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E’ proseguito anche oggi, in Consiglio regionale, il dibattito sul Dl. 176 “Riordino sistema autonomie locali”.
Stsmane la seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito l’esame dell’ordine del giorno con gli emendamenti all’art. 2.
L’Assemblea ha quindi avviato la discussione generale dell’emendamento n. E2507 che modifica parzialmente l’emendamento sostitutivo totale n.1948 che ridefinisce il perimetro della “rete urbana”, individuato con il territorio di un solo comune o con quello di due confinanti.
Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha sottolineato il collegamento piuttosto forzato con l’emendamento principale, «si aggiunge ulteriore confusione al concetto di rete urbana che serve agli equilibri interni alla maggioranza ma non certo ai sardi; oltretutto se il collegamento massimo ipotizzato è fra due soli comuni non si può parlare di rete, a dimostrazione del fatto che siamo di fronte ad una legge del tutto priva di strategia, di buon senso e di concretezza». Messo in votazione, l’emendamento è stato approvato con 28 voti favorevoli e 15 contrari. Subito dopo è iniziato l’esame dell’emendamento n. 2474 (Meloni e più) che ridefinisce il concetto di “rete urbana” come organismo formato da unione di comuni con una o più città medie (al cui interno siano presenti porti ed aeroporti di interesse nazionale) con una popolazione superiore agli 80.000 abitanti. Il consigliere Giuseppe Meloni (Pd), primo firmatario, ha ricordato che il relatore ha formulato l’invito al ritiro alla proposta, precisando però di non comprenderne i motivi e comunicando la decisione di sottoporla al voto dell’Aula. Si tratta, ha sostenuto, «di un momento importante di perequazione fra territori che la legge deve garantire in tutta la Sardegna, in effetti viene riproposto il testo originario dell’art.8 così come emendato dalla commissione che con riferimento alle unione di comuni di area metropolitana rappresentava una delle parti migliori del testo». Ciò non avviene, ha proseguito Meloni, «col sostitutivo totale proposto dalla Giunta ed è proprio questo è il senso dell’emendamento, perché si parla di grandi aree urbane in Sardegna ma con il testo in campo ne viene prevista solo una, mentre Olbia come comune con al suo interno un porto ed un aeroporto di interesse nazionale, è una realtà che deve essere riconosciuta dal Consiglio regionale oltre le appartenenze».
Il consigliere Stefano Tunis (Forza Italia) ha sottolineato l’importanza del gesto di Meloni che ha voluto sottrarre al tema dello scrutinio segreto perché invece è necessario pronunciarsi palesemente. Più che la nomenclatura, ha affermato, «contano le questioni di sostanza e nello specifico le dimensioni quantitative non possono essere l’unico faro per definire il nuovo tessuto istituzionale della Sardegna; finalmente ora vengono introdotti nuovi criteri per la valutazione degli asset territoriali, rafforzando nei fatti la nostra idea di una unica area metropolitana in Sardegna perché prevederne una sola attorno a Cagliari provoca squilibri sull’intera Regione». Questo, ha concluso, «è il nodo che la maggioranza non ha saputo risolvere preferendo dare contentini senza significato ad alcuni territori evitando di entrare nel merito nell’organizzazione dei servizi e del funzionamento del sistema».
Il capogruppo del Cps Piefranco Zanchetta, ha dichiarato che «la proposta è il giusto riconoscimento per un territorio come la Gallura ed una città come Olbia che non possono accontentarsi di riconoscimenti morali; Olbia è la città che cresce di più, che si sviluppa di più, che ha maggiore capacità attrattiva, quindi la Regione deve tenere conto di questo dato, unico in Sardegna, che è utile allo sviluppo economico di tutta la Regione». Dare giusto valore, nel caso della Gallura, ad un elemento che unisce la Sardegna al continente ed all’Europa, ha concluso Zanchetta, «significa fra l’altro dare un rilevanza nuova al concetto di insularità ed uscire dalle secche di dibattiti antiquati che dividono i territori».
