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Il piano di eradicazione della peste suina africana procede secondo le tabelle di marcia definite dalla Regione. Il punto della situazione è stato fatto questa mattina dalla Commissione “Attività produttive” del Consiglio regionale che ha sentito in audizione gli assessori della Sanità e dell’Agricoltura, Luigi Arru ed Elisabetta Falchi, il direttore generale dell’Unità di progetto Alessandro De Martini e il direttore generale dell’assessorato all’agricoltura Sebastiano Piredda.
Dai dati forniti dall’Unità di progetto risulta che al 30 novembre scorso, termine ultimo per l’emersione degli allevamenti clandestini, 434 allevatori hanno presentato richiesta per regolarizzare la loro posizione. La maggior parte delle istanze sono arrivate dal nuorese, con 260 domande presentate (59,9%), e dal sassarese dove la Asl 1 ha preso in esame 70 richieste (16%).
Chiusa la finestra per l’emersione, l’Unità di progetto è andata avanti nel programma di eradicazione della Psa. Si è prima proceduto, con l’ausilio del Corpo Forestale e dei Servizi veterinari, ai controlli e all’individuazione delle situazioni irregolari. Contestualmente è stata monitorata anche la fauna selvatica con 12.700 prelievi sui cinghiali. Solo dopo questi passaggi si è dato avvio alla fase di “depopolamento” dei capi infetti o clandestini. Finora sono stati abbattuti 335 suini, 100 dei quali a Orgosolo nella zona di Pradu, tradizionalmente interessata al pascolo brado.
«Rispetto al passato è cambiato l’approccio alla questione – ha detto il direttore generale dell’Unità di progetto Alessandro De Martini – la peste suina non è solo un problema sanitario ma investe aspetti economici e socio-culturali. La malattia è strettamente connessa al pascolo brado. Il piano di eradicazione prevede l’eliminazione delle fonti residue di virus nelle province storiche di Cagliari, Sassari e Oristano, per poi procedere con azioni centripete verso l’area più a rischio del Nuorese».
Un’azione efficace, secondo i dati forniti dall’Istituto Zooprofilattico, i focolai domestici e selvatici sono sensibilmente diminuiti nell’ultimo triennio: dai 176 casi del 2013 si è passati ai 110 del 2014 per arrivare ai 62 del 2015.
«La lotta alla Psa è un’azione strategica per favorire lo sviluppo economico delle zone interne – ha detto l’assessore alla Sanità Luigi Arru – la peste suina africana è paragonabile al virus HIV, non sono gli abbattimenti a mettere a rischio la razza autoctona sarda ma la persistenza della malattia. Siamo dispiaciuti per le tensioni registrate a Orgosolo e Desulo. Noi siamo favorevoli al dialogo, si deve però capire che eliminando il virus ci saranno benefici per tutti. L’esperienza della Spagna è emblematica, gli allevamenti semibradi del suino nero in Extremadura sono al quinto posto per la produzione del pil agricolo iberico».
Uno strumento importante per convincere gli allevatori a emergere dalle situazioni di clandestinità è rappresentato dal nuovo Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 cha al suo interno contiene una misura specifica per il benessere animale dei suini, ottenuta dopo una lunga trattativa con la Commissione Europea.
«Saranno messi a disposizione 50 milioni di euro nei prossimi sette anni per aiutare il percorso di regolarizzazione – ha sottolineato l’assessore all’agricoltura Elisabetta Falchi – anche i piccoli allevamenti domestici potranno accedere ai benefici. E’ la strada giusta per valorizzare la qualità delle nostre produzioni, immetterle sul mercato e ottenere la giusta remunerazione».
La misura del Psr punta alla nascita di nuove aziende produttive. Negli ultimi anni il patrimonio suinicolo della Sardegna si è infatti dimezzato. Se nel 2010 il numero dei maiali superava le 270mila unità oggi non si arriva a 170mila e l’80% della carne consumata nell’Isola viene importata. «La Sardegna potrebbe diventare centro di produzione genetica d’Europa – ha detto il direttore generale dell’assessorato all’Agricoltura Sebastiano Piredda – contiamo di aprire la misura del Psr entro marzo».