L’ormai quasi certa nomina del manager ligure Fulvio Moirano alla guida della Asl unica sta creando nuove tensioni nel centrosinistra sardo.
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L’ormai quasi certa nomina del manager ligure Fulvio Moirano, dal luglio 2014 direttore della sanità piemontese, dopo aver diretto dal 2009 al 2014 Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari, sta creando nuovi problemi nella maggioranza di centrosinistra che sostiene la Giunta Pigliaru. Dopo lo stop alla candidatura di Francesco Nicola Zavattaro, imposto a Pigliaru sia all’interno della Giunta sia da alcuni partiti della maggioranza, nei giorni scorsi sembrava aver preso consistenza la candidatura di Giorgio Sorrentino, attuale commissario straordinario dell’Azienza ospedaliero-universitaria di Cagliari, ma il presidente Pigliaru non ha abbandonato la strada intrapresa per portare un “continentale” alla guida della sanità sarda, strada che lo ha portato in Piemonte, dove opera, con grandi consensi, Fulvio Moirano.
La scelta di un manager “continentale” continua ad avere forti oppositori, tra i quali c’è l’assessore dei Lavori pubblici Paolo Maninchedda, leader del Partito dei Sardi, forza politica in continua ascesa, sia numerica sia di incidenza sulle scelte strategiche della coalizione. Stamane, nel suo blog “Sardegna e Libertà – Magazine”, Paolo Maninchedda ha scritto un intervento che nella prima parte si sofferma dettagliatamente sull’imponente lavoro svolto dal suo assessorato (è di ieri l’approvazione della legge di riforma di Area, l’Agenzia regionale per l’edilizia abitativa) e nella seconda dedica un passaggio durissimo alla scelta del manager che andrà a guidare la Asl unica nell’Isola.
«Mentre una persona si fa un mazzo tanto, nel frattempo accade che arriva Moirano – scrive Paolo Maninchedda -, ma non in colloqui diretti fra assessori, no, così sarebbe troppo democratico e volgare, troppo ordinario, arriva oggi dagli organi di stampa e nei giorni scorsi dal gossip dei corridoi e da qualche gentile confidenza di qualche raffinato collega della Giunta. Lo schema, di una violenza degna delle spade insanguinate del Settecento, sempre accompagnate da cipria e vasellina, è che prima si inchioda per benino il prigioniero, poi gli si chiede di dialogare. E infatti il prigioniero ripercorre a memoria tutto il turpiloquio appreso sui banchi di scuola e non trova la parola giusta da dirsi, ma consuma gli affetti, quelli li consuma fino in fondo.
Prima di tutto la verità. Mesi fa il Presidente ci aveva, come dire, scandagliato sul curriculum di Moirano che è oggettivamente indiscutibile, ma è anche vero che noi avevamo detto e continuiamo a dire che esistono in Sardegna le risorse umane, culturali e professionali per affrontare la sfida audace della Asl unica, ossia di una Asl, voluta contro la nostra posizione, di 24.000 km/quadrati e di un milione e mezzo di abitanti, che agirà in territori con orografia, infrastrutturazione e istruzione assolutamente diseguale. I giornali dicono che Moirano è una scelta del Presidente ed è vero; noi la subiamo per ragion di Stato, come abbiamo subito la Asl unica e vigileremo su come il differenziale curricolare si tradurrà in un differenziale di risultato. Nel frattempo tutto ciò che avevamo detto sulla sanità sarda si sta avverando ed è uno scenario tutt’altro che rassicurante, sia in termini finanziari che di servizi; nel frattempo, ovviamente, la Versailles delle siringhe ha già prenotato contee e marchesati, baronie e viscontati in camice bianco, sempre però ostentando in pubblico il candido volto delle vergini immacolate. A noi piacciono le donne praticanti, quelle che amano la vita e rimangono caste (concetto troppo complesso per la volgarità dei tempi, che mi riservo di spiegare in un sermoncino domenicale su che cosa sia realmente la castità, che è cosa diversa dall’astinenza). Noi siamo convinti che le grandi riforme hanno bisogno di profonde conoscenze, di grandi capacità di dialogo, di impegno di tutta la classe dirigente per raggiungere il risultato. Noi vogliamo trasformare la classe dirigente sarda in classe dirigente di Stato; non la odiamo; non la disprezziamo e vogliamo lavorarci. Su questi temi ci si confronterà, in pubblico però, non in privato.»
«Leggo poi sul giornale che Nicola Selloni, segretario del CD, lamenta sul piano umano una telefonata mancata. Sull’adesione di Roberto Desini al Partito dei Sardi sono state dette e scritte cose così gravi e volgari che, per abitudine, penso debbano essere fatte decantare, perché alla lunga la verità, che è semplice e banale e legata alla bellezza della libertà umana e alla complessità dei rapporti umani (appunto), verrà fuori e allora è probabile che le persone oneste che in passato ho conosciuto sentiranno lo scrupolo di chiedere scusa. Nel frattempo, una certezza – conclude Paolo Maninchedda -: noi non siamo a caccia di nuovi ruoli e responsabilità, siamo a caccia di un pronunciamento forte del Presidente sui temi della sovranità sarda; noi vogliamo andare alle prossime elezioni sotto la bandiera dell’indipendenza della Sardegna.»
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