Dal 27 al 31 luglio scambio di esperienze tra 13 giovani italiani e 13 polacchi con diabete con il progetto “Gioventù in Azione”.
Nella settimana 27 al 31 luglio, i giovani con diabete di età compresa tra i 18 e i 21 anni, 13 italiani (di cui 4 sardi) e 13 polacchi, avranno la possibilità di condividere le loro esperienze attraverso il dialogo, lo scambio e la formazione verso l’accettazione psicologica della malattia. Il progetto, denominato “Gioventù in Azione” è nato per volontà dell’Associazione per il Diabete Infantile Giovanile ADIG Sarda e l’Associazione Polskie Stowarzyszenie Diabetykow Kolo w Złotoryi si terra a Złotoryja, Bassa Slesia. I ragazzi di ciascun gruppo saranno accompagnati da uno staff che comprende due tutor, un animatore, un medico e un infermiere: nel corso dell’incontro i partecipanti saranno chiamati a condividere situazioni di difficoltà ed indicheranno metodi e risorse frutto della loro esperienza per migliorare il mondo della scuola, del lavoro, della sanità e del tempo libero.
«Il dialogo tra ragazzi con lo stesso disagio, ma provenienti da culture diverse – sottolinea Antonio Cabras, presidente dell’Associazione per il Diabete Infantile Giovanile Adig Sarda – è per noi un elemento di fondamentale importanza non soltanto per consentire una gestione autonoma del disagio, mantenendo una normale qualità di vita, ma anche per fare sì che questi giovani diventino essi stessi lo strumento per diffondere presso le loro famiglie e la società esterna un’adeguata cultura di quello che rappresenta oggi il diabete giovanile in Europa.»
In quest’ottica, durante il campo, i ragazzi oltre a svolgere attività fisiche ed educative, dovranno anche sviluppare progetti di comunicazione con l’obiettivo di abbattere i problemi quotidiani legati alla loro patologia, spesso frutto di equivoci e pregiudizi.
«L’obiettivo finale – conclude Cabras – è quello di aiutare i giovani ad uscire da un isolamento psicologico che spesso li accompagna nei confronti dei loro coetanei non affetti da diabete. Siamo certi che inserire questa patologia in un contesto più ampio, attraverso lo scambio e il confronto con altri Paesi europei, possa essere di grande aiuto per i nostri ragazzi.»
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