Anche in Sardegna i molini e i pastifici, produttori di paste secche, dovranno indicare, nelle confezioni, l’origine del grano duro utilizzato per la realizzazione dei loro prodotti.
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Anche in Sardegna i molini e i pastifici, produttori di paste secche, dovranno indicare, nelle confezioni, l’origine del grano duro utilizzato per la realizzazione dei loro prodotti, a garanzia di trasparenza nell’indicazione di origine.
Questo è quanto stabilito da un decreto interministeriale del ministero delle Politiche agricole e dello Sviluppo economico che obbliga le imprese a specificare in etichetta, in maniera chiara, la provenienza della materia prima nei prodotti pastari.
L’Atto, il n.191 pubblicato in Gazzetta Ufficiale ad agosto, che comunque non riguarda la pasta fresca e stabilizzata, entrerà in vigore il 17 febbraio prossimo, proprio per tener conto della complessità di avviare un sistema di tracciabilità interna del grano nelle semole e, da queste, nella pasta.
Secondo quanto prescritto, le indicazioni di origine vanno apposte in etichetta in un punto tale che siano facilmente visibili e leggibili chiaramente dal consumatore e specificando il Paese dove è stato coltivato il grano duro e il Paese ove è stata prodotta la semola, ingrediente primario della pasta. Nel caso in cui i prodotti provengano da diversi Paesi allora potranno utilizzarsi le dizioni alternative “UE”, “non UE” o “UE e non UE” per indicare l’origine rispettivamente da Paesi membri della UE, o situati fuori della UE o in parte della UE ed extra UE. E’ prevista la possibilità di indicare per il grano il nome di un singolo Paese purchè dal paese in questione provenga più del 50 per cento della materia prima ed eventualmente seguito dalle indicazioni alternative sopra ricordate per la parte rimanente.
«La tracciabilità e la trasparenza sono elementi fondamentali soprattutto nella nostra regione – commenta il presidente di Confartigianato Sardegna, Antonio Matzutzi – ma non vorremmo che il Decreto si trasformasse nell’ennesimo balzello e si rivelasse un intoppo burocratico, considerate le normative europee sufficientemente restrittive. Ricordiamo che lo stesso legislatore europeo ha già fatto presente come i costi derivanti da tale introduzione sarebbero superiori ai benefici dei consumatori e degli stessi produttori. In ogni caso, riteniamo opportuno, e importante, informare le imprese – aggiunge Antonio Matzutzi – affinché quelle toccate dal provvedimento possano adeguarsi, nei tempi giusti, alle nuove regole. La nostra Isola, infatti, in questo campo ha enormi possibilità di sviluppo e, per questo, i prodotti dovranno essere sempre più rispondenti a un mercato globale.»
«Ricordiamo che, se nel frattempo non interverranno le ventilate procedure di infrazione nei confronti dell’Italia – conclude Antonio Matzutzi – l’obbligo dell’etichettatura entrerà pienamente in vigore a febbraio e che per le aziende interessate sarà indispensabile informarsi e conoscere l’ambito dell’applicazione del Decreto.»
Ma qual è il panorama delle imprese del settore della pastificazione?
Sono 270 le imprese della pastificazione alimentare in Sardegna che danno lavoro a più di 1.300 persone: una azienda ogni 6.141 abitanti. Nell’isola si concentra il 6,5% di tutte le imprese italiane del settore.
Di queste realtà, ben 222 (l’82%) sono attività artigiane che producono culurgionis, panadas, malloreddus, frégula, semola per cuscus, ravioli, coccoi prena, lorighittas, filindeu ma anche numerosi altri tipi di pasta fresca e secca, tutte eccellenze del food made in Sardegna inserite nell’“Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali del ministero delle Politiche agricole e alimentari” oppure tutelate da marchi europei, come accaduto da poco per i culurgionis con l’IGP.
Produzioni sempre più apprezzate dai consumatori, non solo nella nostra regione, ma in tutta Italia e nel mondo, che premiano il “Made in Sardegna” alimentare, forte dei suoi prodotti annoverati all’interno del patrimonio culturale nazionale.
Aziende che, sempre più frequentemente, utilizzano prodotti a chilometro zero o certificati bio e che guardano con sempre maggiore attenzione alle esigenze dei consumatori italiani e, soprattutto, di quelli internazionali, notoriamente molto esigenti in fatto di ecosostenibilità delle produzioni.
Per Confartigianato Sardegna, il mondo delle paste alimentari rappresenta un vero e proprio tesoro che l’associazione è impegnata a difendere da contraffazioni, frodi e violazioni di legge, pericoli che crescono esponenzialmente in prossimità delle feste e dei periodi alta affluenza turistica.
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