19 November, 2024
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Al via del Giro d’Italia del Centenario, il 5 maggio ad Alghero, non ci sarà Fabio Aru, l’uomo più atteso da tutti i sardi, messo ko dalla sfortuna. Dopo il forzato ritiro dalla Tirreno Adriatico, durante la quale è stato colpito da una tracheobronchite, il campione di Villacidro (vincitore della Vuelta 2015 e due volte sul podio al Giro d’Italia, terzo nel 2014 e secondo nel 2015), è caduto mentre si allenava domenica 2 aprile a Sierra Nevada, battendo un ginocchio sull’asfalto e ieri, dopo le visite a cui si è sottoposto con il professor Franco Combi alla Clinica Columbus di Milano, ha dovuto prendere atto che i tempi sono troppo ristretti per sperare in un recupero completo ed ha annunciato la sua rinuncia al Giro d’Italia.

Per Fabio Aru la delusione per non poter essere al via del Giro nella sua Sardegna è grande, così come è grande quella delle centinaia di migliaia di sardi che erano pronti a sostenerlo nelle tre tappe previste sulle strade dell’Isola. La corsa rosa resta un grande evento, con tanti campioni, ma per noi sardi, senza Fabio Aru, non sarà il Giro d’Italia che tutti aspettavamo da mesi…

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Tre comunità distanti (Assemini, Cuglieri, Oschiri) ma unite dal rispettivo piatto tipico, si incontrano per la terza volta, in occasione del convegno scientifico antropologico “Panada di Sardegna”, evento preceduto da “La via della panada” a Cuglieri e “Cent’annus papendi panadas” l’anno scorso ad Assemini. Organizzati da Veronica Matta, presidente dell’associazione culturale Sa Mata, l’albero delle idee, in collaborazione con Maria Carmela Deidda, titolare dell’agriturismo Is Scalas e Roberto Pili, presidente della Comunità mondiale della longevità, il convegno svoltosi a Oschiri, sabato 8 aprile, presso il museo etnografico e archeologico della cittadina gallurese è stato sostanzioso e ricco di contenuti. Dopo l’apertura dei lavori del vicesindaco di Oschiri Andrea De Candia, i relatori si sono confrontati sul futuro del gioiello della dieta sardo mediterranea.

Un percorso burocratico lungo, non privo di ostacoli è ciò che attende le tre comunità a tutela del nome e della preparazione della Panada in Sardegna. L’iter per l’ottenimento del marchio iniziato con l’agenzia regionale Laore, sarà solo il punto di partenza, non di arrivo. Glispunti dei diversi lavori presentati durante il convegno, puntano alla valorizzazione della panada.

Sa panada – prodotto di grande qualità che può avere maggiori margini di crescita

«Sa panada è un’attività importantissima per questo territorio, ma lo è per tutta la  Sardegna – dichiara l’assessore regionale dell’agricoltura Pierluigi Caria – la cui presenza suggella la “santa alleanza” tra i diversi partner coinvolti nel progetto. “Sa panada rappresenta la produzione di un prodotto di grande qualità che può avere maggiori margini di crescita,  per cui la Regione, che io rappresento oggi – conclude l’assessore Pierluigi Caria – sosterrà con tutti i suoi strumenti a disposizione, le attività che sono improntate per la produzione della panada.»

Sa panada, piatto unico, sostenibile, moderno

«Se è vero che la panada rappresenta un piatto unico della dieta sardo mediterranea, che permette di vivere bene, essa la si può considerare un modo modernissimo di alimentarsi – dichiara convinto Roberto Pili, attento allo stile di vita alimentare dei sardi e dei più longevi -. Centinaia di milioni di persone ci guardano con molta attenzione. A loro piacerebbe andare a vedere, imparare, conoscere non solo questi  territori, ma come si alimentano le persone che riescono a vivere così a lungo e in salute.»

Cita quindi il turismo vocazionale «che riesce a prendere dal territorio naturalmente quello di cui ha bisogno. È un turismo intelligente, sostenibile, consapevole.»

