E’ stato presentato stamane, a Carbonia, il progetto di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico.
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Si è svolta questa mattina la conferenza stampa di presentazione del progetto di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico “Azzardo: non chiamiamolo gioco”, rivolto agli alunni delle scuole medie inferiori. Il progetto è finanziato, tramite bando, dal comune di Carbonia e realizzato dall’Associazione ASSI.GAP Onlus Associazione Sarda per lo Studio e gli Interventi sul Gioco d’Azzardo Patologico, in collaborazione con le Scuole cittadine e la ASL 7.
Alla conferenza stampa hanno partecipato l’assessore delle Politiche Sociali, Maria Marongiu, il presidente dell’ASSI.GAP Onlus, Nanni Cerina, e la psicologa Martina Carta, collaboratrice dell’Associazione.
Il progetto partirà il 5 novembre con tre giorni di incontri con la scuola Media Satta, proseguirà il 17 con la scuola Media Gritti e successivamente con la Don Milani, in attesa della definizione del programma con le altre scuole cittadine.
L’assessore Maria Marongiu ha espresso soddisfazione per questo importante progetto che prende avvio negli stessi giorni in cui il Comune, con delibera di Consiglio, ha approvato le modifiche al Regolamento comunale per la disciplina degli apparecchi di trattenimento e svago, sale giochi, sale bingo ed agenzie di scommesse, diventando il primo Comune in Sardegna ad aver esteso le limitazioni previste per le sale da gioco alle agenzie di scommesse e sale bingo.
Come sottolineato da Nanni Cerina, dopo una prima esperienza con le scuole superiori (in collaborazione con la ex Provincia di Carbonia Iglesias), il percorso educativo viene esteso agli alunni delle scuole secondarie di primo grado (medie) poiché, purtroppo, i dati nazionali confermano un avvicinamento sempre più precoce dei giovani al pericoloso mondo delle scommesse e delle slot che stanno elaborando strategie per aggirare la normativa e attirare i minori, mettendo in palio ticket o premi al posto di denaro. D’altra parte gli studi dimostrano che i giocatori d’azzardo patologici iniziano a giocare molto presto, tra i 10 e i 19 anni. I giovani, più degli adulti, hanno la propensione ad accettare il rischio e quindi hanno maggiori probabilità di diventare dipendenti.
«È importante far capire ai ragazzi – ha spiegato Martina Carta – che quello che chiamano “Gioco d’azzardo” non è un gioco, non conserva nulla del valore ludico del gioco (socializzazione, divertimento e crescita), al contrario crea dipendenza, provocando problemi alla salute sia fisica che mentale. Bisogna incidere sulle abitudini e produrre un cambio culturale in cui l’azzardo non deve essere visto come la normalità, ma come un pericolo.»
L’azzardo, in tutte le sue forme, oltre ad essere dannoso poiché rovina famiglie intere è anche una truffa, dato che le possibilità di una vincita capace di superare l’entità dei soldi spesi sono quasi nulle.
Il giocatore che chiede aiuto è quello che ha già perso tutto: famiglia, lavoro, casa, soldi. Per questo è importante intervenire prima con la prevenzione e le azioni di sensibilizzazione tra i bambini e gli adolescenti. Il progetto “Azzardo: non chiamiamolo gioco” sarà un valido aiuto in questo percorso.