Il consigliere Angelo Carta (Psd’Az) ha espresso pieno sostegno all’emendamento «perché si cerca di dare una risposta ad un territorio importante che al suo interno contiene situazioni di grande rilevanza per tutta la Sardegna, un territorio che non può essere e al contrario merita di essere valorizzato». La maggioranza, ad avviso del consigliere, «si comporta come quelli che fanno inchini davanti ai boss, mentre bisogna guardare al di là dell’ombelico cagliaritano con uno scatto di orgoglio e responsabilità, bocciarlo significherebbe sancire la discriminazione fra territori».
Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha ricordato che il suo gruppo «valuta le proposte non in base a chi li presenta ma in base ai contenuti e quello in esame è interessante anche se, per certi aspetti, restiamo convinti che la rete metropolitana sia un pannicello caldo, una pacca sulle spalle senza molto altro». Però, ha concluso, «è meglio di niente; il tentativo va apprezzato ed incoraggiato, anche perché i numeri di Olbia sono di grandissima rilevanza per quel territorio e per tutta la Regione».
Il consigliere Ignazio Locci, anch’egli di Forza Italia, ha precisato che «l’emendamento di Meloni non risponde alle nostre convinzioni perché accetta l’impianto sostanziale della legge ed appare rivolto soltanto alla Gallura, quindi è diverso rispetto alla nostra visione di due città metropolitane per la Sardegna; tuttavia la Gallura è una realtà che non si può ignorare e Meloni ha avuto coraggio ed auspichiamo comunque che il segnale sia colto».
Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, ha fatto i complimenti a Meloni e agli altri colleghi della maggioranza «che hanno mostrato schiena dritta e capacità di ragionare con la loro testa; la proposta è dimensionata sull’area di Olbia che ha caratteristiche innegabili ed un ruolo strategico nel turismo che non possono essere trascurati ed esprime la necessità di spogliarsi dalle divise e liberarsi dalle catene per ragionare in una ottica di Sardegna con la politica del dialogo e della mediazione». Non vogliamo, ha concluso, «una Sardegna a zero velocità, zero occupazione, zero sviluppo; sarebbe perciò utile una breve sospensione dei lavori, per evitare un voto divisivo che non aiuta il Consiglio e la politica sarda».
Il capogruppo dei Riformatori sardi Attilio Dedoni ha manifestato la convinzione che «quando ci sono valori forti di riferimento va apprezzato ogni tentativo di mantenere la barra dritta; ciò non vuol dire che tutto va bene comunque, ma va sottolineata l’importanza di un segnale di sofferenza che arriva dai territori». Nello specifico, «si tratta anche di un segnale chiaro che questa legge deve essere cambiata, emerge il pensiero che Cagliari non può esaurire la Sardegna». Per noi, ha concluso, «resta in campo l’ipotesi migliore di due aree metropolitane e questo non c’entra niente col campanilismo, è necessario andare verso una soluzione condivisa».
Il consigliere Luigi Lotto (Pd) ha detto di non aver gradito alcune affermazioni di interventi precedenti, perché «si sta cercando di approvare una legge con uno sforzo della maggioranza di fare davvero qualcosa che serva a tutta la Regione; in due mesi di confronto serrato è stata analizzata la situazione di tutti i territori e nessuno si è sentito al guinzaglio di altri all’interno della maggioranza». L’emendamento indubbiamente controverso, ha aggiunto, «comprendo Meloni perché ho vissuto stesso problema per il mio territorio di provenienza, ma non condivido la scelta e voterò contro, ritenendomi solo al guinzaglio delle mie convinzioni; il confronto non può scadere a questo livello, che ognuno faccia la sua parte con onestà intellettuale».
Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori) ha affermato che «il percorso democratico del confronto parlamentare non può esimerci da una valutazione sulle motivazioni di Meloni e dei tre coraggiosi consiglieri della maggioranza che non vogliono rompere il loro patto con il territorio che li ha espressi, per cercare di riportare alla ragione ed al buon senso una maggioranza che continua a mostrasi chiusa ad ogni proposta». Il consigliere Lotto è in evidente contraddizione, ha sostenuto, «perché è innegabile che la Gallura abbia una marcia in più, questo è un bene con la Sardegna e per molti territori».
Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha previsto che «il consigliere Lotto avrà le prime pagine dei giornali perché ha parlato per primo a nome della maggioranza; in Consiglio nessuno porta il guinzaglio ma anche opposizione non accetta museruole, tutto va ricondotto nell’alveo del rispetto e della corretta dialettica». Piuttosto, ha continuato, «il dibattito fra emergere questioni reali che devono spingere tutti a riflettere sui contenuti; nella riforma manca un ragionamento convincente su territori che storicamente ed attualmente non sono uguali e, in particolare, non si possono chiudere gli occhi sulla realtà gallurese che non riflette solo quel territorio, peraltro fiore all’occhiello delle politiche turistiche nel mondo». Sostegno convinto all’emendamento, ha concluso Pittalis, «ed invito la maggioranza a fare un supplemento di riflessione evitando di liquidare il problema con superficialità».
Messo in votazione, l’emendamento è stato respinto con 20 voti favorevoli e 29 contrari.
Il presidente Ganau ha quindi messo in discussione l’emendamento n. 2363. Il primo firmatario, Marco Tedde (Forza Italia), ha illustrato l’emendamento chiarendo che la proposta tende ad inserire tra le reti metropolitane le Unioni dei Comuni dove sono presenti, oltre ai porti e agli aeroporti, anche ospedali e centri di ricerca. «Vogliamo sottolineare che nel Nord Sardegna ci sono più servizi che altrove – ha chiarito Tedde – di questo non ha tenuto conto la maggioranza che ha voluto favorire con questa legge solo il Sud Sardegna». Secondo Ignazio Locci (Forza Italia), il testo proposto non tiene conto delle peculiarità dei territori. «Non voler provare a istituire almeno una seconda città metropolitana – ha detto Locci – ha portato a definire una rete metropolitana che però sembra un’istituzione monca». Luigi Crisponi (Riformatori) ha annunciato il suo voto favorevole: «L’emendamento mira ad incidere sulla piramide disegnata dalla maggioranza – ha rimarcato il consigliere nuorese – non sono questioni di lana caprina, si chiede che nell’ambito delle reti metropolitane si inseriscano le aree dove sono presenti centri di ricerca e università in modo da dare fiato alle speranze di sviluppo dei territori». Voto favorevole all’emendamento ha annunciato anche Attilio Dedoni, capogruppo dei Riformatori sardi
L’emendamento n. 2363 è stato respinto dall’aula con 31 voti contrari e 16 a favore. E’ dtato respinto anche l’emendamento n. 2308.(Truzzu Lampis).
L’Aula è quindi passata all’esame dell’emendamento n. 2313 (Truzzu-Lampis) che è stato approvato con 44 voti a favore e 4 voti contrari. L’emendamento modifica la lettera F del art.2 sostituendo la parola “esercitano” con “esercita”.
Si è poi passati all’esame dell’emendamento n. 2484 (Deriu-Agus) all’emendamento n. 1948. Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha chiesto chiarimenti sul significato della proposta correttiva. Il primo firmatario, Roberto Deriu (Pd), ha spiegato che l’emendamento fuga ogni dubbio interpretativo sulle circoscrizioni elettorali dicendo che si parla di consigli provinciali e non del Consiglio regionale. L’emendamento ha ottenuto il via libera con 31 sì e 15 no. Il presidente Ganau ha quindi messo in discussione gli emendamenti n. 2315 (Truzzu) e n. 2365 (Tedde) all’emendamento n.1948. Marco Tedde (Forza Italia) ha spiegato che l’emendamento stabilisce quali sono le province da sopprimere inserendo anche le storiche oltre a quelle di nuova istituzione. «Vogliamo evitare di fare confusione – ha rimarcato Tedde – il Consiglio sottovaluta i rischi che si stanno correndo e i possibili danni sotto il profilo economico e sociale. La desertificazione istituzionale colpirà tutta la Sardegna, la speranza è che il Governo impugni l’articolato cassando le parti contrarie ai principi del nostro ordinamento». Secondo Gianni Lampis (Fd’I) «il futuro degli enti locali non può essere rappresentato dalla frammentazione dei livelli di sottogoverno. Il centrodestra propone un’unica area metropolitana unica o due aree Nord-Sud. Occorre evitare che i territori tornino ad essere periferia dei grandi centri urbanizzati. Quale futuro attende Ogliastra, Sulcis Medio Campidano e Gallura? Non ce lo volete dire». Christian Solinas (Psd’Az) ha sollecitato il ritiro dell’emendamento. «E’ una proposta tecnicamente inammissibile anche se politicamente condividibile – ha spiegato il consigliere dei Quattro Mori – i referendum non avevano la possibilità di cancellare una norma di rango costituzionale né di rango ordinario». Luigi Crisponi (Riformatori) ha ricordato che i referendum per l’abrogazione delle province, ai quali aderirono 120 sindaci, ottennero il 90% del consenso dei votanti. «Questo è un emendamento che fa chiarezza – ha ribadito Crisponi – le province da sopprimere sono le 4 storiche e quelle di nuova istituzione».