Sa panada verso una certificazione di tutela migliore

«La valorizzazione del nostro prodotto – dichiara Maria Carmela Deidda ci ha portati a domandarci: se abbiamo dei punti in comune con Oschiri e Cuglieri, perché non stiamo insieme? Questi punti ci servono come strategia per valorizzare e tutelare questo piatto tipico tradizionale. Una base che stiamo lanciando e che vorremo condividere con amministrazioni, operatori del settore, associazioni culturali. Punti che potranno essere integrati attorno ad un tavolo di lavoro verso una certificazione migliore di questo prodotto che accomuna e unisce le tre comunità.»

Sa panada, un produzione da vocazione domestica a commerciale che racconta chi siamo e chi siamo stati

«Non è semplice organizzare in un anno 3 appuntamenti del genere superando anche i campanilismi, perché quando dei paesi condividono in Sardegna qualcosa, difficilmente la condividono sul serio, poco ci si ascolta, poco ci si sente – sostiene Roberto Carta, coordinatore del museo etnografico ed archeologico di Oschiri -. Ricordando la partenza degli incontri da Assemini, rimarca la presenza forte delle comunità, fatta dalle amministrazioni, dai produttori ma, soprattutto, dai bambini.»

I lavori grafici dei bambini hanno accompagnato tutti gli appuntamenti. Ad Oschiri la dirigente scolastica, prof.ssa Giuseppina Pinna, e la prof.ssa Pes, hanno portato i risultati di un laboratorio creativo davvero notevole sviluppato con i ragazzi di Oschiri.

La sagra di Oschiri – 17ª edizione – certifica l’aumento del numero dei produttori. Curatissimo e importante la parte del museo dedicata al territorio e all’enogastronomia, in cui a farla da padrona è la panada.

Le vie della panada, percorso turistico del gusto e della tradizione (da Assemini a Cuglieri fino a Oschiri)

«Un tour della panada denominato “Le vie della Panada” è quello presentato da Veronica Matta – presidente dell’associazione Sa Mata, un percorso del gusto e della tradizione da Assemini a Cuglieri fino ad Oschiri. Perché come dicono alcuni giornalisti – dichiara la promotrice – esiste in Sardegna una via della panada in grado di unire i centri di Oschiri Cuglieri e Assemini in cui questa pietanza è segno identitario e di tradizione. simbolo culturale e alimentare di 3 comunità, la panada è il motore del progetto turistico che vede Assemini, anche città della ceramica, Cuglieri, borgo rurale affacciato sul mare e Oschiri nella splendida e ventosa Gallura. La panada vuole essere uno dei gioielli del made in Sardegna, alla stregua di bene culturale perché carico di riferimenti storici ed antropologici.»

Il tour intercetterà i flussi emergenti di un turismo di qualità, affascinato dalla longevità e dagli stili di vita dei sardi, conclude Veronica Matta, anche attraverso i tour operator e le 400 crociere che da aprile ad ottobre approdano nei porti sardi.

Cuglieri verso il riconoscimento della panada come piatto tipico tradizionale

«Certamente “sa panada “è la regina della tavola a pieno titolo e su questo non si deve più discutere – afferma la presidente Rita Fenu dell’associazione culturale Gurulis Nova -. Solo negli ultimi 10 anni a Cuglieri si è pensato che la panada potesse essere fonte di guadagno e di sviluppo e non solo una squisita pietanza. Piano piano sono stati aperti dei piccoli laboratori che soddisfano solo le necessità paesane. Dallo scorso anno è stato avviato un lavoro di studio e rivalutazione delle panadas attraverso un percorso che porterà alla certificazione della panada cuglieritana come piatto tipico tradizionale»

Sa panada, buona, pulita e giusta

Presente sin dal primo appuntamento ad Assemini, anche Slow Food Cagliari ad Oschiri con Raimondo Mandis per parlare di panada come specialità sostenibile del territorio. Quello di Oschiri rappresenta la conclusione di 3 eventi.

«Un processo di rivalorizzazione iniziato ad Assemini con il primo convegno molto interessante – dichiara Raimondo Mandis -. Buono, pulito e giusto sono i 3 attributi che lo Slow Food riconosce alla panada. Buono si riferisce ovviamente alla qualità dei prodotti; pulito al cibo che rispetta l’ambiente e le pratiche agricole; giusto, in quanto riconosce il giusto valore ovvero la remunerazione per ciascuna fase della filiera  che realizza il prodotto che poi gustiamo, dalla più grande che condividiamo durante il pranzo della domenica alla più piccola, facile da consumare come uno snake, aperitivo o piccolo pasto).»

