19 July, 2024
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Il Birrificio artigianale Rubiu di Sant’Antioco vola a Bra, in provincia di Cuneo, per partecipare a “Cheese – le forme del latte”, la prestigiosa manifestazione internazionale di Slow Food, ad ingresso libero, in programma dal 15 al 18 settembre prossimi, per le vie e le piazze della cittadina piemontese.

Quest’anno “Cheese” si prepara a spegnere le candeline del suo 20° compleanno: era, infatti, il 1997 quando l’associazione Slow Food Italia e la Città di Bra organizzarono la prima edizione dell’evento che ogni due anni chiama a raccolta oltre 270.000 visitatori e 300 espositori da 23 nazioni (dati 2015). Al centro di questa undicesima edizione sono gli Stati generali del latte crudo, in cui Slow Food riunisce quei casari che in tutto il mondo continuano a produrre formaggi con latte non pastorizzato rispettando tutte le normative igienico sanitarie. Quella di quest’anno sarà un’edizione speciale, ancora più ricca di degustazioni, di incontri con gli esperti e di eventi collaterali.

Si tratta di un’occasione molto importante per Rubiu: sarà l’unico birrificio sardo presente alla manifestazione enogastronomica internazionale, le cui sei birre – non pastorizzate e ad alta fermentazione – verranno sapientemente abbinate ai formaggi sardi presenti alla manifestazione, Fiore Sardo, Casitzolu e pecorino di Osilo del presidio Slow Food.

La partecipazione del birrificio di Sant’Antioco, impianto di mille metri quadri e ampio brewpub, arriva inoltre in un momento storico cruciale: sebbene produca birre artigianali dal 2009, infatti, è proprio da quest’anno che Rubiu ha ampliato notevolmente l’impianto (interamente in acciaio dotato di un moderno software di gestione dei processi) e quindi la capacità di produzione, passando da 40mila litri fino allo scorso anno agli attuali 80 mila litri suddivisi tra bottiglie e fusti. «Un passo in avanti che ci riempie di orgoglio – affermano i soci – e che ci consente di guardare con più forza al panorama nazionale e internazionale». Ora, infatti, è possibile trovare la birra Rubiu non solo nelle eleganti bottiglie ma anche alla spina, presso ristoranti e pub sparsi in tutta Italia.

Una storia di successo e di speranza per tanti giovani che vogliono provare a investire in quella che i dati Istat identificano come la provincia più povera d’Italia, proprio come hanno fatto e continuano a fare i titolari del birrificio Tiziana Cuccu, Fabrizio Melis e Luca Garau.

Rubiu, tra i primi birrifici artigianali della Sardegna, nasce nel 2009 nell’isola di Sant’Antioco dalla passione di tre amici, Tiziana Cuccu, Fabrizio Melis e Luca Garau, fin da subito con una produzione rivolta sia al consumo diretto all’interno dei propri locali sia alla distribuzione attraverso l’imbottigliato nel formato da 75 cl.

Visto il successo ottenuto, nel 2014 decidono di trasferire l’intera attività – brewpub ed impianto – in un edificio molto più ampio, riuscendo a impiegare 15 persone.

Il terzo step riguarda l’ampliamento dell’impianto, passato ora a 20 ettolitri e in grado di produrre 80mila litri di birra. I tre soci del birrificio seguono la produzione a 360 gradi, dall’ideazione della ricetta alla scelta e allo stoccaggio delle materie prime, alla preparazione all’infustamento e imbottigliamento per poi procedere con la preparazione e spedizione degli ordini.

Attualmente sono sei le birre proposte, tutte crude ad alta fermentazione, non pastorizzate e non filtrate, con nomi ed etichette che omaggiano luoghi e peculiarità del Sulcis Iglesiente e della Sardegna: Triga, Biére Blanche; Lido, Golden Ale; Raìs, English Ale; Flavia, Golden Strong Ale, Moresca, Belgian Dark Ale; Centesima, American Porter.

Il birrificio è stato premiato più volte dalla “Guida alle Birre d’Italia” di Slow Food Editore, con il riconoscimento “Fusto”, assegnato ai birrifici che esprimono notevole costanza ed ottima qualità in tutta la produzione. Le birre hanno inoltre ottenuto ottime classificazioni sia in concorsi nazionali che internazionali, a conferma di un prodotto apprezzato non solo dalla clientela ma anche da giudici di livello del settore.

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Il Capo della Polizia e Prefetto di Roma Franco Gabrielli stamane è intervenuto in Consiglio regionale alla seduta sulla violenza di genere.

