Dopo gli appuntamenti del 2015 e 2016 a Nuoro e Carbonia, le celebrazioni del 72° anniversario della festa della Liberazione si sono svolte a Bono.
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Dopo gli appuntamenti del 2015 e 2016 a Nuoro e Carbonia, le celebrazioni del 72° anniversario della festa della Liberazione si sono svolte a Bono, con il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, il sindaco del centro del Goceano, Michela Sau e il presidente dell’Anpi di Treviso, Umberto Lorenzoni, già commissario di battaglione nella divisione partigiana “Nino Nannetti”.
Michela Sau nel portare il saluto dell’amministrazione alle autorità e agli studenti del liceo “Segni”, dell’istituto tecnico “Fermi” e della scuole medie, ha rivolto ringraziamenti non formali al presidente del Consiglio regionale per la scelta di celebrare “fuori dal palazzo” e in un paese delle zone interne dell’Isola la festa della Liberazione («testimonia la volontà di una politica aperta e più vicina a tutti i sardi») ma soprattutto ha salutato con favore il coinvolgimento degli studenti. Ed è a questi ultimi che ha dedicato la parte centrale del suo intervento, dove ha richiamato i valori e il significato del 25 aprile del 1945: «Ricordo il sacrificio degli uomini e delle donne della Resistenza che ci hanno donato la libertà e la democrazia, liberando l’Italia dal nazifascismo».
Ai più giovani si è rivolto anche il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, in apertura del suo intervento («spetta a loro il fondamentale compito di difendere ed estendere i valori che la Resistenza ci ha consegnato») dove ha riaffermato la centralità della questione delle “zone interne e dello spopolamento” («per combattere questa piaga è necessario attivare interventi in grado di contrastarla, garantendo condizioni che consentano la piena fruizione dei diritti essenziali come l’istruzione, il lavoro e i servizi sanitari»).
Il presidente dell’assemblea sarda è quindi entrato nel vivo del significato della festa della Liberazione ed ha insistito sulla necessità di “alimentare” la democrazia con «le battaglie a difesa della solidarietà, della giustizia sociale, dei diritti e della libertà». «La mia generazione – ha affermato Gianfranco Ganau – ha avuto la fortuna di crescere nella democrazia e compiere gesti di tutti i giorni a cui non diamo peso come acquistare e leggere un giornale o i libri che vogliamo, esprimere opinioni, manifestare dissenso. Ebbene tutto questo che oggi appare scontato è possibile solo grazie alla lotta di resistenza. Questa normalità è possibile grazie a quel 25 aprile del 1945».
Il presidente ha quindi ricordato il clima di incertezza che caratterizza la vita economica e sociale del Paese ed ha concluso con un richiamo “forte” ai valori fondati l’Unione europea: «Non si deve dimenticare che la lotta per la libertà non ha caratterizzato soltanto il nostro Paese, siamo infatti cittadini europei “uniti nella diversità” e l’Unione europea si fonda su quegli stessi valori di rispetto della dignità umana, di libertà, di democrazia, di uguaglianza e dello Stato di diritto. Senza l’Unione europea non saremo riusciti ad operare insieme a favore della pace e della prosperità». «Un’Europa certo piena di contraddizioni – ha concluso Gianfranco Ganau – che ha davanti a sé sfide importanti ma che oggi francamente mi conforta molto di più di chi sgancia bombe, giocando a prove di forza per riaffermare proprio quei principi terribili contro i quali la Resistenza ha combattuto e vinto».
Il presidente dell’Anpi di Trento, Umberto Lorenzoni, (nome di battaglia “Eros”) nel suo appassionato ed articolato intervento ha testimoniato il significato profondo della Resistenza e non ha mancato di attualizzare i valori fondanti la lotta partigiana ed in seguito, la costituzione repubblicana. «Ma il mio primo pensiero – ha esordito l’ex commissario di battaglione della divisione “Nino Nannetti” – va a Giovanni Maria Angioy ed al suo spirito rivoluzionario». Lorenzoni ha quindi ricordato i principali passaggi storici degli anni che vanno dal 1943 al 1945 ed ha definito «il fascismo come l’ultimo tentativo del blocco conservatore monarchico per fermare l’avanzata delle forze popolari in Italia». «Il fascismo – ha insistito il presidente dell’Anpi Treviso – arrivò al potere con la violenza e l’assenso della monarchia, in vent’anni di dittatura è riuscito a regalare autarchia, guerre coloniali, leggi razziali ed alla fine l’alleanza con il nazismo che ha trascinato l’Italia nella seconda guerra mondiale». Ma la parte principale dell’intervento del partigiano “Eros” ha riguardato i “combattenti per la libertà” e la volontà crescente degli italiani di battersi, dopo l’8 settembre, contro il fascismo e l’invasione tedesca. «In prima linea nella guerra di liberazione – ha detto Umberto Lorenzoni – c’erano le classi popolari, gli operai, gli studenti e i contadini, tutte quelle forze cioè che avevano capito che la resistenza non solo era la strada per conquistare la libertà ma soprattutto portava alla realizzazione di un’idea di patria nella quale ci si riconosce non tanto per confini fisici ma quanto per un tipo di società fondata sui valori della giustizia sociale, l’uguaglianza e la democrazia».
«Rappresaglie e massacri, torture e impiccagioni – ha aggiunto Umberto Lorenzoni – è il prezzo pagato dai partigiani per costruire uno stato nuovo con una piattaforma costituzionale antifascista». L’importanza del voto polare per la “rottura col passato” e la cacciata dei Savoia è stato, a giudizio di Lorenzoni, il passaggio cruciale per arrivare ad una costituzione repubblicana che raccogliesse i principi di uguaglianza, giustizia sociale e pace, «nonché quelli del liberalismo democratico e del movimento operario e contadino».
«I costituenti – ha proseguito il presidente Anpi – hanno indicato anche il sistema economico, quello misto pubblico e privato, per garantire la completa realizzazione dell’impegno costituente di tutti gli italiani e fino alla fine degli anni ’70 le forze popolari sono riuscite a rispettare quel patto sociale e si era riusciti a modificare la condizione socio economica del paese ed avere un welfare efficace». «Poi – ha proseguito il partigiano tra gli applausi – ai primi anni ’80 si è incominciato a parlare di modernizzazione e, scaduta la moralità dei partiti, con tangentopoli è arrivata la seconda repubblica della svolta liberista con la privatizzazione del patrimonio e delle attività pubbliche».
«A forza di gridare basta con le ideologie e basta con il pubblico – ha aggiunto Umberto Lorenzoni – ci siamo ritrovati con la più vecchia ideologia del mondo: lo sfruttamento dei lavoratori». Umberto Lorenzoni ha quindi auspicato un ritorno ai dettami della costituzione repubblicana e all’etica della buona politica («solo così si può uscire dalla crisi») ed ha definito l’attuale momento politico istituzionale “come un momento di democrazia sospesa” («solo un parlamento eletto dal popolo può rappresentare il pilastro del sistema democratico»).
Il partigiano trevigiano, prima di ricevere la medaglia ricordo del Consiglio regionale, si è quindi rivolto direttamente ai giovani con le parole di Antonio Gramsci («istruitevi, agitatevi e organizzatevi per cambiare questo paese e riprendere la battaglia per un avvenire migliore») ed ha concluso citando Pierpaolo Pasolini per riaffermare la necessità di non abbassare la guardia davanti a quello che ha definito il revisionismo anti resistenza: «Noi siamo un paese senza memoria e l’Italia ripudia il suo passato recente, perché se l’Italia avesse cura della sua storia si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla ma sono il portato di veleni antichi».