Sa panada e il mercato

Necessaria e opportuna la presenza della Confartigianato Imprese Sardegna con il segretario regionale Stefano Mameli, che fa un’attenta e oggettiva analisi sulle produzioni agroalimentari tipiche in Sardegna ponendo anche una riflessione su quali vantaggi competitivi ci siano per le imprese che si dedicano alla preparazione della panada. Con dati alla mano ci fa  scoprire chi sono in Sardegna le imprese che potenzialmente potrebbero beneficiare della valorizzazione/tutela di questo prodotto, mettendo in evidenza la massa critica regionale, tra opportunità e rischi di un marchio di tutela per la panada.

«Occorre pensare già oggi – dichiara Stefano Mameli – ad un percorso che possa tutelare i produttori (e i consumatori) da eventuali “plagi” o tentativi di riprodurre anche nel nome il nostro prodotto. Cosa che sta capitando con altri prodotti (carasau, sebadas).»

Il pastificio Sa panada di Oschiri, una storia imprenditoriale alla seconda generazione

L’azienda Pastificio Sa Panada, con  moderne tecnologie, produce, surgela e commercializza il prodotto tipico sardo di origine millenaria. Ben rappresentata dalle due giovani sorelle Valentina e Martina Meloni che proseguono il lavoro nell’ azienda della madre, Laura Achenza, che da quasi 30 anni produce solo panadas, commercializzandole anche oltre l’isola. La realtà che descrivono mostra un’intraprendenza che le rende, ad oggi, le uniche in grado di rispondere – quantitativamente – alla richiesta del mercato estero.

Sa panada e la filiera corta

Notevole il contributo del vice sindaco del comune di Oschiri, Andrea Decandia sulla filiera come prospettiva di sviluppo per prodotto e territorio che ben si sposa con l’intervento successivo e conclusivo di Daniele Carbini del Molino Carbini di Tempio, di fronte all’offensiva della cultura del mono prodotto, davanti alla quale il consumatore cerca il prodotto di qualità tipica, che dia garanzie di genuinità.

«C’è un mercato – afferma Carbini – in costante espansione che cerca e richiede prodotti di personalità che si distinguono nettamente dal prodotto industriale e omologato.  Bisogna cioè ridare ai prodotti la loro massima qualità e tipicità. In questo caso la panada deve essere il prodotto artigianale migliore possibile, deve cioè essere eccellenza di sapori che la rendono caratteristica ed unica, secondo la sua storia e tradizione. Tradotto in termini pratici significa – conclude Carbini – che per la pasta devono essere usate farine ottenute dalla macinazione di grano sardo, che ha caratteristiche uniche di sapore e più in generale caratteristiche organolettiche che lo distinguono dagli altri grani del mercato mondiale.»

Dopo il convegno, tra l’arte degli esperti e il gusto di panadas, a deliziare i palati degli ospiti la panada di anguille e di agnello di Carlo Matta di Assemini; le panadine con la carne di suino delle produttrici di Oschiri e is panadas con fave e piselli di Cuglieri.

A seguire la 1ª tavola rotonda con i produttori di Oschiri e le associazioni di Assemini e Cuglieri, sicuri che solo da qua potrà davvero partire il percorso de “La Via della panada”.

«Stanchi ma felici, chiudiamo questi tre convegni – dichiara la promotrice Veronica Matta – sicuri della forza della gente sarda. La forza di chi conosce i problemi ma ha la soluzione a portata di mano. Anzi, tra le mani.»

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L’11 aprile 1920 nasceva a Gairo Modesto Melis. La sua vita è stata segnata profondamente dalle atrocità della 2ª guerra mondiale e dalla deportazione nei campi di concentramento di Mauthausen e Gusen, dai quali è tornato “miracolosamente” alla fine del conflitto e nei quali è voluto ritornare il 12 settembre 2014, per cercare di capire, a distanza di 69 anni, come sia stato possibile sopravvivere a quell’inferno.

