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Sarà Evan Parker, martedì sera, ad aprire il XXX Festival “Ai confini tra Sardegna e Jazz”, con un solo dedicato alla memoria di Butch Morris. Il geniale sassofonista inglese si esibirà in uno spazio non convenzionale, le note del suo sax risuoneranno, infatti, tra le pietre millenarie del nuraghe Arresi che si trasformerà in un ponte ideale fra terra e cielo per raggiungere lo spirito di Butch.
Subito dopo, il palco della Piazza del Nuraghe ospiterà uno dei concerti più attesi di questa memorabile edizione, l’ensemble Nu Grid. Il chitarrista Vernon Reid, fondatore dei Living Colour, si accompagnerà a Jean Paul Bourelly, Graham Haynes e Dj. Logic. L’ensemble offrirà un nuovo percorso di rappresentazione della musica che unisce quattro anime diverse a riprova del fatto che il jazz continua ad essere un linguaggio libero ed in costante evoluzione.
Se l’edizione dedicata, pensata intorno alla figura e alla musica di Butch Morris si può intendere come un’ellisse, ecco che nella sua orbita entrano di diritto due proposte nelle premesse distinte e lontane tra loro, almeno nella formulazione e nelle sonorità che vi saranno sviscerate. Evan Parker, nella sua splendida, lussureggiante solitudine, aprirà la serata e il festival, seguito da un quartetto di fresco conio, Nu Grid, che ha tutte le caratteristiche per stimolare le fantasie più varie, spiazzare e (sor)prendere in contropiede gli appassionati che ben conoscono i singoli elementi, ma non possono averli mai ascoltati in questa veste collegiale.
Evan Parker, 71 anni, che tornerà sul palco della piazza anche nelle tre serate successive – in contesti diversi, a confermare la versatile disposizione del suo linguaggio -, è uno dei più formidabili investigatori d’avanguardia, un taglio di luce che, lungo quasi mezzo secolo di attività, ha attraversato tutti i territori della ricerca e della sperimentazione: ambiti che il musicista inglese ha vissuto come il suo pane quotidiano, intrecciando virtuose collaborazioni ad ampio raggio, con le personalità migliori della scena internazionale, per una biografia densissima e una discografia che ha superato di slancio i duecento album come titolare, a proprio nome, oppure come ospite e fiancheggiatore di progetti altrui.
Per inaugurare la trentesima edizione del festival, a lui che ha percorso tutte le strade possibili, militando anche in larghi ensemble, è stato chiesto un “Set in stone”, performance dove spaziare grazie al sassofono con la libertà di sempre e le qualità riconosciute di escavatore solitario, tra improvvisazione e i disegni, le vedute che in tanti anni lo hanno reso unico e inimitabile: un eccellente occasione/assaggio per anticipare gli altri appuntamenti con Evan, del 2, del 3 e del 4.
Molto diversa, invece, l’avventura di Jean Paul Bourelly, Vernon Reid, Graham Haynes e DJ Logic, artisti che l’affezionato pubblico di Sant’Anna Arresi ha già apprezzato separatamente, ma che hanno scelto proprio “Ai confini tra la Sardegna e il jazz” per consorziarsi e agitare la loro bandiera sotto l’egida Nu Grid. Difficile immaginare con precisione i contorni dell’operazione che, per lo stesso curriculum dei protagonisti, appare come un laboratorio, uno spazio dove far confluire le pratiche e le suggestioni di carriere cariche di storia e di prospettive, con diversi punti di contatto, ma soprattutto itinerari aperti, spalancati sull’indagine musicale, dove concerti, dischi e fusioni vanno intese alla stregua di stanziamenti, proiezioni, di una vitalissima forma di trasformazione.
Nu Grid nasce da un’idea e dall’iniziativa di Bourelly e Haynes, che sul fronte delle musiche tra jazz e dintorni hanno battuto molte strade, intrecciando il funk, il rock, l’elettronica, e dunque hanno visto in Reid e Dj Logic i partner ideali da imbarcare per un viaggio tutto da scoprire e che alimenta la curiosità di chi ne ha seguito le rispettive attività.
Reid e Bourelly dall’alto del magistero chitarristico hanno manifestato a più livelli la loro proteiforme, trasversale capacità di autori e strumentisti, lungo una biografia professionale ultratrentennale: il primo come leader dei Living Colour, promotore della Black Rock Coalition e per il contributo a moltissimi dischi è al 66° posto nella graduatoria dei chitarristi di tutti i tempi stilata da Rolling Stone, mentre il secondo, alunno di Miles Davis nel 1988, partendo dal blues, è approdato al pantheon jazz quale sideman ricercatissimo, al fianco, tra i tanti, di McCoy Tyner, Elvin Jones, Muhal Richard Abrams, Cassandra Wilson.
E’ figlio d’arte, Haynes – il padre Roy è uno dei padri della batteria jazz – dalle molte frecce al suo arco e con un merito, tra le diverse opzioni: l’aver già convocato i suoi tre compagni in occasione di un album del 1995, “Transition”. Che è solo uno dei titoli delle moltitudine delle incisioni a cui ha partecipato DJ Logic (Jason Kibler), nato con la wave hip-hop newyorkese, presto arricchita da esperienze le più variegate.
E’ tutto questo, e molto di più, una moltiplicazione, più che una somma algebrica dei suoi fattori, Nu Grid, quartetto multidisciplinare, che promette meraviglia e stupore: la carta migliore da giocare a inizio della rassegna dei nostri primi trent’anni.