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L’arte espressionista per una “Mobilit-Azione” in nome della cultura e della libertà d’espressione: al Teatro Centrale di Carbonia domani, giovedì 4 febbraio, alle 20.45, va in scena lo spettacolo di “corpi in esposizione” del Teatro Actores Alidos, ideato e diretto da Gianfranco Angei, pensato come un variegato racconto per quadri sul dramma dell’esistenza umana, inserito nella stagione de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare della Sardegna.
Un’affascinante e coinvolgente pièce (ideale prosecuzione del percorso iniziato con “(S)mobilit-azione – Esposizione s/composta di corpi in r/esistenza disse/minati nel teatro”) per una riflessione sul ruolo dell’arte – e in particolare del teatro – nella società, attraverso l’osmosi e la contaminazione di codici e linguaggi differenti caratteristica del postmoderno, alla ricerca di una nuova estetica capace di raccontare il presente.
“Mobilit-Azione” è una performance/ installazione, interpretata da Valeria Pilia, Manuela Sanna, Roberta Locci, Valeria Parisi, Manuela Ragusa, Michela Atzeni, Felice Montervino, Federico Saba e Mariano Anni, che si ispira alle avanguardie del primo Novecento per rappresentare le infinite contraddizioni, le differenze e le ingiustizie, l’astrazione del potere e la distanza siderale tra governanti e sudditi, la ferocia della guerra e i mezzi di distruzione di massa, il mito del consumismo e l’omologazione, la corruzione della coscienza e la pericolosa vertigine del potere.
La potenza evocativa del teatro, la sua capacità di far accadere tutto nella dimensione dell’hic et nunc, “qui e ora” direttamente sotto lo sguardo degli spettatori, sollecitando una reazione e un’empatia profonda si intreccia alla fusione di etica ed estetica dell’Espressionismo, capace di dar voce alle emozioni, a ciò che avviene oltre le apparenze, attraverso “gli occhi dell’anima”.
Una trama onirica e visionaria, sospesa tra realtà e sogno, per un vivace affresco della società, da cui affiorano debolezze e vizi e (rare) virtù, il ritratto di un’umanità sofferente, prigioniera di assurdi riti come di pregiudizi e paure, ma quasi ignara della propria condizione: la tristezza celata sotto il belletto delle convenienze, dietro la maschera irridente della morte in un tragico cupio dissolvi, scaturisce dalla rinuncia agli ideali, alle speranze, al desiderio di trasformare e migliorare il mondo.
La verità lascia il posto ad una piacevole menzogna, ci si consola in un’illusione di felicità, abbandonandosi ad un’orgia consumistica, rinunciando all’essere per il gusto dell’apparire, ma resta nel fondo della coscienza una vaga consapevolezza di quel che siamo e dovremmo essere, dei diritti e dei doveri, dell’ingiusto predominio della forza, del pericolo di un ritorno alla barbarie e della perdita della bellezza.
“Mobilit-Azione” è un manifesto della ribellione contro i tagli alla cultura, simbolo di una perdita di significato e valore di quel patrimonio materiale e immateriale costruito attraverso secoli e millenni, fatto di idee e intuizioni, passioni e creatività: una scelta dissennata, perfino incostituzionale, che parrebbe risultato di una precisa volontà di ostacolare ed eliminare ogni forma di dissenso, ogni spazio di riflessione, discussione e confronto sulla società e il bene comune. L’arte in tutte le sue forme e declinazioni ha rappresentato uno dei punti più alti della civiltà, l’espressione di un sapere in cui si fondono tecnica e talento, immaginazione e dialettica con il passato, frutto del genio individuale e insieme di una memoria collettiva, al fine di suscitare emozioni, in una sintesi perfetta di etica ed estetica.
La rivolta degli artisti si esprime attraverso il linguaggi della scena, con chiari rimandi alla pittura, in una sequenza di quadri animati che si compongono e scompongono affrontando temi cruciali in forma allegorica, con i toni grotteschi della satira, smascherando l’ipocrisia e il perbenismo, le ingiustizie e gli abusi del potere, mostrando l’orrido volto della guerra e dello sfruttamento a fronte del triste banchetto dei “grandi” della terra, ironicamente trasfigurato in danse macabre.
Uno spettacolo di forte impatto, e grande eleganza, che risolve attraverso la cifra espressionistica, nel duplice senso di una critica dei valori della borghesia, del materialismo e dei processi di mercificazione, e della rivelazione dei tormenti dello spirito in un’epoca travagliata e irta di contraddizioni. In un raffinato, e moderno kabaret, sfilano le icone del potere e della corruzione, tra musica e canzoni e numeri di clownerie, in un divertissement dall’umorismo decisamente “nero”, capace di far sorridere (delle nostre disgrazie presenti, passate e future) e pensare.
Nella finzione del teatro, si ottiene la più profonda verità, intuibile al di là delle apparenze; e come sottolinea Gianfranco Angei nelle note di regia: «A cavallo tra visibile ed invisibile, tra sogno e realtà, la nostra azione teatrale (da sempre impegnata a far coincidere arte e vita), così come il colore nell’Espressionismo, non vuole significare bensì esprimere, senza distinzione tra corpo e anima.»