25 November, 2024
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Italia Nostra di Sant’Antioco si schiera contro il nuovo ponte: «Un’opera inutile in tempi di crisi».

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Italia Nostra di Sant’Antioco è contraria al progetto che prevede la realizzazione di un nuovo ponte di accesso all’Isola.

«La Spaini Architetti Associati assieme ad altri studi tecnici si è aggiudicata i giorni scorsi il primo premio nella gara per la progettazione esecutiva della circonvallazione di Sant’Antioco e del nuovo ponte di collegamento dell’isola col resto della Sardegna. “Tali opere consentiranno il passaggio di imbarcazioni a vela di grosse dimensioni, alle quali è attualmente impedita la navigabilità” si legge nel Piano Sulcis che ha previsto un importo di spesa intorno ai 70 milioni di euro per la realizzazione dell’opera – si legge in una nota di Italia Nostra -. A Sant’Antioco esisteva un problema di cui pochi avevano avvertito l’importanza e l’urgenza: il passaggio sotto il ponte delle imbarcazioni a vela di grosse dimensioni! Quello che non spiega il Piano Sulcis è la destinazione di queste imbarcazioni: perché devono passare sotto il ponte, dove sono dirette? E’ davvero importante poter prendere la “scorciatoia della laguna”, risparmiando di circumnavigare l’isola di Sant’Antioco, per queste grosse imbarcazioni che navigano in lungo e in largo per il mar Mediterraneo o che magari vengono dall’oceano Atlantico? E’ giustificata la spesa di 70 milioni di euro per far risparmiare qualche ora di navigazione a delle barche dirette chissà dove?»

«Pensavamo che una comunità intelligente dovesse attrezzarsi per meglio ospitare e supportare le imbarcazioni e non invece fornire vie di fuga perché possano allontanarsi più velocemente! E’ bene ricordare che “la scorciatoia” si realizzerà a danno della laguna di Sant’Antioco, un ecosistema importante classificato Important Bird Area (IBA), fonte di reddito per numerose famiglie di pescatori, ricco di biodiversità e per questo molto fragile e delicato – aggiunge Italia Nostra -. Essa ospita ancora importanti praterie di posidonia che oltre a contribuire all’ossigenazione delle acque rappresentano un sicuro rifugio per uova e avannotti di diverse specie ittiche, oltre che per tanti molluschi come la preziosissima pinna nobilis. Pensare di trasformare la laguna in una corsia per aliscafi, in una pista per idrovolanti, o in autostrada per grossi natanti da diporto significherebbe vanificare il lavoro di recupero e di risanamento fatto negli ultimi decenni per condannarla nuovamente al degrado e portare a morte certa il suo ecosistema unico e irripetibile. Se la vera motivazione per la costruzione del nuovo ponte è solo quella del passaggio delle grosse barche nella laguna, è bene affrontare seriamente tutte queste questioni prima di decidere di demolire un ponte in cemento armato realizzato trent’anni fa, dall’apparenza abbastanza solida e certamente in grado di sopportare la viabilità per molti anni ancora. In Sardegna si transita ancora sui ponti in pietra costruiti dai romani, su ponti medioevali e su altri più recenti che hanno diversi secoli di vita. Un solo esempio: il ponte in trachite rossa sul Temo, a Bosa, costruito nel 1871 è tutt’ora aperto al traffico automobilistico. E’ abbastanza normale piuttosto che questa infrastruttura abbia necessità dopo trent’anni di una manutenzione ordinaria e eventualmente straordinaria. Nel caso in cui presentasse problematiche strutturali potrebbe necessitare di eventuali interventi più radicali, ma non per questo deve essere demolito.»

Italia Nostra ritiene che assieme all’ipotesi di realizzare un nuovo ponte, sia opportuno analizzare le diverse criticità esistenti nell’isola per meglio capire i reali bisogni e le necessità degli abitanti dell’arcipelago e stabilire quindi le priorità.

«Tra le infrastrutture più importanti ed essenziali per la comunità isolana (abitanti di Calasetta e Sant’Antioco, ma anche gli abitanti di Carloforte obbligati a transitare per questa isola) si ritiene necessario privilegiare quelle che siano in grado di garantire:

1. un collegamento rapido e sicuro verso l’isola madre, unica via per raggiungere il capoluogo sardo, l’aeroporto e il porto;

2. un collegamento marino tra laguna e golfo di Palmas che garantisca il ricambio idrico della laguna e che consenta alle imbarcazioni dei pescatori di transitare dalla laguna al golfo e viceversa;

3. un collegamento veloce tra Calasetta e Carbonia alternativo rispetto all’attuale: un percorso a basso impatto ambientale che eviti il centro abitato di Sant’Antioco e l’attuale tratto di SS 126 – Sant’Antioco/Carbonia – ormai trasformato in una lunga periferia urbana;

4. un approdo in grado di ospitare le imbarcazioni e offrire servizi alla marineria locale, categoria da sempre bistrattata e in perenne stato di precarietà;

5. la riconversione del porto commerciale in porto turistico che sia in grado di ospitare anche grosse imbarcazioni e di fornire supporto logistico;

6. bonificare e recuperare l’area ex Sardamag da destinare ad attività compatibile con il centro urbano adiacente, col mare e con l’infrastruttura portuale esistente e da ristrutturare;

7. tutelare il mare dell’arcipelago, a garanzia della biodiversità e della salubrità delle acque, anche attraverso l’istituzione di un’Area Marina Protetta.

Probabilmente esistono anche altre criticità, ma è bene soffermarsi su queste che a nostro parere appaiono tra le più importanti ed urgenti.

L’attuale ponte è già oggi in grado di soddisfare i punti 1 e 2, per il punto 7 (realizzabile a costo zero) è necessaria una volontà politica finora assente, gli altri quattro punti, tutti fondamentali e urgenti non trovano risposta oggi e non la troveranno neppure col nuovo ponte, ma potrebbero essere soddisfatti con i 70 milioni di euro che si risparmierebbero rinunciando a un’opera inutile. Eppure il futuro economico di Sant’Antioco – conclude Italia Nostra di Sant’Antioco – passa attraverso la soluzione di questi problemi – capace anche di offrire opportunità di lavoro a lungo termine – non certo con la realizzazione di opere grandiose, di dubbio impatto paesaggistico, che hanno come unico scopo quello di sprecare soldi pubblici senza alcun ritorno economico per le comunità.»

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