La seduta è stata aperta da un intervento di saluto del presidente Gianfranco Ganau che ha definito il fenomeno della violenza contro le donne «una vera e propria emergenza sociale», un problema strutturale e culturale che può essere risolto «solo con una strategia condivisa e coordinata».
La lotta alla violenza, quindi, secondo Ganau deve vedere in prima fila lo Stato e le istituzioni impegnate in un «grande lavoro di prevenzione» in grado di produrre un forte cambiamento culturale nella società.
Una società nella quale, ha aggiunto il presidente del Consiglio, trovano spazio troppi luoghi comuni profondamente sbagliati: «Sono biasimate le donne che subiscono violenza, uno spregevole pensiero sullo stupro fa notizia solo perché pronunciato da un mediatore culturale, i riflettori si accendono improvvisamente per fomentare l’odio nei confronti degli stranieri».
«Ecco perché – ha sostenuto ancora Ganau – la battaglia contro la violenza è una battaglia di civiltà che deve diventare prioritaria nell’agenda della politica». Rivolto agli uomini, il presidente dell’Assemblea li ha invitati ad impegnarsi a fondo in una battaglia giusta «che non può essere delegata solo alle donne, continuamente minacciate non solo nella loro vita o nell’integrità fisica ma nella loro identità e libertà, nella loro dimensione sociale».
«Tutto questo è violenza di genere e da qui dobbiamo partire per cambiare una realtà che, anche in quest’aula, riflette una società non equilibrata; abbiamo quindi il dovere di introdurre nella nostra legge elettorale la norma anti-discriminatoria della doppia preferenza di genere. La scorsa legislatura viene ricordata per il vergognoso voto segreto che bocciò la doppia preferenza, non permettiamo che questa sia ricordata per non aver avuto neanche il coraggio di portarla in aula.»
Successivamente il presidente Ganau ha dato la parola al presidente della Regione, Francesco Pigliaru.
Dopo aver citato i dati più recenti del femminicidio in Italia, «che provocano sdegno e angoscia di fronte ad una guerra che fa migliaia di vittime e causa tante vite spezzate di famigliari e di bambini», Pigliaru ha auspicato una forte «strategia sociale» che ha bisogno di risorse adeguate, politiche sociali e finanziarie.
Alcune politiche di settore come l’aumento delle pene per alcune tipologie di reati, ha proseguito il presidente, «sono necessarie ma non sufficienti perché la storia insegna che anche lo strumento più efficace rischia di essere mortificato da una cultura inadeguata ed occorre innanzitutto lavorare sulle prevenzione, attraverso i centri anti violenza e di ascolto per intervenire, dove si può, quando la vittima può essere salvata».
Soffermandosi sull’attività della Regione, Pigliaru ha sottolineato l’importanza di una serie di provvedimenti che riguardano il mondo della scuola, dagli studenti agli insegnanti ai genitori, gli investimenti in cultura, il potenziamento dei centri anti violenza e la creazione di opportunità di lavoro per le donne, mettendo l’accento sul fatto che «la Giunta ha investito ingenti risorse su programmi contro il bullismo, il cyber bullismo e la parità di genere», sostenendo che la Sardegna «è sulla strada giusta».
Per quanto riguarda i centri anti violenza, il presidente della Regione ha ricordato che le risorse destinate a queste strutture per il 2017 sono state aumentate rispetto all’anno precedente, assicurando un impegno ancora maggiore per «combattere scoraggiamento delle donne ed aiutarle a conciliare lavoro e famiglia». Un buon inizio, ha sintetizzato ringraziando le consigliere regionali di quanto hanno fatto, dentro e fuori dall’Aula, per la diffusione nella società sarda di una maggiore sensibilità sul tema della violenza di genere, «con una coraggiosa forma di testimonianza civile ed un contributo significativo alle istituzioni autonomistiche e tutta la nostra comunità».
«La buona politica – ha concluso – è fatta anche di parità di genere nelle istituzioni; com’è vero che la crisi della democrazia si combatte con più democrazia, è vero anche che questo obiettivo può essere raggiunto con più partecipazione femminile e con la partecipazione di tutti al governo della società».
Dopo l’intervento del presidente Pigliaru, il presidente del Consiglio ha dato la aprola al Capo della Polizia Franco Gabrielli.
Dopo aver manifestato il suo grande orgoglio per essere ospite del Consiglio regionale della Sardegna, «un territorio cui ogni italiano è sinceramente affezionato», Gabrielli non ha nascosto la sua amarezza perché «la presenza di un rappresentante delle istituzioni è diventata occasione di lotta politica». Non sono, ha chiarito, «un funzionario del Governo ma dello Stato, nominato con un decreto del presidente della Repubblica, e l’amarezza si allarga perché il mio sogno è che questo paese impari a trattare temi così importanti come la sicurezza come patrimonio comune e come argomento da utilizzare nelle per campagne elettorali». «Respingo inoltre – ha aggiunto – le frasi oltraggiose con cui mi si accusa di pensare più alla sicurezza dei miei uomini che alla violenza contro le donne, perché il mio lavoro è quello di garantire la sicurezza di tutti».
Affrontando il tema oggetto dell’incontro, il Capo della Polizia ha affermato che «la violenza di genere si manifesta attraverso tante forme di sopraffazione proprio nei luoghi che dovrebbero essere di maggior tutela e protezione delle donne». «Ma di questo fenomeno – ha spiegato – si parla troppo in coincidenza di fatti di cronaca che richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica, con tanto clamore e giudizi strumentali che poi rifluiscono nell’indifferenza; questo è un primo grande elemento di criticità perché questi fatti non possono essere relegati alle pagine di cronaca».
«Anzi – ha sostenuto – devono essere sempre al centro della nostra attenzione prima di tutto sul piano culturale, perché nessuna vicenda criminale ha un rapporto così stretto con la cultura ed i reati di genere hanno radici in una sub-cultura che rende la donna una cosa senza libertà e senza autonomia, con un legame che per aspetti richiama alcune vicende della protezione civile, in cui emerge un concetto proprietario di quello che è intorno a noi, una idea di essere padroni del territorio a prescindere».
Quanto ai dati, secondo Gabrielli «sono leggere con intelligenza perché possono presentare insidie, cito per esempio i dati di una agenzia europea del 2014 secondo i quali il fenomeno della violenza contro le donne si manifesta in modo più elevato proprio in Paesi dove c’è maggiore sensibilità su questo tema, senza dimenticare che la stessa lettura dei dati è condizionata dalla resistenza di molte vittime a far mergere gli episodi di violenza; in altre parole, anche il calo degli omicidi ci impone di non adagiarci, perché accanto alla diminuzione dei numeri in assoluto la percentuale delle donne-vittime resta costante».