Giuseppe Meloni (Pd) ha annunciato il suo voto favorevole all’emendamento: «Sono per il superamento di tutte le province – ha sottolineato l’esponente del Partito Democratico – i quesiti referendari hanno generato il caos distinguendo tra vecchie e nuove province, a questo si può rimediare cancellandole tutte, anche quelle previste dallo Statuto. Il Governo non impugnerà la legge visto che sta facendo una riforma per abolire tutte le province italiane».
Pierfranco Zanchetta, capogruppo dei Cristiano Popolari Socialisti, ha ricordato che il dato dei referendum della Gallura era il più basso della Sardegna. «La popolazione gallurese riteneva la provincia un’istituzione rappresentativa del territorio. Oggi non abbiamo bisogno di un Caronte che traghetti la provincia verso la cancellazione, serve un rappresentante che gestisca le risorse ancora disponibili ed eviti scippi».
Ignazio Locci (Forza Italia), condividendo la posizione del collega Meloni (Pd), ha sottolineato l’esigenza di andare a cancellare da subito tutte le province senza rimandare quella degli enti intermedi storici (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano). «Resuscitare tutte le province con una norma transitoria, con la previsione di enti di secondo livello, non farà altro che creare confusione».
Michele Cossa (Riformatori sardi) ha spiegato la logica dei quesiti referendari con cui si abolirono le province sarde. «Per ragioni costituzionali – ha detto Cossa – vennero presentati referendum abrogativi per le nuove province e consultivi per le storiche. L’obiettivo non era fustigare i territori ma superare livelli istituzionali ormai desueti. Le province vanno abolite tutte. Il Consiglio deve fare un salto in avanti attuando una fictio iuris: si prefiguri il futuro assetto istituzionale evitando di mettere in piedi il circo degli enti di secondo livello». Franco Sabatini (Pd) si è detto d’accordo con il collega Cossa e auspicato un salto in avanti. «Il cuore della legge sta nell’articolo 4 e seguenti dove si prefigura un nuovo livello amministrativo della regione Lavoriamo insieme per costruire un processo che ci porti a un nuovo assetto – ha affermato il consigliere di maggioranza – la fase di secondo livello va ridotta. Nominiamo commissari liquidatori delle vecchie province altrimenti si crea una fase confusionaria che non aiuta il processo innovativo». Il capogruppo sardista Angelo Carta ha chiesto chiarimenti sul futuro delle province: «Cosa succederà dopo la loro abolizione ? La maggioranza risponde che occorrerà attendere la riforma della Costituzione per cancellare le province storiche che non possono essere cassate da una legge ordinaria. Occorre però fare chiarezza dal punto di visto politico – ha detto l’esponente del Psd’Az –. Mario Floris (Uds) ha ribadito la sua preoccupazione per il provvedimento in discussione. «Un recente documento approvato dalla Commissione parlamentare per le politiche regionali afferma che alcune disposizioni della riforma del Titolo V della Costituzione non si possono applicare alle Regioni speciali fino all’adeguamento dei loro Statuti. Fino a quel momento resta in piedi la disciplina vigente – ha rimarcato Floris – quello che stiamo facendo non porta ad una rivalutazione ma ad un appiattimento delle specialità».
Il presidente Ganau ha messo in votazione gli emendamenti n. 2315 e 2365 che sono stati respinti con 31 voti contrari e 19 a favore.
