanno stravolto questa previsione, portando la circoscrizione di Olbia Tempio a perdere addirittura 3 dei 5 seggi, e le circoscrizioni del Medio Campidano e dell’Ogliastra a perderne uno a testa (il Medio Campidano è passato da 4 a 3, l’Ogliastra da 2 a 1).

In Gallura la perdita di 3 dei 5 seggi ha portato con sé anche un’altra distorsione clamorosa, la mancata elezione dell’ex assessore alla Difesa dell’Ambiente, Andrea Mario Biancareddu, che pur ottenendo ben 4.045 preferenze personali nella lista dell’UDC, non è stato eletto perché il partito ha perso il seggio nell’incredibile calcolo dei resti!
In Ogliastra, il consigliere uscente di Forza Italia Angelo Ivano Stochino, ha ottenuto 4.759 preferenze, su 29.727 votanti, ma anche lui non è stato eletto!

Scatta domani la ventesima edizione del festival Echi lontaniMusiche d’epoca in luoghi storici, patrocinata dagli assessorati regionali, provinciali e comunali alla Cultura e al Turismo.

Il festival 2014 si apre con la Giornata Europea della Musica Antica. L’European Day of Early Music è patrocinato dall’Unesco in cooperazione con l’Ebu (European Broadcasting Union). Echi lontani ha organizzato la Giornata con vari momenti (tavola rotonda, conferenza storica, concerto-buffet).

Echi lontani abbina i suoi concerti a una ricorrenza indelebile per i cagliaritani: la diciottesima edizione di sonate dedicate al martire-guerriero Sant’Efisio.

Da Bach a Händel passando per Rameau, Scarlatti, Dowland, e Vivaldi. Echi lontani porta in città (Palazzo Regio, San Francesco, Santa Maria del Monte, San Sepolcro, Santa Croce e Biblioteca universitaria tra le location) artisti di rilievo mondiale. Tra questi, Marco Vitale e Contrasto Armonico,Massimo Marchese, Ugo Nastrucci, Alberto Rasi, Attilio Motzo, le Graces & Voices e gli americani (Grammi Awards nomination) di El Mundo.

Il Progetto SCHOLA – Piattaforma per Scuole Europee di Musica Antica. La terza edizione del progetto punta a far esibire annualmente una rappresentanza di alcuni degli oltre 80 dipartimenti di Musica antica europei ed extra europei.

 

Ieri 18 marzo, a Cagliari, presso la sede dell’Ente Foreste della Sardegna si è tenuto l’incontro fra il presidente dell’Ente, dott. Delfo Poddighe, ed il presidente del comitato regionale della federazione ciclistica, Salvatore Meloni, nel quale si è discusso del regolamento emanato dall’Ente Foreste, in merito al rilascio del nulla-osta per lo svolgimento delle gare fuoristrada.

Il confronto si è sviluppato nel merito degli aspetti burocratici ed amministrativi contenuti nel regolamento che, di fatto, ostacolano lo svolgimento delle manifestazioni ciclistiche sulle aree territoriali di competenza dell’Ente regionale.

«Il presidente dell’Ente – si legge in una nota del comitato regionale della federazione ciclistica – ha mostrato ampia disponibilità a rivedere il regolamento nelle parti che necessitano di significative modifiche in senso meno burocratico ed oneroso per le Società organizzatrici. A tal fine, è stato programmato un ulteriore tavolo tecnico fra i funzionari amministrativi dell’Ente ed il nostro comitato regionale.»

«E’ una vergogna, uno schiaffo ai sardi e alle imprese colpite dall’alluvione. Trattati come cittadini e imprenditori di serie B. Dobbiamo intervenire subito perché la prossima settimana potrebbe essere tardi.»

Così il presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, Luca Murgianu, commenta la bocciatura di due emendamenti, causa “mancanza di copertura finanziaria“, che avrebbero prorogato il pagamento, al 30 giugno prossimo, dei tributi per imprese e cittadini nei 80 comuni della Sardegna colpiti dall’alluvione del 18 e 19 novembre scorsi.

«Sono passati 4 mesi dall’alluvione – attacca Murgianu – ma non si è visto nulla solo provvedimenti vaghi, di rinvio, vuoti e inefficaci da parte dei Governi che si sono succeduti

«Su 630 milioni di euro di danni accertati – continua il presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – l’Esecutivo Letta ne promise 90 insieme ad un provvedimento per la copertura dei tributi che quasi nessuno ha utilizzato, perché avvolto dalla non chiarezza delle scadenze, dei soggetti coinvolti e fondamentalmente limitato ad un solo mese di versamenti

«In Sardegna sottolinea – non si e’ visto altro se non la solidarietà dei singoli e delle comunità, delle Associazioni di Imprese, degli Enti Bilaterali e da qualche intervento della Regione. Constatiamo, dunque, non esserci volontà politica. Evidentemente siamo cittadini e imprenditori di serie B

Il presidente Murgianu ha subito convocato la Giunta Esecutiva di Confartigianato Sardegna per prendere le urgenti, dovute e necessarie iniziative.