22 November, 2024
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Lettera aperta dei lavoratori della RWM Italia Spa: «Nessuno di noi è interessato ad alcuna “riconversione”. Vogliamo solo continuare a lavorare onestamente e serenamente».

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L’attività della RWM Italia S.p.A., società che negli stabilimenti di Domusnovas e Ghedi (provincia di Brescia), produce le parti elettroniche, inerti ed esplosive (tradizionali e insensibili) richieste per i moderni, e futuri, sistemi d’arma, è contestata da alcuni anni da diversi movimenti pacifisti e da alcuni mesi, dal “COMITATO RICONVERSIONE RWM per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo, la partecipazione civica a processi di cambiamento, la valorizzazione del patrimonio ambientale e sociale del Sulcis Iglesiente”, del quale fanno parte numerosi soggetti, di sensibilità culturali diverse. Su proposta del comitato, il Consiglio comunale di Iglesias due settimane fa ha approvato un ordine del giorno unitario, che «impegna l’Amministrazione comunale a sollecitare lo Stato italiano a mettere in atto tutti i meccanismi utili alla verifica del rispetto dei Trattati internazionali, i principi costituzionali e la normativa nazionale sulla commercializzazione degli ordigni fabbricati nel territorio italiano; richiedere allo Stato e alla Regione Sardegna un impegno concreto affinché vengano poste in essere tutte le azioni atte a creare le necessarie precondizioni funzionali alla possibile riconversione nell’assoluta garanzia ed auspicabile ulteriore implementazione degli odierni livelli di occupazione».

Oggi, nel dibattito, si inseriscono i 270 lavoratori e lavoratrici dello stabilimento RWM Italia di Domusnovas e i 104 lavoratori e lavoratrici dello Stabilimento RWM Italia di Ghedi, con una lettera aperta che pubblichiamo integralmente.

«Da mesi la nostra Azienda è al centro di continue discussioni e marce, oggetto di Consigli e Risoluzioni di Amministrazioni Comunali, oltre che vero e proprio bersaglio di accanimenti mediatici e iniziative dal vago contenuto politico, al punto che tutto ciò sembra andare ben al di là dell’apparente fine di un normale dibattito relativo all’applicazione delle norme in materia di esportazione di materiali d’armamento; tema, quest’ultimo, che vede coinvolta l’intera industria italiana del settore Difesa.

Ora, se da un lato è legittima la pretesa che la nostra azienda rispetti rigorosamente le leggi applicabili all’attività che vi si svolge ed è, quindi, doverosa l’osservanza delle stesse – del resto, quali soggetti direttamente impegnati in quell’attività, siamo noi i primi a richiederlo a tutela nostra e di terzi -, dall’altro è inaccettabile, in quanto profondamente falsa, l’immagine di noi, Lavoratrici e Lavoratori di RWM Italia, così come resa dalle insistenti “attenzioni” di questi mesi: vittime di un presunto ricatto occupazionale, costretti a un lavoro che facciamo nostro malgrado, per colpa di un territorio che non offre nulla di alternativo, desiderosi di una possibile riconversione.

Noi non tolleriamo che un autocostituitosi Comitato, una Giunta o un Consiglio Comunale, personaggi politici o chi altro ci strumentalizzino a soli fini di loro propaganda personale o elettorale o per sedicenti motivazioni pacifistiche. Noi non consentiremo più di essere usati e danneggiati da soggetti che, con spaventosa incoscienza e incoerenza, mettono a rischio una realtà produttiva che consideriamo anche nostra.

In particolare, non intendiamo assistere in silenzio alla proposta, avanzata da più parti in questi giorni, relativa a una riconversione del nostro stabilimento, assolutamente fantomatica, per questo del tutto inconsistente e, dunque, nient’altro che ingannevole tentativo di far credere che qualcuno abbia sinceramente a cuore noi e le nostre famiglie. Fuori da ipocrisie, la situazione reale è un’altra: è quella di tanti fra noi che provengono dalle varie realtà industriali del Sulcis Iglesiente, del Cagliaritano e del Medio Campidano, in crisi o già chiuse, e che per anni hanno inutilmente sperato in un vero significato della parola “riconversione”, purtroppo, solo abusata. Oggi, senza la possibilità di lavorare in questa Azienda, molti di questi colleghi si troverebbero disoccupati.

Vogliamo, inoltre, precisare che, in ogni caso, tutti noi lavoriamo in questa Azienda per libera scelta, fatta con coscienza, senza ricatti o costrizioni.

Lavoriamo in questa azienda perché siamo convinti di contribuire, con la nostra professionalità e dedizione, a produrre sistemi di alta tecnologia e sicurezza, al servizio – in tutti i sensi lecito – della Difesa nazionale e internazionale, un comparto che occupa in Italia migliaia di lavoratori. E’ per noi motivo di orgoglio professionale far parte di questo settore che, a prescindere dalle ideologie e valori etici personali di ognuno di noi, rappresenta una eccellenza industriale del nostro Paese.

Troviamo, pertanto, del tutto superficiale e preoccupante proprio per la sua superficialità, la propaganda che finisce per colpevolizzare il nostro lavoro, in quanto il suo prodotto potrebbe essere utilizzato in scenari bellici: è elementare constatare che non sono i nostri prodotti a causare o alimentare i conflitti e che questi di certo non si risolvono impedendo alla nostra azienda di produrre ed esportare. Ogni posizione contraria è chiaramente mossa da sterile ideologia.

In conclusione, abbiamo la consapevolezza di lavorare nel rigoroso rispetto delle tante e giuste leggi e norme di controllo che regolamentano il settore della Difesa in Italia e per tale ragione troviamo quantomeno sconvenienti e faziose le istanze di “riconversione”, avanzate finanche da organi comunali che dovrebbero occuparsi di amministrare equamente e con equilibrio il territorio e suoi abitanti, anziché fare proclami privi di obiettività.

Nessuno di noi è interessato ad alcuna “riconversione”. Non vogliamo essere trascinati in vertenze che, anche in questo territorio, evocano solo scenari negativi, ma vogliamo solo continuare a lavorare onestamente e serenamente, come fatto sinora, nel rispetto di tutte le leggi dello Stato italiano.»

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