Per ricordare Modesto Melis, un piccolo grande uomo venuto a mancare lo scorso 9 gennaio, ripropongo oggi l’articolo, con un ricco album fotografico, pubblicato la sera di quel grigio giorno d’inverno, reso gelido dalla notizia che, chi lo ha conosciuto nell’arco della sua lunga esperienza di vita (in particolare i familiari, dalla moglie Lucia ai figli Bruno, Teresa e Renato, ai nipoti e a tutti i parenti), non avrebbe mai voluto apprendere. E l’articolo scritto da Nadia Pische dopo la cerimonia funebre, celebrata nella chiesa di San Ponziano l’11 gennaio, anche in questo caso allegato un album fotografico.

«Ho conosciuto Modesto Melis cinque anni fa, quando Giuseppe Mura mi ha proposto la pubblicazione di un libro in cui intendeva ricostruire la sua storia, vissuta da Carbonia a Mauthausen e ritorno. Sono stati cinque anni intensi, nel corso dei quali Modesto Melis ha incontrato migliaia di persone, soprattutto giovani, ai quali ha raccontato le sue incredibili esperienze di vita, per non dimenticarle ed evitare che l’essere umano possa ripeterle in futuro.

Nella copertina del libro “L’animo degli offesi”, scritto da Giuseppe Mura, è riportata una breve riflessione di Modesto Melis che riporto testualmente.

«Com’è stato possibile che proprio io, tra migliaia di altri i cui corpi sono stati combusti nei forni e le ceneri sparse sul terreno a concimare i campi, sia sopravvissuto? E’ una domanda che ancora, dopo che da decenni sono scomparsi gli incubi che tormentavano le mie notti, mi travaglia e, di soppiatto, si insinua spesso tra i miei pensieri.

In quelle giornate nel lager, pur nella nebbia che mi ottenebrava la mente, ero sempre consapevole, in ogni attimo di quella parvenza di esistenza, che la morte era sempre in agguato, pronta a cogliermi per un nonnulla. Anche quando strappavo dai mucchi di cadaveri quei poveri brandelli umani, sapevo che di lì a poco anch’io sarei potuto finire ad ingrossare quel macabro cumulo e, a quella fine che appariva ineluttabile, pensavo, non sarei sfuggito.»

E’ difficile scrivere su Modesto Melis, ora che il suo lungo percorso di vita è giunto al termine. Mi tornano alla mente gli incontri in città e paesi della Sardegna, Carbonia, Cagliari, Nuoro, Iglesias, Carloforte, Portoscuso, Sant’Antioco, San Giovanni Suergiu, Capoterra e tanti altri ancora; gli incontri al Museo della Liberazione a Roma, al Liceo artistico di Roma, a Cerveteri; e, soprattutto, il viaggio di ritorno in Austria, con base a Linz (dove abbiamo dormito nella stessa camera d’albergo) e destinazioni Mauthausen e Gusen, concluso con una visita al centro di Vienna, dove, alla bella età di 94 anni e mezzo, ha percorso chilometri e chilometri a piedi, concedendosi solo qualche breve sosta, per un leggero dolore alle gambe e ai piedi…

Un’altra grandissima emozione, l’11 aprile 2015, il giorno del suo 95° compleanno, che ha voluto festeggiare rivivendo l’esperienza del lancio con il paracadute da 4.500 metri di altezza, nel centro di volo di Serdiana. Una volta toccata terra, tra le braccia dell’istruttore Valentino, le sue prime parole, ancor prima di abbracciare la moglie e i figli, furono: «Quando organizziamo il prossimo lancio?» Un anno dopo avrebbe voluto ripetere il lancio, mi ha contattato per chiedermi di prenotare il volo, per poi desistere, con grande delusione, quando i familiari lo hanno convinto che sarebbe stato meglio evitarlo…

Dal mese di aprile 2014 si è dedicato anche alla sezione di Carbonia dell’associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra, nella quale ha ricoperto la carica di presidente.

Negli ultimi mesi le condizioni di salute non gli hanno consentito di continuare gli incontri con i giovani ai quali si era tanto affezionato. Nelle ultime settimane il suo “fisico d’acciaio” che in gioventù riuscì a superare prove incredibili che per tanti anni non ha potuto neppure raccontare perché nessuno gli credeva, ha iniziato a cedere. Alle 17.30 di oggi, 9 gennaio 2017, si è arreso.

