15 November, 2024
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Sono stati presentati, ieri mattina, a Carbonia, i risultati del progetto di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico.

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Sono stati presentati, ieri mattina, i risultati del progetto di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico “Azzardo: non chiamiamolo gioco” rivolto agli alunni delle scuole medie inferiori.

Il progetto, finanziato tramite bando dal comune di Carbonia, è stato realizzato dall’Associazione ASSI.GAP Onlus Associazione Sarda per lo Studio e gli interventi sul gioco d’azzardo patologico, in collaborazione con le Scuole cittadine e la ASL 7.

Alla conferenza stampa hanno partecipato Maria Marongiu, assessore delle Politiche sociali, Lucia Amorino, assessore dell’Istruzione e Formazione, Nanni Cerina, presidente dell’ASSI.GAP Onlus, Martina Carta, psicologa collaboratrice dell’associazione e le rappresentanti delle scuole medie inferiori Sebastiano Satta e Don Milani che, insieme alla Scuola Camilla Gritti, hanno aderito al progetto.

L’assessore Maria Marongiu e l’assessore Lucia Amorino hanno evidenziato l’importanza del percorso proposto ai ragazzi, pensato per dare corrette informazioni sul fenomeno, prevenire gli effetti negativi del Gioco d’Azzardo e sensibilizzare i giovani e le loro famiglie sui pericoli legati alle ludopatie.

Il presidente dell’ASSI.GAP Onlus, Nanni Cerina, ha ricordato che il comune di Carbonia è particolarmente sensibile a queste tematiche: è uno dei primi in Sardegna ad aver adottato un Regolamento sulle sale gioco, estendendo (primo in Sardegna) le limitazioni previste per le sale da gioco alle agenzie di scommesse e sale bingo. Carbonia è anche uno dei pochi Comuni sardi a promuovere corsi di prevenzione per un problema gravemente sottovalutato e pericolosamente diffuso in tutta Italia e in Sardegna in particolare, dove il dato sul gioco d’azzardo è più alto del 25% rispetto alle altre Regioni.

L’intervento dell’ASSI.GAP Onlus prevedeva la somministrazione di un questionario per rilevare i comportamenti dei più giovani, intraprendendo un percorso che dimostrasse ai ragazzi che il “Gioco d’azzardo” non è un gioco, non conserva nulla del valore ludico del gioco (socializzazione, divertimento e crescita), al contrario crea dipendenza, provocando problemi alla salute, a livello fisico e mentale.

Il 40,5% dei 380 ragazzi, tra i 10 e i 15 anni, delle scuole coinvolte ha speso soldi, almeno una volta, in giochi d’azzardo, di cui quasi la metà (49%) nell’acquisto di gratta e vinci e il 31% in altri giochi come lotto, superenalotto e ticket redemption (giochi con premi non in denaro).

La psicologa Martina Carta, che ha studiato i risultati dei questionari, ha rilevato che i ragazzi conoscevano il problema, ma in modo superficiale. Pur conoscendo il fenomeno e i rischi, i giovani studenti non ne riconoscevano la gravità, proprio per la leggerezza con cui socialmente si spendono i soldi in qualsiasi forma di gioco d’azzardo, facendolo sembrare innocuo e nascondendo le sue terribili conseguenze.  

Il problema fondamentale, infatti, è che le cartelle da grattare nella speranza di una vincita in denaro, qui come nel resto d’Italia, non sono percepite come Gioco d’azzardo, come se il fenomeno fosse “cronicizzato”“normalizzato”. Mentre fenomeni come la droga creano allarme sociale, il gioco d’azzardo non viene disapprovato, al contrario è tollerato, sottovalutato e promosso continuamente dalle diverse campagne pubblicitarie.

È necessario incidere profondamente su queste abitudini e produrre un cambio culturale in cui l’azzardo non sia più la normalità, ma sia riconosciuto per quello che realmente è: un pericolo.

I ragazzi, che in Italia hanno un accesso troppo facile a qualunque tipologia di azzardo,  non devono essere esposti, neppure indirettamente, a slot machine, gratta e vinci o giochi on line.

Di questo devono rendersi conto soprattutto i genitori, principali figure di riferimento dei giovani. Alcuni ragazzi hanno frequentato e frequentano le sale giochi per minori situate in Sardegna (non nel Sulcis), spesso accompagnati dagli stessi genitori, che presumibilmente ignorano il potenziale danno per la salute psicofisica dei propri ragazzi: la fascia adolescenziale è quella con una maggiore propensione al rischio ed una più alta vulnerabilità, che la rende pericolosamente esposta alla possibilità di sviluppare una dipendenza.

L’interesse, la curiosità e la partecipazione dei ragazzi al progetto “Azzardo: non chiamiamolo gioco” è stato, comunque, molto positivo. Questo dato fa ben sperare nei risultati dell’azione formativa.

Il prossimo passo sarà la presentazione dei risultati a ciascuna Scuola con una discussione capace di coinvolgere insegnanti, genitori e ragazzi. Si lavorerà anche per allargare il target coinvolto, con il plesso scolastico che non ha potuto partecipare per problemi organizzativi interni, e con le scuole superiori di competenza della ex provincia di Carbonia Iglesias.  

Si è conclusa a Rom
Elio Cancedda, agent

giampaolo.cirronis@gmail.com

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