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Il Piano Sulcis è uno strumento, non la soluzione. Prendiamo atto che, seppur molto lentamente, per il presidente della Regione Francesco Pigliaru i progetti contenuti nel Piano si stanno attuando (sarebbe tuttavia bene attendere il giudizio dei cittadini, prima di rallegrarsi), ma dobbiamo andare oltre, cercando risorse da investire in nuove strategie. Non possiamo accontentarci di bonifiche (il minimo per un territorio consacrato per anni all’industria e poi abbandonato al suo destino, e peraltro ancora ferme) e infrastrutture, che ci spettano di diritto e non sono una gentile concessione dei governi regionale e nazionale, giacché i nostri collegamenti sono da terzo mondo. Il Piano Sulcis non ha fatto altro che mettere a sistema risorse che erano già del Sulcis. Nessun regalo, insomma, né un premio, bensì qualcosa di scontato. È forse necessaria una norma speciale per accelerare le procedure? Bene, la si faccia ma si abbia il coraggio di guardare avanti, superando l’impostazione che ci ha portato al Piano. Lavoriamo per normalizzare la situazione, creando quelle condizioni in cui fare impresa nel Sulcis non sia un azzardo bensì un’opportunità. È vero che i cantieri (tra bonifiche e infrastrutture) sono determinanti per un primo passo verso il rilancio, ma dobbiamo proiettarci in direzione di una nuova programmazione che non può essere fatta solo con le risorse. È necessario cambiare il sistema, stravolgendolo dalle basi. E i temi chiave, intimamente legati tra loro, sono: semplificazione e nuova pianificazione urbanistica dedicata al territorio; cultura; fiscalità di vantaggio non più a tempo; valorizzazione dell’agricoltura.
Quanto al primo punto, guardiamo a una grande partita aperta sull’urbanistica e sull’edilizia, che in qualche modo faccia convergere su una soluzione unica per il Sulcis Iglesiente. Non, tuttavia, una grande deroga per il territorio in merito a PPR e Legge urbanistica regionale, sebbene nei lavori di preparazione del Piano, Pigliaru e Paci avessero addirittura avanzato l’ipotesi di venire meno al Piano Paesaggistico Regionale. Parliamo invece di poter discutere le regole dell’edilizia e dell’urbanistica per proiettarci verso il “dopo Piano Sulcis”, con lo scopo di attrarre risorse private e non più (finalmente) soltanto pubbliche.
Seconda questione: investire nella cultura creando una grande cittadella dell’archeologia nel triangolo Sant’Antioco, Sirai, Parco Geominerario, per la ricerca e la ricettività: fare sistema per dare vita a un altro soggetto votato alla ripartenza.
Fiscalità di vantaggio: non più uno strumento concepito a tempo, ma duraturo. Così come è oggi, infatti, non è sufficiente: la fiscalità va resa strutturale. Come? È necessario che il gettito ottenuto dalla Regione per la compensazione della fiscalità delle imprese del Sulcis, venga utilizzato per creare un fondo rotativo che dia continuità nel tempo. Anche perché questi erano i patti a suo tempo sottoscritti. E, vista la dimensione delle nostre imprese (soprattutto autoimprenditorialità), si deve consentire anche al titolare dell’azienda di poter compensare la propria fiscalità.
Infine, la questione agricoltura. Si lavori per raddoppiare la superficie infrastrutturata delle campagne: ciò vuol dire portare l’acqua nella zona di Perdaxius, Sant’Anna arresi, Narcao. Insomma, là dove oggi l’acqua non arriva e dove fare agricoltura, a prezzi di mercato, è praticamente impossibile.
Per questa nuova fase la spinta deve venire dai cittadini. Passiamo a un’altra era, dando al Sulcis Iglesiente l’opportunità di camminare con le proprie gambe senza dover ricorrere alla stampella dell’aiuto pubblico. Il nostro territorio deve diventare un nuovo modello Salento. Ma per fare questo dobbiamo superare la mentalità “Piano Sulcis”.
Ignazio Locci
Consigliere regionale Forza Italia Sardegna