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Il dibattito sul progetto Eurallumina, con la netta contrapposizione tra favorevoli e contrari, si allarga. Oggi abbiamo ricevuto un intervento dell’ing. Enrico (Chicco) Manca, che pubblichiamo integralmente.
Caro direttore,
ritengo che le osservazioni, riportate da L’Unione di oggi, del soprintendente del Ministero dei Beni Culturali Fausto Martino sul progetto Eurallumina abbiano trovato pertinente risposta nelle conclusioni della conferenza dei servizi fra i cui scopi vi era proprio quello di accertare la compatibilità di tutti gli aspetti del progetto proposto col contesto fisico/ambientale, culturale, economico e sociale in cui esso sarà realizzato.
Quell’area della Sardegna è da sempre un’area industriale cui anche i residui delle lavorazioni passate contribuiscono a caratterizzarle: una per tutti, perché ha avuto attenzione internazionale, i fanghi rossi di Monteponi che non hanno mai fatto male ad alcuno e conservano intatto il loro fascino che ormai appare proprio dei luoghi.
L’industria non va demonizzata, va fatta bene, con la cura di una “opera d’arte”, come dicono i tecnici, e così dovrà essere disegnato il bacino dei vituperati (!) fanghi rossi che, da discarica, dovrà contribuire positivamente a caratterizzare in meglio una zona, già oggi unica.
Qualche anno fa mi ha colpito un libro, del grande fotografo Yann Arthus-Bertrand, che dedicava una pagina ad ogni giorno dell’anno, con un breve testo ed una bellissima foto aerea, su interventi industriali garbati dell’uomo in zone incontaminate del mondo.
La foto del 13 settembre riportava, con mia grande sorpresa, l’affascinante e coreografico, assolutamente naturale, sistema di restituzione a mare, nel Golfo Persico, della enorme quantità di acqua di mare di raffreddamento necessaria per il funzionamento degli imponenti impianti di dissalazione che consentono ancora oggi la vita in quelle regioni e che anche io avevo contribuito a realizzare negli anni ottanta. Un impianto enorme, potenzialmente devastante, arricchiva un territorio naturalmente anonimo e noioso.
Il libro assicurava che le opere fotografate avevano avuto la benedizione dell’UNESCO….
Cosa voglio dire, che non dobbiamo avere paura delle opere solo perché fatte dall’uomo, anche quando hanno la dimensione di 170 campi di calcio, e sono visibili, oltre che da noi, da tutti in Google Earth, ma solo di quelle fatte male.
Ritengo che a questo avrà comunque pensato la Conferenza dei servizi.
All’Assessore Erriu, che interviene sul tema, credo si possa rassicurarlo che non ci sono in Sardegna prevenzioni nei confronti dell’industria e del buono che porta con se, c’é molto probabilmente paura delle cose fatte male, anche perché gli esempi abbondano.
Ing. Enrico Manca
chiccomanca39@gmail.com