Posto in votazione l’emendamento 2303 (Lampis e più) non è stato approvato con 32 contrari e 19 favorevoli. Il presidente ha quindi annunciato la votazione all’emendamento n. 2485 ed il primo firmatario, il consigliere di Fi, Marco Tedde, è intervenuto per sottolinearne l’importanza. «Con questo emendamento – dichiarato l’esponente della minoranza – si propone l’istituzione della città metropolitana di Sassari, costituita da tutti i comuni ricompresi nelle province di Sassari, Gallura, Nuoro e Ogliastra». «Non sono servite le assemblee dei sindaci e le proteste del Nord dell’Isola – ha concluso Tedde – la maggioranza procede con la desertificazione del Nord dell’Isola». Il consigliere di Forza Italia, Antonello Peru, ha dichiarato voto favorevole: «Se non si approva questo emendamento la Sardegna sarà divisa in due». Il vice presidente del Consiglio ha dunque rivolto un appello a tutti gli eletti ed in particolare ai consiglieri del sassarese: con uno scatto di orgoglio, votate per l’istituzione della città metropolitana del Nord. Il consigliere di Fi, Ignazio Locci, ha dichiarato voto a favore ed ha rilanciato l’ipotesi per la costituzione di due città metropolitane in Sardegna con il contestuale superamento di tutte le province. «Con questa legge – ha concluso Locci – create il campo santo degli Enti Locali».
Posto in votazione, l’emendamento n. 2485, non è stato approvato con 17 voti favorevoli e 29 contrari. Annunciata la votazione dell’emendamento n. 1145 (uguale al 1463) il consigliere di Fi, Ignazio Locci ha annunciato voto a favore ed ha auspicato “una ripulitura del quadro delle definizioni anche alla luce di quanto abbiamo affermato: città metropolitana del Nord Sardegna e superamento di tutte le province”.
Posto in votazione, l’emendamento 1145 (uguale 1463) non è stato approvato con 17 voti favorevoli e 30 contrari. Annunciata la votazione dell’emendamento sostitutivo totale n. 1948 (Deriu-Agus) “Definizioni” è intervenuto il consigliere di Forza Italia, Ignazio Locci, che ha dichiarato voto contrario: «Questa è la prova della mancanza di mediazione della maggioranza, pensavamo ad un sistema semplice senza divisioni e contrasti nel sistema degli Enti Locali mentre con l’emendamento sostitutivo si va verso la polverizzazione di termini e definizioni e si aumenta la confusione. Voto contro». Il consigliere dei Riformatori, Luigi Crisponi, ha dichiarato voto contrario: «Siamo arrivati al dunque e se potessimo azzerare il timer della riforma, affermo che la soluzione migliore sarebbe stata quella di tenerci le bistrattate province». Il consigliere di Fi, Marco Tedde (Fi) ha dichiarato voto contrario ed ha definito la legge “una norma barocca e pasticciata con concetti vuoti e fumosi, come quello riferito alla cosiddetta città media, alla rete urbana che una rete non è perché può essere costituita solo da due Comuni”. Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa (Riformatori) ha dichiarato voto contrario “ad un emendamento che rende indigeribile il provvedimento”. «Con l’emendamento – ha spiegato Cossa – si introduce un’assurda gerarchia tra i Comuni che contraddice le battaglie per le autonomie comunali, a cui si aggiunge un’altra gerarchia delle forme associative».
Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, ha annunciato voto contrario ed ha dichiarato:« Più che un articolo è un ginepraio e avete dimenticato di definire le reti medie delle frazioni e i villaggi dell’età nuragica». La consigliera di Fi, Alessandra Zedda, ha invitato la maggioranza a fare un’analisi sulle norme fino ad ora approvate e sui risultati ottenuti. «Incominciate – ha affermato l’esponente della minoranza – dalle norme sull’edilizia e poi pensate alla pre-riforma della sanità: la verità è che con questa legge proseguita su questa strada». Anche il consigliere Edoardo Tocco (Fi), ha dichiarato voto contrario: «Nonostante le grandi riunioni e i vari vertici non siete riuscire a trovare soluzioni al problema». Posto in votazione l’emendamento n 1948 che sostituisce interamente l’articolo 2 è stato approvato con 30 a favore e 20 contrari. Il presidente ha quindi dichiarato decaduti tutti gli emendamenti all’articolo 2 ed ha annunciato l’apertura della discussione dell’articolo 3 degli emendamenti presentati. Il relatore della maggioranza, Roberto Deriu (Pd), ha espresso parere contrario a tutti gli emendamenti presentati all’articolo 3 tranne che per i seguenti: emendamento sostitutivo totale n. 1949 (favorevole); n. 2518 (favorevole); invito al ritiro per n. 2367, 2226, 2274 invito al ritiro; favorevole anche per l’emendamento n. 2377 che emenda il sostitutivo totale n. 1949.