Così come, ha proseguito, «sono in aumento i cosiddetti reati-sentinella: percosse, maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali, stalking, tipologie di reati che in Sardegna presentano un andamento sostanzialmente in linea col dato nazionale».
I numeri, a giudizio di Gabrielli, «danno quindi indicatori utili ma i nostri strumenti più efficaci restano prima di tutto la cultura e la formazione, anche perché la violenza sulle donne non ha estrazioni sociali o antropologiche ma attraversa tutta la società, e in tutta la società è presente la difficoltà e la resistenza vittime a denunciare per cause di varia natura, dal contesto familiare alla paura di perdere figli o per semplice vergogna, per cui dobbiamo combattere una battaglia per mettere in primo piano le vittime che non possono o non riescono a denunciare».
La Sardegna, ha poi aggiunto, «è un esempio di buone pratiche con la rete anti-violenza fa buone pratiche ed anche noi lavoriamo sulla cosiddetta vittimizzazione secondaria, cioè quella di chi ha subito violenza e teme di subirne ancora magari sotto forme diverse; è una realtà complessa che spesso le vittime in difficoltà nell’entrare in un ufficio di polizia come se fosse un fatto negativo; perciò è fondamentale il lavoro dei centri di ascolto e anti violenza e, nel nostro ambito, la formazione di operatori di polizia chiamati a lavorare fuori dagli uffici, e ad analizzare questi reati con nuovi protocolli, nuove modalità di intervento e l’inserimento in apposite banche-dati di episodi apparentemente isolati».
Per quanto riguarda la legislazione di settore, il Capo della Polizia ha l’ha definita molto positiva, sia perché ha intercettato fenomeni nuovi come lo stalking e il cyber bullismo, sia soprattutto perché ha privilegiato «un approccio non solo repressivo, ad esempio con l’istituto ammonimento, come strumento pre-giudiziario, che può contribuire a mettere in luce un contesto potenzialmente a rischio con un lavoro in progress». Mai come in questa materia, ha avvertito il Capo della Polizia, «la battaglia si vince insieme ed il frutto di questo sforzo comune è che, dal 2011, sono aumentate del 33% le denunce per maltrattamenti significa che si sta affermando un sentiment della vittima che si avvicina con fiducia nelle istituzioni e manifesta la sua condizione ma questa fiducia va mantenuta e consolidata con azioni di tutto il sistema, dalle istituzioni alla società civile».
«Noi ci siamo e ci saremo», ha concluso Gabrielli, in una comunità che ci deve vivere «non come soggetto di repressione ma come baluardo di legalità».
Al termine dell’intervento del Capo della Polizia ha preso la parola la consigliera del gruppo Misto Annamaria Busia, prima firmataria della mozione contro la violenza di genere, sottoscritta da tutti i capigruppo del Consiglio.
La Busia ha iniziato il su intervento con una citazione dell’intellettuale sarda Nereide Rudas secondo la quale «in un epoca moderna o post moderna ci sono ancora uomini rimasti indietro che, pur non essendo nati in contesti familiari vuoti, esprimono una realtà in cui si manifesta una superiorità nei confronti delle donne».
Le istituzioni, ha sottolineato la Busia, «devono trovare soluzioni e strumenti efficaci per combattere la violenza contro le donne, perché al di là dei numeri, troppe donne hanno subito violenza nella loro vita, da un partner attuale o precedente, spesso in età adolescenziale e con minori che assistono a queste tragedie, donne sperate e divorziate, disabili o con problemi di salute». Di fronte a questo fenomeno, ha proseguito, «i miglioramenti statistici non devono illuderci, perché è vero che c’è maggiore consapevolezza della necessità di combattere la violenza, ma sono ancora troppi i segnali negativi e non si intacca lo zoccolo duro del problema; c’è ancora troppo sommerso soprattutto nel contesto familiare ed un’alta percezione di paura di subire nuove violenze».
Sul versante legislativo, la Busia ha messo l’accento sul Piano straordinario nazionale che prevede un ruolo importante della Regioni con nuovi strumenti e risorse, ricordando però che «al Senato, dopo il voto unanime della Camera, è ancora ferma una proposta di legge per la tutela degli orfani delle vittime di violenza, è una legge nata in Sardegna dopo la richiesta di un uxoricida di vedersi assegnata la pensione di reversibilità; una legge bloccata per ragioni che riguardano assenza da quest’Aula di una parte politica, ma che va approvata al più presto».
Al presidente Pigliaru, ha concluso la consigliera, «chiediamo soprattutto che renda più veloce la spesa delle risorse, per l’osservatorio e la cabina di regia, un sistema integrato di raccolta ed elaborazione dei dati, il coordinamento del lavoro in tutti gli ambiti territoriali, in un quadro di leale collaborazione fra soggetti nazionali e regionali interessati». La Busia ha ringraziato infine i presidenti della Regione Pigliaru, del Consiglio Ganau ed il Questore di Cagliari, ricordando in riferimento all’assenza dall’Aula dell’opposizione che «noi sardi siamo solitamente più ospitali ed anche noi proviamo grande amarezza».
Subito dopo il presidente Ganau ha sospeso brevemente i lavori che poi riprenderanno in seduta formale.
Dopo la pausa, il Consiglio ha iniziato la discussione della mozione.
Il primo intervento è stato quello del consigliere Domenico Gallus (Misto) ha dichiarato di essere presente a titolo personale perché, pur collocandosi all’opposizione, non ha condiviso scelta di restare fuori dall’Aula.
Sulla mozione, Gallus ha affermato che «la violenza di genere attraversa purtroppo tutta la società a cominciare dalla famiglia, dove si apprendono le prime differenze di genere e la stessa appartenenza sessuale, con uomo e donna che sono categorie complementari reciprocamente escludenti che poi si riflettono nella società comportamenti, linguaggi, ruoli; il genere, in altre parole, è un carattere appreso e non innato».
Quello maschile, ha detto ancora Gallus, «occupa purtroppo una posizione privilegiata e la vita è scandita dall’accentuazione delle differenze, con messaggi importanti che tendono ad occupare uno spazio fisico ed è qui che si annida la violenza». L’uguaglianza va quindi affermata, ha concluso, «come momento di costruzione di una società capace di riconoscere le uguaglianze e ristabilire un buon equilibrio fra le sue componenti».
