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È iniziata ieri con l’illustrazione delle due proposte di legge presente dal gruppo dei Riformatori sardi in commissione Autonomia l’esame delle proposte di legge per contrastare lo spopolamento delle zone interne.
«Si tratta di un tema strategico – ha affermato Michele Cossa – e per questo abbiamo elaborato ben due proposte di legge.»
La prima (n. 309) mira a rimuovere alcuni importanti ostacoli alla permanenza delle persone e delle attività produttive nei centri maggiormente colpiti dallo spopolamento.
Anzitutto, si propone di cambiare le quote di riparazione del fondo unico degli enti locali, che puniscono proprio le zone che si stanno spopolando (dove perciò minori sono gli introiti derivanti da IMU, TASI e TARI) a vantaggio delle aree urbane e dei centri costiere, dove sono molto numerose le seconde case. Altri interventi vedono a introdurre finanziamenti specifici per il mantenimento di un accettabile livello di servizi sanitari e scolastici; un agevole passaggio di proprietà degli immobili abbandonati (terreni e case) e al recupero e la riqualificazione dei centri storici.
La seconda (n. 407) sul “turismo residenziale” è rivoluzionaria e ha invece l’obiettivo di far crescere in modo consistente il PIL della Sardegna e in particolare delle zone interne attraverso una serie di misure di vantaggio in termini di rimborsi fiscali. L’attrattività di un territorio dipende infatti dalla sua capacità di offrire prospettive economiche e occupazionali a chi ci vive. Ecco perché pensiamo che sia indispensabile adottare misure che siano in grado di incidere efficacemente e in modo strutturale sul PIL, e che pertanto sia necessario andare oltre misure che leniscano il problema nel breve periodo.
La proposta di legge mira al tempo stesso ad arginare lo spopolamento e a favorire la crescita del PIL, soprattutto, nelle aree a maggiore rischio. Usando uno strumento di tipo non assistenziale, che non si presta ad essere piegato a logiche clientelari e di sperimentata efficacia: la leva fiscale.
In estrema sintesi, ci siamo chiesti: per quale motivo la Sardegna, raggiungibile da tutta Europa in due o tre ore di volo e le cui caratteristiche ambientali e climatiche sono ideali, non può diventare un forte polo di attrazione per i pensionati ad alto reddito? Per intenderci, quei pensionati – molti dei quali italiani – che trascorrono otto mesi e un giorno in Portogallo per godere dei benefici fiscali offerti da quel Paese, che sta realizzando tassi di crescita invidiabili. Offrendo vantaggi fiscali crescenti in relazione alla località scelta (fino al 60% di rimborso IRPEF per chi si trasferisce in comuni con meno di duemila abitanti a più di trenta chilometri da una delle maggiori conurbazioni dell’Isola) si potrebbe raggiungere nel giro di qualche anno un incremento di circa 100mila abitanti, dotati di un reddito di 40 o 50mila euro l’anno. Un ulteriore effetto positivo privilegiando chi acquista o prende in affitto uno dei 261.120 immobili liberi (di cui 14.652 nella sola Ogliastra) esistenti in Sardegna. Si pensi alle ricadute solo in termini di lavoro per i piccoli artigiani e di riqualificazione del patrimonio abitativo sardo.
L’impatto sul PIL della Sardegna, e in particolare delle zone interne, sarebbe consistente e si autofinanzierebbe: le maggiori spese della Regione per i rimborsi IRPEF e per l’incremento della spesa sanitaria (non ci sfugge cosa comporta il fatto che si tratta comunque di persone ci una certa età) sarebbero ampiamente coperte e incrementate grazie all’aumento degli introiti derivanti da Irpef, Irap e IVA.
E’ uno dei tasselli di quella idea di “Sardegna No Tax” che attraverso una serie di iniziative legislative stiamo componendo. Con l’obiettivo di ribaltare finalmente quel piano inclinato che sta spopolando e impoverendo economicamente e spiritualmente la nostra Isola, portarla ad essere economicamente autosufficiente e porre fine alle umilianti trattative con lo Stato per ottenere più risorse .