Ieri a Olbia si è svolto il convegno “Uomini maltrattanti. Profili giuridici: metodologia di intervento e presa in carico. L’importanza del lavoro di rete”.
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Ieri a Olbia si è svolto il convegno “Uomini maltrattanti. Profili giuridici: metodologia di intervento e presa in carico. L’importanza del lavoro di rete”. Professionisti del settore si sono confrontati per quattro ore su un tema estremamente delicato che, purtroppo, è piuttosto diffuso anche in Gallura. E i relatori hanno spiegato una dinamica che si discosta da logiche stereotipate e che non sempre viene considerata: il vero problema da risolvere è nella testa degli uomini ma questo, troppo spesso, non avviene. I casi riportati non contemplano le complicanze o le deviazioni comportamentali scatenate da altre patologie, come l’abuso di sostanze tossiche o malattie mentali. La casistica oggetto del convegno ha riguardato esclusivamente il fenomeno degli uomini maltrattanti che, spesso, riferiscono di sentirsi maltrattati: picchiano la coniuge perché si sentono oppressi e repressi.
«Ho sbagliato ma è colpa sua» è una delle frasi tipiche. Gli uomini maltrattanti non sono realmente coscienti di ciò che fanno e non sono in grado di analizzare razionalmente i loro comportamenti. Si sentono autorizzati a usare la forza per sfuggire a una prigionia che, in realtà, esiste solo nella loro mente. Questo è ciò che raccontano: «Mia moglie ha un carattere tremendo, sbraita continuamente»; «Mia moglie mi toglie serenità e libertà»; «Mi impedisce di vivere la mia vita». Il lavoro scientifico e professionale del Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti è quello di «smontare una per una le loro convinzioni e smantellare le giustificazioni che si sono ritagliati, incrinare le loro certezze e l’idea che hanno ragione loro» come ha spiegato la presidente nazionale del CAM, Alessandra Pauncz. La logica è stringente: se si interviene solo in difesa delle donne e non anche sull’uomo che si è reso colpevole di atteggiamenti vigliacchi e violenti, non si risolverà il problema alla radice: facilmente l’uomo maltrattante ripeterà i suoi comportamenti e diverrà recidivo.
Il questore di Sassari, Pasquale Errico, ha raccontato un caso di violenza domestica che si è verificato in Campania alcuni anni fa e che lo ha visto coinvolto in prima persona: «Qualche anno fa, a Napoli, ho avuto a che fare con un caso che mi ha scosso: decisi di arrestare un uomo, un ex campione olimpionico, che aveva brutalmente malmenato sua moglie la quale aveva, in braccio, il figlio molto piccolo. Lei, disperatamente, cercava di proteggerlo e incassava tutti i colpi destinati anche al bambino. Intervenimmo in seguito a una richiesta di intervento e scoprimmo che le violenze si protraevano da tempo. Ma lei non aveva mai denunciato l’uomo».
Bibiana Pala, dirigente della Squadra mobile di Sassari, ha spiegato che «molto spesso le denunce non vengono effettuate. Per paura, sospetto, diffidenza verso le istituzioni. Hanno anche paura di non essere creduti».
Liliana Pascucci, responsabile del consultorio di Olbia, intende chiedere alla Regione «un intervento deciso per creare una Rete di servizi in grado di aiutare e sostenere le donne maltrattate e di intervenire anche nei confronti degli uomini maltrattati in maniera costruttiva, per risolvere il problema dalla radice».
Nicoletta Malesa, presidente del CAM Nord Sardegna: «Spesso gli uomini diffidano dei servizi proposti. Noi ci impegniamo per fare in modo che si superino queste diffidenze. Lavorare in questo modo significa interrompere il ciclo della violenza».
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