In questi anni si sono fatti molti passi avanti ma non bastano, ha continuato, «come vediamo in Consiglio regionale ma anche nella famiglia, nella scuola e nella società, dove resta forte l’impatto di una violenza di genere che va vista come questione sociale e, come emerge dai documenti dell’Oms come problema di salute pubblica, con effetti negativi, sotto molteplici aspetti, per lo sviluppo delle comunità». Il femminicidio, ha concluso, «è un dramma inaccettabile in una società avanzata, per cui bisogna partire da famiglia e scuole per educare i ragazzi al rispetto e all’uguaglianza, con una azione più forte delle istituzioni e delle altre agenzie educative che mettano al centro la persona affermando una mentalità nuova».
Il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu, dopo aver assicurato la firma del suo gruppo alla mozione ed aver espresso gratitudine per l’impegno delle colleghe che, sulla lotta alla violenza contro le donne, hanno qualificato tutto il Consiglio in questa legislatura, ha sottolineato i positivi risultati già raggiunti. Siamo stati fra i primi in Italia a costituire l’osservatorio, ha ricordato, «ed i primi a presentare proposte a sostegno degli orfani delle vittime, dimostrando con i fatti come vogliamo caratterizzare il nostro impegno sociale». Ribadiamo qui il nostro impegno, ha aggiunto, »ricordando però che prima della repressione c’è la necessità di un cambiamento culturale; chiediamo che sia discussa al più presto la legge sulla parità di genere che con deve essere confusa con altre riforme elettorali».
In conclusione, il capogruppo del Pds ha motivato l’assenza dall’Aula del suo gruppo con il fatto che «il Capo della Polizia, in realtà, ha contributo al dibattito solo per i dati che ha fornito, ma il governo Italiano non ha neppure un ministero per le Pari Opportunità per le pari opportunità ma solo un semplice dipartimento, per cui a nostro giudizio non era utile restare in Aula». Quanto agli obiettivi della Regione sulla materia, «per noi sono positivi fermo restando che il dibattito su questa mozione ha oscurato i contenuti di tante altre mozioni importanti per la Sardegna e questo per noi è negativo».
La consigliera del Pd Daniela Forma ha affermato che «il fenomeno della violenza sulle donne ci richiama ad una nuova strategia delle istituzioni, dopo la convenzione di Istambul che ha equiparato violenza (non solo sessuale) contro le donne ad una violazione di diritti umani, tracciando un percorso politico, culturale, di innovazione e di civiltà, fatto non solo di leggi ma di una nuova coscienza collettiva». C’è, ha sostenuto, «uno spazio molto ampio su cui lavorare per raggiungere l’uguaglianza di genere, una sfida da vincere per cambiare una società ancora profondamente maschilista in cui le donne vittime di violenza sono spesso sopraffatte da vergogna e sensi di colpa». Il Consiglio deve ripartire dalla sotto rappresentanza del genere femminile, ha concluso, «perché sono ancora troppo poche le donne nel sistema Regione, servono atti concreti, che anche gli uomini devono condividere senza la paura di essere coraggiosi».
Il consigliere Emilio Usula (Misto-Rossomori) ha definito la mozione apprezzabile «sia per il contenuto che per impegno delle consigliere regionali, però non posso non ricordare ultima finanziaria quando un mio emendamento per aumentare i fondi ai centri anti violenza venne respinto, limitando le risorse ad appena 900 mila euro per tutto il territorio regionale, c’è una contraddizione evidente».
Il consigliere di Mdp – Art.1 Luca Pizzuto ha parlato di «un tema molto rilevante per cui sbagliamo ad occuparcene solo sulla spinta di fatti rilanciati dai media; la libertà della società si fonda soprattutto sulla liberazione della donna perché la prima forma di oppressione non è dell’uomo sull’uomo ma dell’uomo sulla donna». Oggi, ha lamentato, «la tv ci bombarda con immagini che raffigurano la donna come oggetto a disposizione dell’uomo; questo va messo fortemente in discussione e devono cominciare a farlo gli uomini, per ribaltare gli schemi di una società profondamente oppressiva». Luca Pizzuto ha poi ringraziato il presidente Ganau che ha parlato nel suo discorso di uomini non violenti, dicendosi che convinto che «le azioni della Regione debbano rappresentare un modello educativo nuovo in grado, fin dalla prossima finanziaria, di mettere la Sardegna all’avanguardia nelle politiche di cambiamento».
La consigliera Rossella Pinna (Pd) ha dichiarato che «il tema in discussione ci tocca profondamente, per tutte le vicende di donne minacciate perseguitate ed uccise che hanno attraversato la storia, e per quelle di oggi con il femminicidio che rappresenta la parte preponderante degli omicidi, consumati in un contesto come quello della famiglia che si rivela il luogo più pericoloso per donne e bambini». Alla domanda se si sta facendo abbastanza per combattere questo fenomeno, ad avviso della Pinna, «bisogna dare purtroppo una risposta negativa, servono più azioni positive e politiche integrate su educazione, formazione professionale, ed opportunità di lavoro per le donne,  un cambiamento culturale, insomma, che metta al centro l’identità di ogni persona». La Sardegna ha un’ottima legge, ha ricordato, «ma l’applicazione ma migliorata perché i tempi di erogazione delle risorse sono trotto lunghi e con consentono ai centri anti violenza di programmare bene l’utilizzo delle loro risorse».
La consigliera ha proposto infine, con un emendamento orale, «di integrare il dispositivo della mozione con quattro punti, dedicati ad intese col mondo della scuola con insegnamenti collegati all’educazione di genere, misure di promozione di nuovi modelli comportamentali, sostegno ad attività formative e culturali in tema di uguaglianza e contro razziamo e omofobia, formazione del personale delle agenzie educative, dalla scuola allo sport».
Dopo l’on. Pinna ha preso la parola il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che si è detto «disponibile a individuare risorse aggiuntive nella prossima Finanziaria regionale, se dovessero servire. Valuteremo anche se ci sono risorse non spese e per quale ragione. Sarà questo Consiglio a decidere in ultima analisi dentro la manovra finanziaria. Certo però è che abbiamo bisogno di cultura e di valori, soprattutto per la parte maschile della società. Per questo la scuola è così importante: dobbiamo fare una grande animazione verso le scuole di tutti i territori e promuovere il programma Iscola della Regione, in particolar modo con riguardo al bullismo e alla parità di genere. I bandi di Iscola sono aperti, cogliamo questa opportunità perché le risorse ci sono già».
Il presidente Ganau ha poi messo in votazione la mozione così come emendata dall’onorevole Rossella Pinna nel suo precedente intervento. La mozione è stata approvata e il presidente del Consiglio regionale e ha poi dichiarato conclusi i lavori.