Con la scomparsa di Modesto Melis, Carbonia, il Sulcis e la Sardegna intera perdono uno straordinario testimone della storia del XX secolo.

Allego un’ampia documentazione fotografica sui numerosi momenti gioiosi vissuti da Modesto Melis negli ultimi anni.

Ciao Modesto

Giampaolo Cirronis

     

 

 

In una giornata grigia di gennaio persino il sole ha pensato di venire ad accompagnare Modesto Melis nel suo ultimo viaggio.

Stretti intorno alla moglie Lucia e ai figli Bruno, Teresa e Renato, tanti  parenti, amici cari e conoscenti, hanno voluto rendere omaggio ad un piccolo grande uomo. Piccolo di statura, ma grande per umiltà e cuore, Modesto lascia un segno in tutte le persone che lo hanno conosciuto. Il suo sorriso, la sua battuta scherzosa, il suo sguardo vispo ed attento, tutto faceva di lui una bella persona. Un uomo che aveva tanto sofferto prima per le atrocità vissute e viste da vicino nei campi di concentramento, e poi per non averle potute raccontare per tanti lunghissimi anni, vista la reticenza delle persone nel credergli. Ricordi che ha dovuto tenere dentro sino a quando, finalmente, qualcosa è cambiato, verità nascoste iniziavano a prendere forma, anche attraverso altri testimoni. Finalmente arrivava la sua rivalsa… far sapere di quali nefandezze era stato capace l’essere umano.

Oggi, commossa per la sua dipartita, una grande folla ha seguito la messa nella chiesa di San Ponziano dove don Giampaolo Cincotti lo ha voluto ricordare nella sua semplicità, nel suo modo allegro di prendere la vita: «Con lui se ne va un pezzo di storia», ha concluso il sacerdote.

Una storia che Giuseppe Mura ha voluto raccontare, nel libro “L’animo degli offesi”, per fermare nella memoria di tutti atrocità che devono essere da monito per le nuove generazioni, che devono bandire la violenza in virtù della pace. Nuove generazioni che devono debellare per sempre l’insana idea di popoli superiori ad altri. Modesto ciò lo sapeva bene e, proprio per questo motivo, ha voluto dedicare gli ultimi anni della sua vita, a far conoscere una verità per molti scomoda.

Alla fine della funzione, la lettura della preghiera dei paracadutisti, i suoi compagni d’avventura, fatta dal presidente dell’associazione Nino Cossu… e poi il ricordo di Agnese Delogu con cui ha diviso nell’associazione dei mutilati e invalidi di guerra tante esperienze in giro per la Sardegna… scuole, associazioni, biblioteche.

Tra i presenti, alcuni assessori e il vicesindaco della città che tanto lo ha amato, forze dell’ordine in divisa. E poi il silenzio… non solo quello dei presenti ma anche quello che la tromba di Alessandro Sciascia gli ha regalato.

Un applauso, un grande applauso per omaggiarlo ed un grido “Folgore” per rendergli onore.

Si potrebbero riempire pagine intere di ricordi ed aneddoti ma fra le tante parole io ne sceglierei una nella certezza di catturare la stessa che voi tutti decidereste di usare… una e una sola…

GRAZIE!

Per essere entrato nelle nostre vite, per sempre nel cuore di chi ti ha conosciuto.

Che la terra ti sia lieve Modesto.

Nadia Pische

    

   

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Spopolamento, inurbamento, insularità, perifericità, decentramento amministrativo e piena esigibilità del Patto per la Sardegna, queste alcune delle principali parole chiave espresse (e declinate in articolate riflessioni) nel suo intervento, dal segretario generale della Cisl Sarda, Ignazio Ganga, al congresso territoriale della Gallura.

Problematiche e concetti ribaditi più volte in tutte le assise territoriali e regionali che hanno accompagnato fin qui la stagione congressuale della Cisl e che troveranno una sintesi perfetta alla fine del mese di aprile con il congresso regionale che sancirà l’avvio di una nuova stagione sindacale dell’organizzazione che conta in Sardegna oltre 154.000 iscritti e una capillare presenza in ogni ambito della società e del mondo del lavoro.

