La strumentalizzazione e gli attacchi contro l’industria e in particolare contro la Portovesme srl, continuano fra paradossali contraddizioni. Infatti, mentre c’è un marcato sostegno alle vertenze per la riapertura delle fabbriche oggi in standby, sulle quali non si perde occasione per sollecitare le Istituzioni regionali e nazionali ad accelerare le decisioni per il loro riavvio, dall’altra parte non si perde occasione per demolire tutto ciò che ha a che fare con l’unica industria oggi in attività.
Da un lato, si sorvola sul fatto che per qualsiasi attività industriale, ma non solo, non si può prescindere dalla materia prima da trattare, dall’energia, la tecnologia, le competenze, tutte le altre componenti fondamentali e necessarie al processo produttivo, il mercato e, al pari di ogni altra attività umana, dei siti di smaltimento dei residui di lavorazione.
Dall’altro, si rappresenta una sola parte della realtà, peraltro mai completa e fitta di verbi condizionali e allusioni. Non si tiene nella giusta considerazione il parere dei lavoratori della fabbrica, peraltro divulgata con un documento che chiarisce come operano, a partire dalla tutela della loro stessa salute e dunque a maggior ragione di quella del territorio. Di cosa siano i cosiddetti fumi di acciaieria; di come gli stessi vengono controllati e processati con le migliori tecnologie disponibili al mondo. E, infine, quali siano i residui, sempre più inerti, delle lavorazioni che vanno in discarica. Eppure l’hanno fatto precisandolo con un esempio, estremamente efficace, che dice che “mandare a discarica i fumi di acciaieria sarebbe come se un supermercato buttasse nella spazzatura la merce da vendere appena arrivata”.
Per il messaggio contro l’industria poi nulla vale il fatto che quei residui siano costantemente monitorati; che ci siano solo risultati positivi nei vari controlli ed analisi, nella discarica, da parte degli Enti preposti e dei Nuclei specialisti delle Forze dell’Ordine; di come gli stessi abbiano certificato il pieno rispetto delle più restrittive normative; che gli stessi residui, anche quando hanno avuto un aumento rispetto alla norma dei valori di singoli elementi, sono sempre rimasti ben al di sotto dei restrittivi e controllati limiti di legge.
E, infine, a niente pare valga il fatto che con il sito di raccolta, insieme all’utilizzo per i residui delle lavorazioni dello zinco e del piombo (che rappresentano un reddito per circa 4.500 famiglie fra diretti e indotto), si sia realizzata e si stia realizzando la più imponente e riconosciuta opera di ripristino ambientale di una delle più impattanti e dannose voragini lasciate dall’attività mineraria, come invece riconoscono e confermano i cittadini che abitano a valle dell’area.
Noi, insieme ai lavoratori, siamo determinati a lottare per la salvaguardia e l’evoluzione del settore industriale, peraltro sempre meno impattante per merito dell’innovazione tecnologica e delle attenzioni e rivendicazioni dei lavoratori. E insieme nel rivendicare l’avvio della diversificazione economica con il vero sviluppo equilibrato di tutte le non poche opportunità offerte dal territorio.
Su questi temi ci conforta rilevare una maggiore consapevolezza e comunanza di intenti di tante rappresentanze Istituzionali e Sociali, e per questo sollecitiamo il presidente della Regione e gli assessori competenti, ad esprimersi più energicamente, anche in iniziative pubbliche, a tutela dell’apparato produttivo, dei lavoratori, delle Amministrazioni locali interessate, degli Enti di controllo e delle sezioni dedicate delle Forze dell’Ordine.
Roberto Puddu
Segretario Generale CGIL
Lo stabilimento della Portovesme srl.
Roberto Puddu.