Di seguito gli interventi integrali del presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, e del presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru.

GIANFRANCO GANAU

Ringrazio il prefetto Franco Gabrielli, per la sua disponibilità e il questore di Cagliari, Pierluigi d’Angelo, per averci dato l’occasione di riflettere su un fenomeno, quello della violenza di genere, che ha assunto oggi in Italia le dimensioni di una vera e propria emergenza sociale, sintomo di un problema strutturale e culturale che per la complessità delle sue ragioni e la pluralità delle sue manifestazioni può esser combattuto solo con una strategia condivisa e coordinata.

La ratifica della convenzione di Istanbul da parte del nostro parlamento è stato un passo in avanti fondamentale perché stabilisce che la violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani, non un fatto privato da gestire in silenzio, in casa, in solitudine. È un fatto che riguarda tutti, che riguarda in primo luogo lo Stato, il che ci obbliga come istituzioni a farcene carico.

Non esiste tolleranza né giustificazione alcuna per le condotte che ledono i diritti delle donne, dal sessismo di affermazioni considerate “leggere”, alle offese, alle minacce, agli stupri, al femminicidio.

Molto si è fatto sul fronte delle misure repressive con la legge sul femminicidio, ma ciò che ancora dobbiamo portare avanti con maggiore convinzione e determinazione è un lavoro di prevenzione perseguendo quel cambiamento culturale necessario.

La consapevolezza condivisa della gravità del problema è presupposto indispensabile per avviare un reale processo di cambiamento.

E allora, ad esempio, dobbiamo opporci a qualsiasi strumentalizzazione quando si parla di educazione di genere nelle scuole.

Perché, guardate bene, in mancanza di un mutamento anche nel modo di parlare e di guardare, non vi sarà un reale cambiamento; finché non si capirà che la sotto rappresentazione e la rappresentazione offensiva della donna riguarda, in primo luogo, gli uomini che vanno educati da bambini al rispetto, non ci saranno progressi.

I dati ci riportano una realtà che è un bollettino di guerra che dice che il 31,5% delle donne nel corso della loro vita hanno subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale.

Che ci dice che il 62,7% degli stupri viene commesso dal partner attuale o precedente, ossia in famiglia.

Ma il nostro è un mondo al contrario dove ad essere biasimate sono le donne che subiscono violenza, dove uno spregevole pensiero sullo stupro fa notizia solo perché pronunciato da un mediatore culturale e non per l’estrema gravità del suo contenuto.

Siamo un paese dove i riflettori sulla violenza maschile contro le donne si riaccendono improvvisamente per fomentare l’odio nei confronti degli stranieri. E improvvisamente ciò che conta non è il fatto terribile che ogni giorno in Italia 11 donne vengano stuprate, spesso in famiglia, ma quanti di questi stupratori siano stranieri; arrivando perfino a distinguere le vittime in italiane e straniere come se le vittime non fossero sempre vittime e gli stupratori sempre stupratori.

La questione è politica e culturale: noi uomini non violenti non possiamo permettere che la violenza venga fatta a nostro nome. Dobbiamo fare in modo che questa battaglia di civiltà diventi prioritaria nella nostra agenda politica.

E allora dobbiamo affrontare con serietà le proposte sull’educazione sentimentale che giacciono in Parlamento.