Secondo quanto espresso da Ignazio Ganga, il rischio che la Regione sia percepita “lontana dalle periferie” va scongiurato con una «concreta riforma dell’ente amministrativo» che porti al decentramento delle funzioni e dei poteri (con annessa sburocratizzazione) a favore di tutte le realtà periferiche dell’isola, così da poter dare risposte compiute alle richieste di intervento e alle specificità che si elevano dai territori.

Il segretario ha poi evidenziato l’importanza che il “Patto per la Sardegna”, sottoscritto l’anno scorso con il Governo nazionale, sia realmente concretizzato con la spendita delle risorse assegnate e il rilancio dei settori chiave dell’economia sarda da quello dei trasporti a quello energetico e infrastrutturale, alla valorizzazione del capitale umano affinché i migliori cervelli della nostra isola non siano più obbligati a emigrare ma diventino una inestimabile ricchezza per la propria terra.

Inoltre il leader sindacale sardo, evidenziando il core business del sindacato costituito da fisco, previdenza, contratti (perequazione delle pensioni), ha posto l’accento sull’ormai irrinunciabile obbiettivo di impegnarsi affinché in Sardegna si avvi una vera stagione di ridistribuzione della ricchezza che porti a una diminuzione delle disuguaglianze e possa contribuire a un reale miglioramento della condizione economica per gli oltre 400.000 sardi che oggi vivono sotto gli indici di povertà assoluta.

Di grande importanza è stato anche il passaggio sull’insularità che da potenzialità inespressa basata sulla specificità mediterranea, sull’identità rappresentata dalla lingua, dalle tradizioni e dalla storia della nostra isola, è diventata oggi uno dei più gravi gap allo sviluppo dell’economia isolana in ogni ambito. Da qui la necessità di adoperarsi affinché la Sardegna permanga all’interno dei network internazionali rafforzando i trasporti da e per l’isola, e risolvendo le fondamentali vertenze come quella Meridiana.

Infine, il segretario parlando della (scarsa) competitività della Sardegna ha ribadito la necessità che il sistema produttivo sardo cambi paradigma di riferimento e passi dall’essere incentrato sulla quantità a uno basato sulla qualità in tutti quei settori strategici dell’economia come ad esempio l’agricoltura per la quale è necessario introdurre azioni che tendano a privilegiare coltivazioni che puntino alla “qualità totale” (biologico, biodiversità, etc.). Ragionamento declinabile anche a settori come l’industria dove l’innovazione tecnologica e il conseguente avvento della nuova rivoluzione industriale consentiranno la crescita e il mantenimento sul mercato delle sole aziende capaci di investire, innovare e avviare produzioni ad alto livello qualitativo.

E’ evidente, lo si percepisce oltre che dai congressi anche dalla determinazione espressa dal suo gruppo dirigente, che la CISL sarda si prepara a combattere una delle battaglie più difficili per il salvataggio della Sardegna dallo spopolamento – e quindi dall’alienazione – che autorevoli studi scientifici descrivono come progressivo da qui ai prossimi decenni. Una battaglia campale che ancora una volta può essere racchiusa nella locuzione che il prof. Lilliu introdusse con un famosissimo libro quando ancora era in vita: ovvero quella della “Costante resistenziale sarda”.

Una resistenza che la Cisl sarda si candida a guidare con il suo bagaglio di forti esperienze e proposte e la consapevolezza di essere una grande organizzazione capace di enormi slanci e di fare la differenza.

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La mancata vittoria nella sfida con la capolista Samassi, terminata sull’1 a 1, non ha frenato l’entusiasmo per la Festa Biancoblu, organizzata dai Briganti con la collaborazione del Carbonia Calcio e della Primavera Sulcitana. L’evento, giunto alla seconda edizione, premiato come miglior Raduno ed Evento sportivo “Italive 2016“, ha portato al “Carlo Zoboli” nell’arco della giornata un migliaio di persone, presenza non abituale nel campionato di Promozione.

L’evento, promosso in tutto il Sulcis dalla World Design che per l’occasione aveva il suo marchio anche sulle maglie dei calciatori, ha avuto anche quest’anno un grande successo, ponendo le basi per le edizioni dei prossimi anni, indipendentemente da come andrà a finire la stagione che vedrà il Carbonia impegnato nei play-off promozione.

