Mozione di Rossomori, Sel, Psd’Az e Cps sulle ricadute negative della riforma costituzionale per la Sardegna e la revisione dello Statuto.
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«Il progetto di riforma costituzionale su cui i cittadini saranno chiamati a pronunciarsi con il referendum, al di là degli effetti politici generali, avrà pesanti ricadute negative anche sull’autonomia speciale della Sardegna.»
Lo ha dichiarato il consigliere regionale dei Rossomori Paolo Zedda, primo firmatario di una mozione sottoscritta anche da consiglieri di Sel, Psd’Az e Cps, con cui si sollecitano il presidente della Regione e quello del Consiglio (per le rispettive competenze) ad assumere una posizione forte a difesa dell’autonomia regionale.
Nel dispositivo della mozione, in concreto, si impegna il presidente della Regione «ad esplicitare la contrarietà della Regione alla riforma costituzionale ed a promuovere le opportune iniziative per favorire il più ampio dibattito fra le forze politiche». Al presidente del Consiglio, invece, viene rivolto l’invito ad adoperarsi «per dare attuazione alla risoluzione n. 3/2014 sul Percorso delle riforme» che dovrà portare alla scrittura di una nuova “Costituzione sarda”.
L’on. Paolo Zedda, nel suo intervento, si è soffermato in dettaglio sulle conseguenze reali che potrebbe avere l’approvazione della riforma costituzionale in Sardegna, con particolare riferimento «alle materie finora con competenza concorrente come energia e ambiente che passerebbero interamente allo Stato, con in più una clausola di supremazia che lo Stato potrebbe esercitare anche su materie di competenza regionale davanti ad un non meglio precisato “interesse nazionale”».
Sulla possibilità che la riforma produca tali effetti in Sardegna (come nelle altre Regioni a Statuto speciale) soltanto dopo la revisione degli Statuti, l’esponente dei Rossomori, ha espresso molte preoccupazioni, “sia perché la fase di transizione sarebbe caratterizzata da provvisorietà ed incertezza su contenuti e tempi sia perché non ci convince il riferimento all’intesa con lo Stato sul nuovo Statuto, che si colloca in un rapporto istituzionale non paritario”
«In definitiva – ha concluso l’on. Paolo Zedda – la riforma ha un impianto centralista ed esprime una filosofia opposta alla nostra, noi siamo per la tutela delle minoranze e delle componenti identitarie della società e nello specifico vogliamo affermare la nostra specialità sarda fondata la storia, la lingua e la cultura.»
L’on. Emilio Usula (Soberania-Indipendentzia) ha ripreso il tema dell’applicazione della riforma alla Regioni speciali, sostenendo fra l’altro che «molte delle nostre competenze saranno cancellate o ridotte mentre noi vogliamo poter decidere su materie come energia, ambiente e fisco».
Il capogruppo di Sel Daniele Cocco ha affermato che «lo scopo della mozione è aprire un dibattito ampio e partecipato in Sardegna, per scardinare la logica del pensiero unico nazionale che lascia nell’ombra i problemi concreti dei sardi; con la riforma degli Enti locali abbiamo stabilito il principio della perequazione fra territori e contrasteremo in ogni modo un nuovo progetto centralista che porterebbe ad una ulteriore marginalizzazione delle periferie».
«Sul piano politico – ha detto il consigliere sardista Christian Solinas – emerge che una significativa componente del Consiglio regionale ha sulla riforma una visione comune che va oltre gli schieramenti; non siamo interessati ad un referendum sul Governo nazionale ma ci interessa molto lavorare per la Sardegna di domani». «Di qui – ha aggiunto – l’impegno per il nuovo Statuto che, secondo noi, dovrà scaturire da una Assemblea costituente aperta a tutte le componenti della società sarda».
Per il Cps il capogruppo Pierfranco Zanchetta ha espresso tutte le sue riserve nei confronti di «una riforma che ha come obiettivo finale la cancellazione delle Regioni, noi crediamo invece che la Regione sarda vada ricostruita su basi nuove puntando molto su uno schema di federalismo interno che valorizza i Comuni».
Il presidente della commissione Autonomia Francesco Agus, di Sel, ha illustrato nel dettaglio l’impatto concreto della riforma sull’ordinamento regionale. «Il Consiglio – ha osservato – dovrà fare i conti con i risultati del referendum, quali che siano, e credo che la commissione Autonomia debba confrontarsi valutare da subito su alcuni aspetti, dall’organizzazione della Regione alla stessa riforma degli Enti locali, con realismo e con attenzione particolare ai problemi finanziari». «Anch’io – ha aggiunto – sono convinto che l’attacco complessivo al regionalismo non risparmierà le Regioni speciali; è vero che il sistema regionale nel suo complesso non è stato capace di auto-riformarsi ma, proprio per questo la Sardegna deve muoversi in modo intelligente, spiegando ai cittadini i rischi della riforma e proponendo progetti forti di auto-riforma».
Il consigliere di Cps Antonio Gaia, infine, ha lamentato che «la riforma, nei fatti, aumenta la distanza fra cittadini, politica ed istituzioni; con la riduzione della rappresentanza calerà ancora la partecipazione alla vita pubblica e questo è un male per la democrazia che non determina nessun aumento di efficienza e nessun risparmio».
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