Fondamentale è insegnare il rispetto perché l’amore non è sopraffazione, ma è saper vivere insieme in armonia. Dobbiamo combattere la “violenza mascherata d’amore” di cui ci ha parlato la presidente Boldrini nel suo primo discorso alla Camera.

E non cito a caso la presidente Boldrini perché a lei come istituzione e come donna va tutta la mia solidarietà per gli attacchi e le minacce brutali e sessiste che riceve ogni giorno esclusivamente perché donna delle istituzioni o forse meglio dire donna nelle istituzioni.

Abbiamo il dovere di denunciare e combattere il fenomeno, sempre più diffuso, dell’utilizzo nei social network di volgarità, espressioni violente e di minacce nella quasi totalità a sfondo sessuale.

Non è accettabile che anche uno strumento nato per dare più opportunità, si trasformi in un ulteriore mezzo di violenza nei confronti delle donne.

Sono profondamente convinto che la violenza sulle donne riguardi tutti; se colpisce le donne è un problema degli uomini, una società che non rispetta le donne è una società che colpisce i diritti di tutti. Noi uomini dovremmo occuparci di più di questa battaglia che non possiamo delegare solo alle donne, il più delle volte sminuendone e deridendone le rivendicazione. Perché, badate bene, non si tratta solo di violenza e lesioni gravi da parte di partner o ex, ogni condotta che mira ad annientare la donna nella sua identità e libertà, non solo fisicamente ma anche nella sua dimensione sociale e psicologica e lavorativa, è una violenza di genere.

Certo, oggi la situazione è migliorata, basti pensare che 1/3 delle parlamentari è donna, abbiamo ministre e sottosegretarie ma non possiamo negare che la diffidenza e i pregiudizi esistono in ogni ambito della società. Siamo il paese in cui soltanto il 47 per cento delle donne lavora contro una media europea del 60 per cento. E quando lavora, spesso ha retribuzioni più basse.

Eppure è dimostrato che se le donne lavorano, il PIL aumenta, è dimostrato che quando le donne conquistano nuovi diritti è tutta la società che va avanti. E allora dobbiamo interrogarci sul perché di questa situazione.

E guardate, anche il linguaggio di genere non è una quisquiglia, è sostanza. Perché se dico infermiera, segretaria non devo dire avvocata, magistrata o sindaca?

Prima esisteva solo il genere maschile perché erano lavori riservati agli uomini, ma la nostra è una lingua neolatina che declina il genere, per cui dobbiamo declinare, dobbiamo correggere e adattare il linguaggio al cambiamento della società. Declinare al femminile è sostanza, è riconoscere un percorso.

È tutto connesso: norme sulla rappresentanza, incentivi per il lavoro femminile, lotta contro la violenza e la mercificazione del corpo della donna, il linguaggio di genere. 

E allora colleghe e colleghi, è da qui che noi dobbiamo partire, da questo palazzo da quest’aula, che è oggi lo specchio di una società non equilibrata. Abbiamo il dovere di introdurre nella nostra legge elettorale la norma antidiscriminatoria della doppia preferenza di genere, perché di questo si tratta, di norme antidiscriminatorie, non di quote rosa. Dobbiamo risolvere il problema della sotto-rappresentatività della metà del genere umano di quest’organo politico.

Questo tema non riguarda solo le donne, c’è molto di più in ballo, perché se la metà del genere umano è tagliata fuori o compressa nella rappresentanza è la democrazia a soffrirne prima ancora che le stesse donne. Perché la democrazia è meno rappresentativa e meno inclusiva, meno capace di interloquire con le istanze della società.

E allora forse oggi possiamo prendere pochi altri impegni ma di certo di questo possiamo farci carico. La scorsa legislatura viene ricordata per il vergognoso voto segreto che ha bocciato la doppia preferenza di genere, non permettiamo che questa sia ricordata per non avere avuto neanche il coraggio di portarla in aula.