Prima dell’inizio della partita, il leader dei Briganti, Damiano Basciu, ha consegnato le targhe ricevute per il “Premio Italive 2016”, ad Alessia Littarru, presidente dell’associazione Primavera Sulcitana, e a Massimiliano Zonza, presidente del Consiglio comunale di Carbonia.

Alleghiamo l’album con le fotografie della “Festa Biancoblu 2017” e due filmati, uno breve con l’intervento di Massimiliano Zonza, e uno con l’intervista realizzata con ill leader dei Briganti, Damiano Basciu.

Nei prossimi giorni pubblicheremo un approfondimento sugli altri aspetti della festa, iniziata alle 10.00 del mattino e terminata la sera, dopo la partita, con altre fotografie.

  

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L’amarezza per la sconfitta interna è grande, soprattutto perché la partita sembrava essersi messa per il verso giusto con il calcio di rigore trasformato da Marco Borriello, arrivato alla 14ª rete in campionato, ma proprio l’uscita dal campo del centravanti, infortunato, ha condizionato in maniera decisiva il resto della partita, alla fine vinta dal Torino di Sinisha Mihajlovic.

Ne è convinto il tecnico rossoblu Massimi Rastelli. «Abbiamo giocato un’ottima mezz’ora, nel corso della quale siamo andati meritatamente in vantaggio ed abbiamo tenuto bene il campo senza soffrire la grande qualità del Torino – ha commentato Massimo Rastelli -. Poi l’infortunio di Marco Borriello ha pesato: abbiamo preso gol proprio nel momento in cui era uscito Marco e stavamo aspettando che uscisse il pallone per il cambio. La squadra si è un po’ demoralizzata, sia per il gol incassato, sia perché ha perso un elemento fondamentale. Questo ha ribaltato la situazione psicologica, il Torino ha segnato la seconda rete. Ci eravamo ripromessi negli spogliatoi di mantenere la gara in equilibrio, invece purtroppo abbiamo preso il terzo gol. Le abbiamo tentate tutte per rimontare, creando diverse occasioni potenziali dove avremmo potuto fare meglio. Il 3-2 è arrivato soltanto all’ultimo momento. Si è vista la qualità individuale dei giocatori del Torino, che con tre tiri e mezzo ha segnato tre gol».

Alla vigilia la squadra puntava alla vittoria, per continuare la serie positiva e mettere un altro tassello verso il decimo posto, l’obiettivo auspicato dal presidente Tommaso Giulini. La sconfitta lascia tanta amarezza ma non cambia gli obiettivi.

«Cerchiamo di dare il massimo in ogni partita: alcune volte questo non basta, gli avversari fanno valere il maggior tasso qualitativo – ha sottolineato Massimo Rastelli -. Il traguardo della salvezza è praticamente stato conquistato a dicembre, per merito nostro, non per demerito delle avversarie.»

Massimo Rastelli ha avuto anche parole di elogio per il giovane nordcoreano Han, autore del secondo gol, in piena “Zona Cesarini”, 15 minuti dopo il suo ingresso in campo.

«È un giovane interessante – ha concluso il tecnico rossoblu -, aveva fatto bene nei pochi minuti dove era stato impiegato a Palermo e oggi ha segnato un bel gol.»

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Terzo e ultimo appuntamento con la sesta edizione della Rassegna cinematografica itinerante di Cinema del Reale “L’Italia che Non si Vede”.

Giovedì 13 aprile, alle ore 21.00, i locali dello Spazio Ex-Di’ Memorie in Movimento  La Fabbrica del Cinema, Grande Miniera di Serbariu (piazza Sergio Usai) ospitano la proiezione S Is For Stanley di Alex Infascelli, film che ha vinto un David di Donatello.

S Is For Stanley è la storia di Emilio D’Alessandro, autista personale di Stanley Kubrick. Una amicizia che ha attraversato trenta anni di vita, costruito meticolosamente quattro capolavori della storia del cinema e unito due persone, apparentemente opposte, che hanno trovato lontano da casa il proprio compagno di viaggio ideale.

