Il Partito dei Sardi ha presentato 40 emendamenti per migliorare la rete ospedaliera.
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Il Partito dei Sardi ha presentato 40 emendamenti per migliorare la rete ospedaliera.
«La nostra visione di rete ospedaliera è integrativa e complementare rispetto a quella della Giunta che riteniamo insoddisfacente, per questo vogliamo una buona riforma fatta dal Consiglio e non accetteremo di delegarla all’atto aziendale.»
Lo ha dichiarato il capogruppo del Partito dei Sardi Gianfranco Congiu illustrando, in una conferenza stampa, gli emendamenti predisposti dal partito ed ispirati, ha poi aggiunto, «ad alcuni criteri fondamentali: differenziazione delle norme regionali rispetto a quelle nazionali, equiparazione degli standard fra sanità pubblica a privata, integrazione fra territori e compensazioni per le zone disagiate della Sardegna». «Su queste basi – ha proseguito Gianfranco Congiu – riteniamo che si possa fare una buona riforma senza tentennamenti; lo abbiamo detto nel recente vertice di maggioranza, riscontrando su alcuni punti significative aperture, e lo ribadiamo restando disponibili ad un confronto sui contenuti».
Il consigliere Augusto Cherchi, componente della commissione Sanità, è entrato nel merito delle proposte del Pds, soprattutto per quanto riguarda i presidi delle zone disagiate della Sardegna (Bosa, Isili, Muravera, Sorgono e La Maddalena). «Per compensare il disagio – ha spiegato – devono essere garantite alcune strutture di base, come medicina, chirurgia per interventi a media-bassa intensità, un pronto soccorso, una chirurgia d’urgenza, ricoveri differenziati per i pazienti chirurgici». Dopo aver sottolineato la necessità di equiparare gli standard della sanità pubblica e privata «sia in materia di sicurezza che nel numero dei posti-letto, Cherchi ha affrontato il problema della chiusura di molti punti nascita del territorio regionale mettendo l’accento sul fatto che nei siti dove sono stati chiusi o si dovranno chiudere dovranno essere attivati percorsi di accompagnamento e di preparazione alla maternità pre o post partum». «In questo quadro – ha osservato ancora Augusto Cherchi – il caso di La Maddalena conserva tutta la sua specificità e si potrà procedere alla chiusura soltanto dopo l’entrata in servizio dell’elisoccorso materno e neo-natale».
In conclusione, Augusto Cherchi ha segnalato l’esigenza di interventi correttivi in geriatria (Oristano è la provincia più vecchia d’Italia ma ha zero posti-letto) e di un approccio graduale alla configurazione degli ospedali di comunità (Ittiri, Thiesi, Ghilarza), sia operando una distinzione fra quelli delle zone rurali ed urbane, sia prevedendo un modello “in progress” con la presenza stabile di professionisti di diverse discipline per la fase transitoria.
Non condividiamo il percorso seguito fin qui, ha affermato il consigliere Roberto Desini, «perché la riforma si doveva fare all’inizio e non alla fine della legislatura e, soprattutto, con un atteggiamento meno accademico e con una maggiore capacità di ascolto». «Noi – ha aggiunto – guardiamo ai contenuti nell’interesse dei cittadini, stiamo sul territorio e ci mettiamo la faccia senza cadere in particolarismi territoriali; in concreto, siamo d’accorso sui due hub di Cagliari e Sassari ma quello di Sassari è largamente incompleto come dimostrano i numeri di molte specialità (chirurgia toracica, neonatologia, chirurgia infantile). Come sempre siamo disponibili al confronto ma è il Pd a non avere una linea comune, noi non baratteremo niente».
Dopo l’intervento del consigliere Alessandro Unali che ha riaffermato la volontà del Pds «per garantire una sanità migliore a tutti i sardi, a cominciare da quelli che vivono nelle zone più marginali» ha preso la parola il segretario nazionale del partito Franciscu Sedda che ha invitato la maggioranza «a fidarsi del Pds e a farsi guidare sulla strada della ricerca delle soluzioni». «Siamo stati i primi a vedere le criticità della riforma – ha ricordato – e siamo i primi a fare proposte alternative e migliorative perché non vogliamo una Sardegna ancora una volta spaccata per questioni territoriali che non hanno nulla a che fare col bene dei sardi».