La Giunta ha dichiarato parere conforme con quello espresso dal relatore di maggioranza.
Il Consiglio ha approvato, con parere favorevole della commissione e della Giunta, l’emendamento n. 2518 (Congiu e più) che, modificando parzialmente il 3°comma dell’art. 3, prevede sulla base di specifiche intese il finanziamento di «misure perequative a favore di tutti gli ambiti territoriali esclusi dalla partecipazione a finanziamenti statali o europei destinati allo sviluppo di città o reti metropolitane».
L’Aula è poi passata all’esame dell’emendamento n. 2378 all’emendamento n. 1949.
Il firmatario, Angelo Carta (Psd’Az), ha illustrato la proposta correttiva spiegando che l’emendamento punta a dare un ruolo agli enti locali nella individuazione degli ambiti ottimali. «L’emendamento sostitutivo totale dell’art.3 presentato dalla maggioranza affida questo compito alla sola Regione – ha detto Carta – i comuni devono essere coinvolti nel coordinamento delle strutture territoriali, sulla base di ambiti strategici e zone omogenee, individuando gli ambiti ottimali per ciascuna funzione» . Proposta condivisa da Gianni Tatti (Udc): «Con il comma 3 dell’art 3 si vogliono commissariare i comuni della Sardegna – ha detto Tatti – la Regione si sostituisce a sindaci e assessori. Per questo l’emendamento n. 2378 deve essere approvato».
Il presidente Ganau ha messo in votazione l’emendamento che è stato respinto con 33 no e 18 sì. Via libera invece all’emendamento sostitutivo totale dell’art. 3 n. 1949 che ha ottenuto 30 voti a favore e 21 contrari. Con questo voto decadono tutti gli emendamenti all’art.
3. Si è quindi aperta la discussione generale sull’art. 5 (Piano di riordino territoriale). Non essendo ancora disponibili alcuni emendamenti, il presidente Ganau ha dichiarato chiusa la seduta e aggiornato i lavori alle 15,30. La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il presidente ha comunicato che le commissione Autonomia e Bilancio sono convocate per domani alle 9.30. Successivamente il Consiglio ha proseguito l’esame dell’ordine del giorno con l’art. 5. Il relatore di maggioranza Roberto Deriu (Pd) ha espresso parere negativo su tutti gli emendamenti presentati, fatta eccezione per il n.1950, 1951, 1952 e 2510; la Giunta ha espresso parere conforme. Aprendo la discussione generale sull’art. 5 il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha affermato che «stando alla lettera del testo vengono in mente i meccanismi più farraginosi che si possano immaginare a partire dalla definizione degli ambiti territoriali strategici strettamente correlati alla perimetrazione dei distretti sanitari; una procedura che oltretutto anticipa indebitamente la scelta annunciata della Asl unica, mandando in corto circuito il tessuto degli anti locali ma anche quello sanitario (che pure ancora non c’è) cominciando col moltiplicarne i costi in anticipo». Il consigliere Michele Cossa (Riformatori sardi) ha ribadito l’obiezione secondo la quale «il testo lascia poco spazio al consolidamento del nuovo sistema e ridà fiato ad un vecchio campanilismo che viene alimentato anziché ridotto, immaginando una marcia a tappe forzate con passaggi e procedure difficilmente applicabili; inoltre, con l’emendamento n. 1950 relativo alle città medie, prima si attribuisce agli enti locali un potere di proposta da sottoporre alla Giunta e poi si cambia strada sugli ambiti territoriali strategici che invece vengono stabiliti dalle assemblee dei sindaci. Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha affermato che «la posizione della maggioranza resta ancora incerta e con l’art. 5, in particolare, si parte da un obiettivo condivisibile per poi operare scelte sbagliate sia sul contenuto che sulla tempistica». Sul primo aspetto, ha sostenuto, «è prevedibile lo stravolgimento di un intero sistema gestionale della pubblica amministrazione costringendo uno o più comuni ad operare insieme ad altri con cui non hanno storicamente mani avuto alcuna relazione, mentre per l’altro aspetto relativo alla tempistica è irreale immaginare che i comuni possano definire le intese in 20 giorni e la Giunta possa ratificarli in altri 20».