FRANCESCO PIGLIARU

I dati più recenti sul fenomeno del femminicidio in Italia provocano sdegno e angoscia. Stiamo parlando di più di cento donne assassinate nel 2016, di 20 donne assassinate fino a luglio di quest’anno. Donne spesso uccise da uomini che dicevano di amarle.
E’ il bollettino di una guerra. Una guerra che fa migliaia di vittime.
Perché dietro ogni donna uccisa non c’è soltanto una vita dissolta, ma altre esistenze spezzate: distrutte per sempre. Un padre e una madre. Un fratello o una sorella. Una comunità di amici. Bambini di cui troppo poco si parla: i reduci di cui nessuno cura le ferite.
E’ quindi una tragedia sociale, una situazione eccezionale che esige di essere fronteggiata con risorse adeguate. Risorse che sono morali intellettuali, finanziarie.
E’ preciso dovere della politica programmare interventi concreti, mettere in campo strumenti di prevenzione, finanziare azioni di supporto e di sostegno contro questa inaccettabile situazione.
Noi non possiamo perdere questa sfida. Noi abbiamo il dovere, contro questo nemico, di tenere il campo.
Sul piano delle politiche generali di settore, l’incriminazione del reato di stalking e l’inasprimento delle pene previste in caso di femminicidio sono un primo passo, certo non sufficiente.
Occorre compiere significativi passi in avanti sul fronte della definizione accelerata dei procedimenti e sulla effettività delle pene.
Occorre che chi è chiamato al delicato compito di accertare e reprimere i reati, in via amministrativa e giudiziaria, abbia non solo una sensibilità specifica, ma una preparazione culturale e operativa adeguata.
Occorre che abbia la capacità di calibrare gli interventi cautelari e sanzionatori in modo appropriato, perché la nostra storia insegna che spesso anche lo strumento più efficace rischia di restare mortificato da una inadeguata cultura applicativa. Ed è esattamente quello che è accaduto spesso in questi anni.
La sfida più importante però è nel terreno delle politiche attive di prevenzione e di sostegno alle vittime e alle possibili vittime.
Occorre innanzitutto prevenzione. Presidio del territorio, specie nelle realtà più a rischio. Centri anti-violenza e centri d’ascolto per intervenire là dove ancora intervenire si può: quando ancora la mano del carnefice non è armata e la possibile vittima può essere salvata dal rischio concreto di un epilogo tragico.
La Regione ha messo in campo strumenti importanti per far fronte a questa tragedia quasi sempre annunciata, attraverso interventi specifici nelle scuole, nel finanziamento dei centri antiviolenza, nelle politiche attive per il lavoro delle donne e la conciliazione con la famiglia.
La scuola, prima di tutto, in quanto luogo deputato alla crescita culturale e civica dell’individuo, rappresenta il luogo chiave per combattere e vincere la lotta alla violenza di genere.
Questa Giunta ha investito ingenti risorse per potenziare e migliorare la qualità della scuola in Sardegna. Ci sono alcune linee del programma Iscol@ che hanno sviluppato l’anno scorso progetti per contrastare bullismo, cyber bullismo e differenza di genere. L’esperienza collettiva dei laboratori è stata molto positiva e ha sviluppato empatia tra gli allievi, superando fenomeni negativi di diffidenza, incomprensione, emarginazione e violenza.
E in questi giorni in cui stanno riaprendo le scuole è giusto sottolineare che proprio nelle scuole molto, moltissimo si può fare. Voglio ricordare in questa occasione, ed è un appello a tutte le scuole, che il bando Iscol@ è aperto e che progetti così importanti per il nostro futuro come quelli fatti l’anno scorso possono essere replicati e moltiplicati anche quest’anno e ci auguriamo che la partecipazione delle autonomie scolastiche sia ancora molto più numerosa di quella degli anni passati, perché questa è una grande opportunità.
Un’altra importante politica regionale riguarda il sostegno ai centri antiviolenza e alle case rifugio. La Regione Sardegna ha avviato e assicurato continuità agli interventi a sostegno delle donne vittime di violenza e dei loro figli: abbiamo finanziato con risorse pari a 1 milione di euro per il 2016 e abbiamo stanziato complessivamente 1,8 milioni per il 2017.
Sono cifre spesso insufficienti e certamente ci impegniamo a fare di più come i dati che ho citato all’inizio ci impongono di fare.
Ma ci siamo concentrati anche sulle politiche attive che combattano lo scoraggiamento delle donne rispetto alla possibilità non solo di trovare un lavoro, ma anche di riuscire a conciliarlo con i propri carichi di cura familiare.
E’ ancora una goccia nel mare rispetto alla vastità del fenomeno, ma è un inizio, forse un buon inizio, che ci induce a fare sempre di più.
Renderei poi torto a questa Assemblea se non sottolineassi e se non valorizzassi adeguatamente l’enorme, preziosissimo, continuo lavoro svolto dalle consigliere Busia, Forma, Pinna e Zedda per diffondere una maggiore sensibilità sul delicato tema della violenza di genere non solo all’interno di quest’Aula ma nell’ambito di tutta la società sarda.
Il vostro lavoro è innanzitutto una coraggiosa forma di testimonianza civile, è un contributo autentico al progresso complessivo della nostra comunità e, in questo senso, rappresenta una pagina importante nella storia del Consiglio Regionale della Sardegna e della nostra autonomia regionale.
Sono inoltre profondamente convinto che la buona politica passi anche da una corretta distribuzione dei seggi a garanzia della parità di genere.
L’equilibrio di genere nelle assemblee legislative è un fatto di civiltà e il dibattito avviato da quest’Aula e gli impegni assunti in questa legislatura dalle forze politiche qui rappresentate e dai vari livelli istituzionali auspico che vengano trasformati al più presto in azione concreta.
Per concludere, così come alla crisi della democrazia si risponde con più democrazia, alla violenza di genere si può rispondere in un modo soltanto: incrementando i livelli di partecipazione femminile nel mondo della scuola, del lavoro, dell’impresa e delle istituzioni.
Perché non ci può essere alcuna autentica uguaglianza senza la piena condivisione e la compartecipazione più estesa e radicale di tutti – uomini e donne – al governo di tutti i settori della società.»

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Settembre è per tutti il mese nel quale si devono raccogliere i frutti del lavoro fatto per favorire la cessione ed il riavvio dello stabilimento dell’Alluminio di Portovesme. Lavoro che per il ministro Calenda potrà andare a completamento in queste settimane e che fa seguito alla decisione del Governo di farsi soggetto attivo e intermediatore, con la propria Agenzia di sviluppo, fra l’Alcoa e eventuali acquisitori superando la decisione della multinazionale di dare avvio al suo smantellamento al termine dello scorso anno.

Entro settembre si dovrebbe, dunque, avere:

– la definizione del costo energetico adeguato agli standards europei attraverso i 3 strumenti: Accordo bilaterale con produttore di energia; Servizio di interrompibilità; riduzione strutturale degli oneri derivante dal provvedimento di legge verso la competitività delle produzioni energivore nazionali, già approvato dalla Camera e in attesa di concludere il suo iter legislativo nei prossimi giorni con il voto del Senato.

