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La violenza contro le donne non è accettabile a nessun livello e in nessun luogo al mondo, e la schiavitù sessuale è un abominio. La chiave per sconfiggerla è mandare a scuola sempre più bambine e donne, in tutti i paesi sia sviluppati che in via di sviluppo, dare loro un buon livello di istruzione perché dall’istruzione nasce la consapevolezza.
Questo il messaggio forte dell’avvocatessa nigeriana e professoressa universitaria Hauwa Ibrahim al convegno “Liberare le donne dalla violenza”, organizzato dall’Ufficio di informazione in Italia del Parlamento europeo insieme ad ActionAid Italia, al Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei ministri e alla Rappresentanza in Italia della Commissione europea.
«La lotta alla violenza – ha proseguito la Ibrahim – deve essere tra le priorità di oggi, di domani e degli anni a venire. Dobbiamo agire perché nessuna forma di violenza sia più tollerabile. Io sono stata in prima persona una vittima della violenza contro le donne: sono stata data in sposa all’età di 10 anni, poi quasi per caso ho ricevuto un’istruzione, sono diventata avvocato, sono riuscita ad arrivare a insegnare a Harvard e ho lavorato per salvare più di 200 ragazze da Boko Haram.»
E, sull’organizzazione terroristica attiva in Nigeria, la Ibrahim spiega: «Boko Haram è in una condizione di maggiore debolezza in questo momento perché c’è un governo credibile e un Presidente incorruttibile. Questo ci insegna una cosa: che è importante il ruolo del parlamento europeo, che ad esempio nel 2016 ha conferito il premio Sakharov a Nadia Murad e Lamiya Aji – due jazide vittime della schiavitù sessuale dell’Isis,- è importante l’attività che le molte fantastiche Ong svolgono contro la violenza sulle donne in italia e in Europa, ma è altrettanto importante che in paesi come il mio, la Nigeria, abbiamo leader e governi credibili che contrastino le nefandezze di organizzazioni quali Boko Haram».
All’incontro hanno partecipato anche le deputate del Parlamento Europeo Silvia Costa (S&D) ed Eleonora Forenza (Gue/Ngl).
Per Silvia Costa, è necessario «ricostruire un dibattito in cui la donna sia soggetto della politica e non oggetto, perché le donne sono il primo soggetto del cambiamento e solo grazie a un loro maggior coinvolgimento si potrà fare la differenza». L’eurodeputata ha ribadito che tra gli obiettivi più importanti da perseguire a livello europeo c’è la firma e la ratifica – da parte non solo di tutti gli Stati membri Ue, ma dell’Unione europea in quanto tale – della Convenzione di Istanbul, voluta dal Consiglio d’Europa per prevenire e lottare contro tutte le forme di violenza sulle donne. Purtroppo «ancora 14 stati membri non l’hanno firmata», ha sottolineato Costa, da anni impegnata a Bruxelles per la difesa dei diritti delle donne. «La protezione deve essere senza confini e non solo delle cittadine europee ma anche delle migranti e delle profughe – ha spiegato l’europarlamentare precisando che, anche in Italia – è necessario lavorare di più sulla formazione e sulla modalità con la quale applicare le leggi a tutela delle donne».
Nel suo intervento, Eleonora Forenza ha riconosciuto come il tema della violenza sulle donne abbia finalmente una definizione larga e onnicomprensiva, grazie ai grandi progressi fatti sia a livello politico che sociale.
La risposta alla violenza di genere passa anche attraverso progetti europei, come ha spiegato Livia Zoli, Capo Unità Policy e Lobby di ActionAid: «La violenza domestica è un fenomeno diffuso in tutta Europa. L’esperienza pratica ci insegna che molto spesso le donne rimangono in relazioni violente perché non dispongono di sufficiente autonomia economica per provvedere a se stesse e ai propri figli e al contempo che in una situazione di violenza spesso ci sono fattori economici di sopraffazione. Per questo ActionAid guida un consorzio europeo di organizzazioni unite nel progetto WE GO!, realizzato grazie al sostegno finanziario dell’Unione europea, che intende rafforzare i servizi di supporto per le donne vittime di violenza domestica in Europa, con particolare attenzione ai servizi offerti dai centri antiviolenza per favorire l’empowerment economico delle donne».
Simon Ovart, presidente del Comitato Nazionale UN Women Italia, ha ricordato le troppe barriere che le donne devono affrontare quotidianamente: «L’empowerment economico delle donne è necessario per una crescita equa e sostenibile. Molti paesi hanno fatto notevoli progressi, negli anni, grazie a politiche di integrazione e occupazione, ma nonostante questo la disuguaglianza di genere persiste, così come il differenziale salariale. Diversi studi di mercato hanno rivelato che le aziende con un maggior numero di donne in posizione di management hanno prestazioni migliori e una migliore reputazione».
Francesca Brezzi, presidente dell’Osservatorio Studi di Genere dell’università Roma Tre, ha ribadito la necessità di sensibilizzare al problema i figli maschi e di insegnare alle figlie a percepire i segnali precursori della violenza. «In particolare – ha osservato – la rieducazione si mette in pratica attraverso la strategia delle quattro P: promuovere, proteggere, punire e prevenire. È inoltre indispensabile dare voce alle donne vittime e reintegrarle, promuovendo al tempo stesso la riflessione da parte degli uomini».
Per Vittoria Doretti, responsabile Rete Regionale Codice Rosa-Regione Toscana, è necessario «un percorso che aiuti le vittime di tutte le discriminazioni», e occorre chiedersi cosa accade alle donne che hanno subito violenza per comprendere i rischi e i problemi della reintegrazione.