Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani è intervenuto oggi al Quirinale, dove è stato ricevuto dal presidente Sergio Mattarella.
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In occasione delle celebrazioni per il 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma una delegazione del Parlamento europeo guidata dal Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, e composta dai Vice Presidenti e dai Presidenti dei gruppi politici è stata ricevuta oggi al Quirinale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Questo il discorso pronunciato dall’on. Tajani in presenza del Capo dello Stato.
Signor Presidente,
La ringrazio per aver accettato di incontrare i rappresentati dei popoli europei alla vigilia delle celebrazioni per i sessant’anni della firma dei Trattati di Roma.
I cittadini sono i veri protagonisti della grande avventura della democrazia europea. La forza e la legittimazione delle nostre azioni derivano dalla loro partecipazione.
Per questo mi preoccupa molto il senso di disaffezione che cresce in una parte rilevante dell’opinione pubblica. Se vogliamo rilanciare la nostra Unione è necessario, prima di tutto, riavvicinare le istituzioni ai nostri cittadini.
E’ il principale impegno del mio mandato. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali devono essere in prima linea su questo fronte.
Con questo spirito, con i Presidenti dei gruppi politici del Parlamento europeo e i suoi Vice Presidenti, abbiamo voluto celebrare questo anniversario a Norcia. E’ un modo per testimoniare che l’Europa non dimentica, che è capace di essere vicina, di dare solidarietà concreta.
Tre giorni fa ognuno dei 751 parlamentari europei ha ceduto simbolicamente, per un giorno, il suo posto a un cittadino. Studenti, lavoratori, artigiani, ricercatori, liberi professionisti, imprenditori, artisti, hanno discusso insieme sul futuro della nostra unione.
Le istituzioni europee non possono restare rinchiuse in castelli col ponte levatoio alzato. Noi parlamentari, per primi, insieme a chiunque altro eserciti un ruolo di responsabilità, abbiamo l’obbligo di aprire le porte, uscire, ascoltare, discutere. Capire. Mettere i problemi, la dignità delle persone al centro.
Signor Presidente, ho molto apprezzato la lungimiranza dei suoi richiami alla necessità di un vero rilancio del progetto europeo. Lei ha ragione quando afferma che, fatti gli europei, bisogna fare l’Europa.
E’ vero, i nostri cittadini si sentono europei, ma vogliono un’Europa diversa, meno distante e autoreferenziale. Capace di rispondere alle loro preoccupazioni: la disoccupazione dei giovani, il terrorismo, l’immigrazione, la difesa dei diritti e della pace nel mondo.
Se non sapremo colmare il vuoto lasciato da questa Europa incompiuta, ancora a metà del guado, saranno altri a occuparlo.
Magari propendo soluzioni di ripiegamento nazionale, meno solidali, tornando all’orgoglio dell’ognuno per sé.
Sarebbe un grave errore, come ci insegna il nostro passato non così remoto. Queste false risposte politiche – isolazionismo e protezionismo – sono simili a quelle già sperimentate sia sul finire della prima globalizzazione, all’inizio del XX secolo, che nel periodo tra le due guerre.
Rinacquero i dazi, gli ostacoli alla libertà di movimento. Fu, anche allora, la risposta alla paura, all’angoscia di chi temeva di perdere il posto di lavoro a causa dei nuovi arrivati.
Purtroppo, sappiamo tutti come andò a finire.
Ma sarebbe un errore altrettanto grave non capire queste paure, il disorientamento provocato da una globalizzazione che ha lasciato indietro troppe persone.
In un mondo che cambia rapidamente, con le tecnologie, il commercio che fanno cadere confini e barriere, è semplicemente illusorio pensare di potersi rinchiudere in se stessi. Lasciare il resto del mondo fuori dalla porta.
Solo uniti possiamo davvero affrontare le sfide globali, rassicurare chi ha paura, dissolvere le angosce di chi non riesce a immaginare un futuro migliore per se e per i propri figli.
A febbraio, il Parlamento europeo ha aperto questo grande dibattito sul nostro futuro. I tre Rapporti che abbiamo approvato indicano l’esigenza di mutamenti profondi, non di facciata.
Domani, 27 capi di Stato e di Governo, con i vertici delle istituzioni europei, firmeranno una Dichiarazione solenne che riflette la necessità di questi mutamenti.
Non è un’occasione retorica, ma un vero impegno politico davanti ai nostri cittadini per costruire un’Unione più forte, efficace, giusta e solidale.
L’Europa è una storia di successo quando sa incarnare un sogno di progresso, prosperità, libertà e pace.
Signor presidente, come Lei, sono convinto che gli europei non abbiano perso la voglia di sognare. Sta a noi, oggi, cambiare questa Europa, dandole gli strumenti per garantire un futuro migliore ai nostri giovani.
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