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E’ iniziata con un video dalle immagini molto forti la presentazione del libro “Memoria negata”di Marisa Brugna, presso la biblioteca comunale di Iglesias, giovedì 7 aprile.
«La vita mi ha tolto tanto… però poi mi ha ridato..» sono le prime parole di Marisa al pubblico e poi ci regala un abbraccio simbolico ed un applauso per essere andati a sentire «storie lasciate fuori dalla storia», un dramma vissuto dai civili vissuti in un campo profughi per lungo tempo… “campo profughi” e la mia testa scatta, prosegue, ho raccontato tanto in questo libro e nel pubblicarlo ho ricevuto molti consensi, ma… non bastano a riscattarmi da un’offesa che ancora brucia!
«Sono stata una bambina che viveva chiusa in un reticolato, con un poliziotto all’ingresso, ho indossato abiti militari e porto ancora i segni del ricordo di essere stata molestata. Ero una bambina diversa che non poteva giocare con gli altri, mi vestiva la Croce Rossa, facevo la fila per il cibo.
Mi guardavano con derisione…
Ero una bambina che lì dentro è diventata donna, una bambina che ha assorbito la propria identità, non avevamo niente, solo fame e miseria… ma abbiamo traghettato la nostra identità, abbiamo cantato le nostre canzoni e cucinato i nostri piatti…
Mamma andava a servire, papà lavorava ogni volta che lo chiamavano, entrambi ci raccomandavano sempre di fare da bravi, di avere creanza! Ma io ero arrabbiata… perché dovevo rispettare tutti… mio padre era stato sputato e additato come sporco profugo.
Gli eroi non sono solo con le armi, ma anche quando riescono a trascinare la propria vita… mio padre lo era!
Avevo poco più di 6 anni, credevo di partire per un viaggio, ero ignara di quel che a poco sarebbe successo, stavo per iniziare a vivere un dramma e non lo sapevo ancora… intorno a me tutti piangevano, dalla barca salutavano il loro Paese… non lo avrebbero più rivisto… i croati avrebbero occupato le loro case…
Ero piccola e anche in un campo profughi quando si è piccoli si gioca… ma i discorsi dei grandi ti entrano dentro… vedi la morte in faccia… i vecchi, ma poi anche i giovani con la tubercolosi… vivi tra gli scarafaggi e i pidocchi… vivi sotto tendoni di plastica.
Poi, un bel giorno, ti dicono che devi raggiungere il preventorio, ti promettono che starai bene ma… non ti avvisano della cattiveria della direttrice che, gelosa del rapporto tra me e la maestra, inizia a punirmi, a isolarmi, a staccarmi dalle compagne e a quel punto… non ho più fame, mi vengono i conati di vomito, vorrei scrivere alla mamma che me ne voglio andare, ma lei mi fa scrivere che sto bene e voglio rimanere. La direttrice continua a trattarmi male… mi fa segare la legna in mezzo alla neve e mi obbliga a chiamarla mamma…
Quanto era cattiva… un giorno mi obbligò a rimangiare la minestra di lenticchie che avevo vomitato!
Non mi permetteva di bere ed io non riuscivo a mandar giù quel mangiare schifoso…
Un giorno la mamma venne finalmente a trovarmi, la direttrice mi fece uscire a pranzo con lei, mi chiese di rimanere ancora ed io accettai… era vestita a lutto…la nonna, mi disse, la nonna non c’è più!
Dopo due mesi rientrai al campo… mi mancava la nonna e con altre bambine mi affezionai ad un signore del posto, ci faceva giocare, noi ci divertivamo ma… lui… nel frattempo ci toccava… un giorno mi fece male…
Mi confessai, lo raccontai ma tutto fu messo a tacere, non ottenemmo giustizia perché non c’era stata violenza.
Quell’episodio mi cambiò, diventai un po’ trasgressiva, rubacchiavo, diventai cattiva con la mamma… a scuola però ero brava… tanto brava!
Alla fine della quinta elementare volevo dare l’esame di ammissione, ma ero povera e non avevo i soldi per andare a lezione… la mia compagna era ricca… lei sì che aveva i soldi… avrebbe dato l’esame di ammissione anche se non era brava quanto me.
Allora un giorno, stanca delle sue angherie, arrabbiata perché mi veniva negato qualcosa che mi meritavo, mi nascosi tra i cespugli e vedendo dove andava Emma, la mia compagna ricca, la seguii.
Impavida dissi alla signorina che le dava lezioni private, che volevo studiare…
Inizialmente lei mi rimproverò, ma poi mi lasciò seguire con Emma…
Appena scoprì le mie capacità mi disse di voler parlare con mia madre.
Qundo rientrai ormai tutti si erano accorti della mia fuga e mi stavano cercando.
Il giorno dopo mi obbligarono a riandare da quella signorina in compagnia di mia sorella per chiedere scusa per il disturbo arrecato.
Questa bambina sta sfidando il mondo intero e io la voglio preparare gratis, disse la signorina a mia sorella.
Emma fu bocciata… ed io divenni una studentessa modello! Una di quelle con i voti delle figlie di papà!
Dopo 50 anni quasi per caso scopro dove vive la signorina…quella signorina… la signorina Andreina Frassini, la ringrazio, le porto dei fiori… lei commossa mi dice… nessuno lo aveva mai fatto.
Nel febbraio del 1959 finalmente la mia profuganza finiva… con la mia famiglia ci trasferimmo in Sardegna… un’isola in cui mi trovai subito bene… il destino poi di lì a poco rese questo legame indissolubile… diventai la moglie del signor Murgia!
La vita mi ha tradito… però mi ha anche dato tanto… ho apprezzato tutto, in virtù del nulla!
Ogni giorno è una conquista!
Ora ho 3 figli che onorano questo cognome sardo e tra i nipoti ne ho uno di 18 anni che è venuto in Istria con me… che mi ha accompagnato a vedere dove hanno vissuto i bisnonni… la terra che si è inchinato a raccogliere per metterla in un barattolo e portarla con sé.
Un nipote, il caro Mattia, che ha fatto sua la mia storia arrivando a raccontare questo disagio in un tema scolastico… lasciando tutti increduli…
Solo poche parole al professore che ha dubitato non fosse farina del suo sacco… Il mio testimone passerà a lui! Non me lo distolga…
Questo libro che oggi vi ho presentato ha avuto tanti consensi insperati, inaspettati… di ciò sono molto contenta…
Questa memoria è il collante che tiene insieme la nostra identità… dobbiamo ricordare il passato… bisogna conoscere per ricordare, insegnare e comunicare, esternare, raccontare la verità.»
Una verità tenuta nascosta, una verità svelata pian piano, un passato che lascia ferite aperte, ferite che anche a distanza di tempo chiedono di essere curate, un’infanzia rubata e martoriata da ricordi crudi, da privazioni, da parole non dette, da desideri repressi… un’infanzia che Marisa ha avuto il coraggio, l’ardire di raccontare nel suo libro… quasi a voler gettare un ponte tra quei tempi lontani e il nostro oggi…
Un libro per riflettere, per evitare di ripetere nefandezze umane che hanno seminato morte e che hanno dilaniato i cuori lasciando traumi indelebili.
Nadia Pische