La rassegna “L’Italia che Non si Vede” sta attraversando tutto il territorio nazionale grazie all’impegno di “UCCA  Unione dei Circoli Cinematografici dell’Arci” ed è organizzata a Carbonia dal Circolo ARCI La Gabbianella Fortunata in collaborazione con il Centro Servizi Culturali Carbonia della Società Umanitaria.

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Dramma, a Iglesias, per una donna di 40 anni, Roberta Porru, che sabato mattina all’ospedale CTO ha dato alla luce due gemelli, un maschio e una femmina, che si trovano in buone condizioni. Il parto, effettuato con taglio cesareo, sembrava essere andato bene ma poche ore dopo, purtroppo, la donna ha subito complicazioni ed è stata trasferita nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Santa Barbara, dove è stata accertata un’emorragia cerebrale ed è stato disposto il trasferimento all’ospedale Brotzu di Cagliari, prima nel reparto di Neurochirurgia, poi in Rianimazione dove, nonostante tutti i tentativi dei medici, oggi ha cessato di vivere. I familiari hanno autorizzato la donazione degli organi.

La direzione generale dell’Ats (Azienda per la tutela della salute) ha disposto l’apertura di un’inchiesta interna.

 

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«Non vorremmo che la seduta del Consiglio regionale si trasformasse in un processo contro l’Aias, ma soprattutto in un dibattito che metta a rischio il futuro di dipendenti e pazienti.»

E’ la preoccupazione espressa oggi da Gianluigi Rubiu, capogruppo dell’Udc, in vista dell’assemblea regionale sulla vertenza convocata per domani, martedì 11 aprile, alle ore 16.00, nel palazzo di via Roma.

«Abbiamo sollecitato unitariamente – spiega Gianluigi Rubiu – una riunione del Consiglio regionale per fare chiarezza su una vertenza che si trascina da troppo tempo e non si riesce a sbloccare nonostante le interlocuzioni con l’assessorato alla sanità e l’azienda unica. Incombe lo spettro della disoccupazione per tantissimi lavoratori. Il confronto in aula è urgente e non più rinviabile. Abbiamo però auspicato di ottenere preventivamente i conti esatti dei crediti vantati dall’Aias e le contestazioni mosse dall’assessorato. Ad oggi non è stato consegnato nessun dato ufficiale. Abbiamo quindi la percezione che l’appuntamento di domani si possa trasformare in un’inutile passerella, con la sola finalità di umiliare l’azienda impegnata nel mondo dell’assistenza sociale. Ancora una volta si rischia di palesare il fallimento e l’incapacità della politica sarda nel risolvere le vertenze occupazionali. Non si può arrivare in aula senza conoscere le criticità. Un ulteriore segnale dello stato di inadeguatezza della maggioranza, che pare ignorare le rivendicazioni dei lavoratori in attesa degli stipendi arretrati da diversi mesi. Vogliamo che si faccia chiarezza una volta per tutte – conclude Gianluigi Rubiu – sulle responsabilità di una gestione inefficace.»

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Il 12 aprile la vertenza Sarmed verrà esaminata in un incontro tra la la Regione e le organizzazioni sindacali di categoria.

«E’ necessario che la Regione diventi parte attiva in questa vicenda che rischia di diventare paradossale – spiega Emanuele Madeddu, coordinatore Filctem Cgil Medio Campidano -. Siamo davanti a un caso emblematico: c’è un imprenditore che vuole rimanere in Sardegna, non può investire perché i tempi biblici della burocrazia impediscono alla sua azienda di proseguire, soprattutto perché a ciò si devono aggiungere gli alti costi. Il trasferimento della fase di stampaggio in Tunisia crea un precedente di non poco conto perché si apre la strada verso una delocalizzazione che, difficilmente, potrà vedere un ritorno nell’isola. Non vorremmo fosse il primo passo per un trasferimento futuro. La Regione deve attivarsi con tutti gli strumenti perché questo non accada. Non è pensabile che un territorio come il Medio Campidano, dichiarato provincia più povera d’Italia, possa subire un atto di questo tipo che determinerebbe un ulteriore impoverimento. Per questo motivo, e per il fatto che i trasferimenti riguardano anche lo stabilimento di Iglesias – conclude Emanuele Madeddu – all’incontro alla Regione parteciperanno i segretari regionali di categoria.»