Sabato 24 giugno 2017, dalle ore 18.30, il Museo del Carbone ospiterà la conferenza “Miniere di zolfo: buio e aria sottile”.
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Sabato 24 giugno 2017, dalle ore 18.30, il Museo del Carbone ospiterà la conferenza “Miniere di zolfo: buio e aria sottile”, organizzata dalla Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna (FSRER) che, per il periodo 2014-2016, ha varato un complesso progetto di ricerca dal titolo “Gessi e Solfi della Romagna orientale”, che si prefiggeva di rilevare, documentare e studiare le cavità naturali e artificiali della Romagna orientale, e dal Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese, che ha coordinato tutte le esplorazioni nelle cavità artificiali della zona, che si estende dalla valle del Savio (provincia di Forlì-Cesena) fino al nuovo confine regionale con le Marche.
Dal punto di vista delle cavità artificiali, l’area ha un importante valore archeologico industriale, storico e sociale per la presenza di numerosissime zone minerarie di estrazione dello zolfo, appartenente alla Formazione Gessoso-solfifera. La zona presentava più di un centinaio tra miniere e ricerche di zolfo, che hanno lavorato con certezza almeno fin dal periodo rinascimentale, e che sono state una realtà economica molto importante per il territorio. Sicuramente la miniera di Perticara è stata la più importante: la più grande miniera di zolfo d’Europa con uno sviluppo di circa 100 chilometri di gallerie ed è stata chiusa nel 1964. Le gallerie si snodano principalmente in calciti, gessi e marne bituminose: l’ossidazione del kerogene contenuto nelle marne, l’ossidazione dell’ingente quantitativo di materiale legnoso abbandonato nelle gallerie hanno prodotto una situazione di forte carenza d’ossigeno nelle gallerie fino alla sua completa scomparsa. La presenza stessa del minerale solfifero ha creato zone con massiccia presenza di H2S e di gas infiammabili. Per poter effettuare un’esplorazione in simili circostanze sono state affrontate problematiche tipiche delle zone confinate a carenza di aria respirabile (ACAR): con attrezzature sofisticate, come autorespiratori e strumenti di misurazione.
Gli speleologi della Federazione hanno esplorato circa 2.500 metri di cui 1300 in ambiente a carenza di ossigeno. Durante il progetto sono state riscoperte e riesplorate alcune miniere di cui si era persa l’ubicazione, come la miniera dell’Inferno nel territorio di Sapigno, che aveva chiuso l’attività alla fine del 19° secolo. Gli speleologi hanno poi riaperto la Miniera di Formignano, nella valle del Savio, che era stata chiusa nel 1962, quando la Montecatini rinunciò all’estrazione e da allora nessuno era più rientrato nelle sue gallerie.
I risultati del progetto sono contenuti nella monografia “Gessi e Solfi della Romagna Orientale”, un volume di quasi 800 pagine suddiviso in tre sezioni riguardanti i valori naturali, la riesplorazione delle miniere sulfuree e Temi storico-geografici, culturali e gestionali. Il volume contiene anche un DVD con tutti i video girati durante la riesplorazione delle miniere.
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