Ha assunto la presidenza dell’Assemblea il vice presidente Antonello PERU. Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az) ha detto che «non è azzardato parlare della riesumazione delle vecchie province, ipotesi che diventa molto concreta con l’articolo in esame, anche perché la riserva assegnata alle città medie non fa capire cosa possa accadere alle altre città». Sarebbe stato invece opportuno, ha suggerito, «riservare al Consiglio l’approvazione finale del nuovo assetto degli enti locali, un passaggio che non può essere derubricato ad atto amministrativo». Per noi, ha proseguito, «resta centrale che il riordino garantisca equilibrio ed armonia fra tutte le zone della Sardegna, mentre nello schema della maggioranza invece prenderebbero forma reti senza tessuto connettivo creando le condizioni per trasformare città metropolitana e città medie in organismi senza un retroterra di riferimento, magari in conflitto fra loro per l’assegnazione delle poche risorse disponibili». Molto meglio, ha concluso, «una norma-ponte fondata su una nuova idea di Regione». Il consigliere Gianni Tatti, dell’Udc, ha chiesto provocatoriamente agli uffici «se è coerente un testo fatto di emendamenti e non di articoli, un testo che dà alla Sardegna l’immagine di un legislatore che cambia idea ogni momento senza una visione reale dei veri problemi della Regione». Sull’adesione agli ambiti, ha osservato Tatti, «si sta riproponendo il territorio delle vecchie province con un altro nome, mentre la Sardegna ha bisogno di risposte serie, non di accontentare quel sindaco o quel segretario di partito, così è una presa in giro per il popolo sardo». Il consigliere Gianni Lampis (Misto-Fdi) ha ripreso alcune argomentazioni del consigliere Locci, criticando alcune norme intruse in materia sanitaria inserite a forza nella riforma degli enti locali, «vuol dire che si vuole incidere politicamente sull’organizzazione dei sevizi sanitari in Sardegna; è un errore grave procedere con messaggi cifrati per nascondere la volontà di procedere con la Asl unica, sperimentata solo in Molise e già molto criticata in quella Regione proprio perché ha fatto lievitare i costi». Anche per queste ragioni, ha concluso, «l’articolo deve essere completamente rivisto a cominciare dalla parte che riguarda surrettiziamente la sanità».
Il consigliere Angelo Carta (Psd’Az) citando l’intervento dell’ex presidente della Regione Pietro Soddu in un convegno del 2015 ha ricordato «la centralità dei paesi come connotazione identitaria dei territori, un elemento del tutto assente da questa riforma; al contrario, in ogni ipotesi di nuova governance bisogna tenere conto di questo dato per armonizzarlo con i cambiamenti che si sono succeduti nel tempo». Carta ha quindi rivolto al Consiglio un appello al buon senso ed al senso comune, sottolineando però che «rispetto al testo di dicembre le modifiche sono tante a partire dall’iniziativa affidata esclusivamente alle città medie con tempi contingentati, forse proprio per evitare dissensi, richieste di partecipazione e proposte di modifica». Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha osservato che «il piano presenta alcune discrasie che hanno poco a che fare con gli intenti dichiarati dalla maggioranza, a cominciare dalla delega in bianco alla Giunta (e in particolare all’assessore) di collocare questo o quel comune in un determinato ambito, fermo restando che a proposito degli stessi ambiti non si capisce la differenza fra ottimale e strategico». Si capisce molto bene invece, ha lamentato, «che i comuni vedono compressa fortemente la loro autonomia e si comprende altrettanto bene che il Consiglio viene totalmente esautorato».
Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha messo l’accento sul fatto che, per tante ragioni, «sta emergendo che su questa legge si dovrà tornare per rimediare ad un pasticcio, articolo dopo articolo, che rappresenta un crescendo di definizioni e norme di principio senza contenuti». Intanto, ha precisato, «viene lasciato fuori il Consiglio regionale in materia di autonomie locali ed è singolare che molti consiglieri-sindaci del centro sinistra non aprono nemmeno bocca». Vi state prestando ad una operazione antidemocratica, ha accusato Pittalis, «non si può bypassare la legge con un provvedimento che non ha precedenti e non può passare sotto silenzio, la parola definitiva deve restare in capo al Consiglio almeno come organo di indirizzo». Pittalis ha infine auspicato «una opportuna riflessione nell’interesse della Sardegna evitando di mortificare il Consiglio regionale e le autonomie». L’emendamento n. 7 all’articolo 5 è stato votato e respinto. Così anche gli emendamenti 2379, 2312, 2393, 2380, 2381, 2322, 2383, 2384, 2324, 2385, 2327, 2387, 2388, 2391, 2323, 2325. Sull’emendamento 2326 è intervenuto il capogruppo di Forza Italia, on. Pietro Pittalis, che ha detto: “Approvando questo articolato finirà che il Consiglio regionale sarà del tutto inutile perché basterà la giunta. Pensateci bene”. Per l’on. Paolo Truzzu (Fli) “ visto che ci avete chiesto una mano, l’unico contributo che possiamo offrirvi è l’invito a ragionare, cosa che voi non state facendo. State rifiutando ai poteri dell’Aula, ovvero alla dignità del ruolo”. Secondo l’on. Attilio Dedoni (Riformatori) “l’alternanza tra centrodestra e centrosinistra che ha caratterizzato i governi della Sardegna negli ultimi lustri ci impone di pensare che le riforme debbano sempre essere condivise. Perché volete forzare la mano? State sbagliando ad attribuire i poteri del Consiglio alla giunta. Ha preso poi la parola l’on. Pierfranco Zanchetta (Upc), secondo cui “la proposta ha elementi di ragionevolezza, per riaffermare il nostro ruolo”.
Il capogruppo del Pd, on. Pietro Cocco, ha detto che “con questo provvedimento il Consiglio non perde nessun ruolo perché è normale che il piano di riordino debba essere trattato dalla Giunta con i Comuni”.
Per l’on. Angelo Carta (Psd’Az), invece, “il piano di riordino non è una cosettina e se è sbagliato è del tutto evidente che la legge non sarà mai applicata. Ecco perché io credo che la competenza debba rimanere al Consiglio”.
Secondo l’on. Oscar Cherchi “è importante capire qual è la linea della Giunta. Dovremmo indicare noi i paletti alla Giunta, perché la Giunta rispetti il percorso e i tempi, che non sono secondari”.
Opinione identica anche per l’on. Ignazio Locci (Forza Italia), che ha detto. “Quante volte il Consiglio ha previsto che le competenze rimangano in casa e non le ha delegate alla Giunta? Non accade forse così per la rete ospedaliera?”.
Per l’on. Lotto (Pd) ”basta leggere la legge per capire che il Piano sarà comunque inviato alla commissione consiliare. E si legge anche che il Consiglio può inviare osservazioni. Davvero, in nessun caso mi sembra che si possa gridare alla mancanza di rispetto nei confronti del Consiglio. Al contrario, se facessimo diversamente metteremmo in discussione il principio secondo cui sono le autonomie locali a decidere il loro futuro istituzionale”.
E’ intervenuto anche il leader sardista Cristian Solinas “nel momento in cui si deve decidere chi stabilirà se Teulada sarà con Domusdemaria o con Sant’Anna Arresi? Con le vostre norme è la giunta regionale. E non va bene, perché con l’attuale forma di governo l’esecutivo non ha legittimazione popolare diretta ma è un consesso di collaboratori del presidente della Regione. Si tratta di bilanciare poteri”.
Per il consigliere regionale Gianni Tatti (Udc) “l’intervento dell’on. Solinas è importante. In effetti la Giunta è una rappresentanza del presidente mentre il Consiglio rappresenta i sardi. Dunque, il Piano deve essere di competenza del Consiglio e la Giunta deve solo attuare la decisione del Consiglio.
L’emendamento 2326 è stato messo in votazione e respinto. A seguire, l’emendamento 2489 è stato messo in discussione dal presidente del Consiglio e respinto dall’Aula. Bocciato anche l’emendamento 2392, 2328, 2329. Approvato invece l’emendamento 1950, sostitutivo totale. Respinto l’emendamento 2394, modificativo dell’emendamento 1951. Respinto anche l’emendamento 2930 e così il 2331, 2333, 2332. Approvato l’emendamento 2395. Il presidente ha poi comunicato la conclusione della seduta. I lavori riprenderanno martedì 19 gennaio alle 16.00.