– la determinazione sull’intervento dello Stato per dare corpo alla dichiarazione di strategicità nazionale della produzione primaria, con un Contratto di Sviluppo a sostegno degli investimenti per il miglioramento tecnologico, produttivo e ambientale.

– la conclusione degli aspetti relativi alla ripartizione dei costi della messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera con il barrieramento idraulico dell’intero Polo industriale e il completamento della procedura per l’ assegnazione del dragaggio del Porto industriale.

Tematiche tutte oggetto della lunga trattativa per dare corso ed esigibilità al protocollo d’intesa sottoscritto dal Governo con la Glencore, di fatto mai portata a termine a causa dei ritardi nella loro definizione e, soprattutto, impedita dalla decisione di Alcoa, nell’agosto dello scorso anno, di chiudere a qualsiasi trattativa con qualunque soggetto, quale che esso fosse, per la cessione dello stabilimento.

Soluzioni, dunque, ai temi e alle precondizioni indispensabili, sulle quali pesano in modo particolare le mobilitazioni e i sacrifici dei lavoratori e del territorio, per l’avvio di qualsiasi trattativa reale con qualunque soggetto potenzialmente e formalmente interessato all’acquisizione dello stabilimento.

In attesa della convocazione di cui agli impegni del Ministro e a fronte delle esperienze anche di queste ultime settimane con le altre vertenze, ci pare il caso di ribadire le preoccupazioni rispetto al frequente e possibile comportamento delle istituzioni, con una loro parte che opera per fare e altre che invece fanno di tutto per il suo contrario.

Infine, sappiamo che al 27 luglio, data dell’ultimo incontro con il Ministro, c’era una sola offerta in campo per rilevare lo stabilimento, quella della Svizzera Sider Alloys. Una proposta, della quale siamo in attesa di conoscere i termini del piano industriale e occupazionale, certamente importantissima che però, per noi, in quanto unica non fa onore al risultato del lavoro che abbiamo voluto ricordare e insieme anche al mondo industriale del nostro Paese e del settore.

Risultati, peraltro, rafforzati dai dati sui fattori della ripresa economica e dal deciso e stabile aumento della quotazione dell’alluminio nel mercato, che riteniamo meritino certamente ben altro interessamento da parte dei soggetti industriali mondiali del settore nel quale lo stabilimento deve competere nel tempo.

Voci sempre più insistenti asseriscono che vi sarebbe la formalizzazione dell’interesse da parte della Glencore, che sappiamo aver completamente rinnovato il management mondiale del settore Alluminio. Se tale informazione fosse vera sarebbe insieme il riconoscimento del lavoro del Governo e la conferma delle maggiori certezze e garanzie sui temi fondamentali che fino a poco tempo fa erano invece oggetto di rivendicazione. La stessa, infine, andrebbe a determinare l’auspicabile ed opportuna competizione fra soggetti per l’acquisizione dello stabilimento con proposte, piani industriali da comparare e valutare nell’interesse del Paese, dei lavoratori e della ricaduta occupazionale nel breve come nel lungo periodo.

Tematiche da tenere in estrema considerazione nelle decisioni che il Governo ed Invitalia dovranno assumere nei prossimi giorni e settimane, per chiudere al meglio la vertenza ed accompagnare la ripresa economica e sociale di cui il Sulcis Iglesiente ha opportunità e diritto.

Roberto Puddu (segretario generale CGIL Sulcis Iglesiente)

Roberto Forresu (segretario FIOM CGIL Sulcis Iglesiente)

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I problemi legati al riordino della rete ospedaliera sono l’unico punto dell’ordine del giorno della seduta del Consiglio comunale di Carbonia convocata in seduta straordinaria “aperta” per lunedì 18 settembre 2017, alle ore 18.00, nella sala polifunzionale di piazza Roma.

La riforma è al centro di un aspro dibattito in tutta la Sardegna ed il Consiglio regionale ha rinviato alla prossima settimana l’approvazione definitiva. Da più parti, da amministrazioni locali e vari comitati di cittadini sorti spontaneamente negli ultimi mesi che hanno manifestato anche la scorsa settimana in Ogliastra e a Cagliari, arrivano alla Giunta regionale e alla maggioranza di centrosinistra che ha proposto e sostiene la riforma (non mancano i distinguo anche in seno alla maggioranza) espliciti inviti a frenare il percorso di approvazione, per ascoltare le richieste di modifica, in particolare per le realtà minori e periferiche che verrebbero pesantemente penalizzate dall’attuale testo legislativo. La convocazione della seduta consiliare si inserisce proprio in questo dibattito, anche perché la realtà del Sulcis Iglesiente è una di quelle più interessate dal piano di riorganizzazione della rete ospedaliera predisposto dalla Giunta Pigliaru.

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Il comune di Carbonia si è aggiudicato un finanziamento regionale di 316.000 euro dell’avviso pubblico pubblicato il 4 luglio scorso dall’assessorato regionale dei Lavori pubblici, per la pulizia e la manutenzione dei corsi d’acqua e la conseguente riduzione del rischio idrogeologico.

Il contributo regionale verrà utilizzato per la manutenzione di 29 km di corsi d’acqua presenti nel territorio comunale. In particolare: Rio S’Acqua Stanziali, Canale Peddori, Rio San Milano I, Rio Cruxi Caridda, Rio Parenteddu, Rio S’Acqua Stanziaria zona Pip Is Gallus, Rio San Milano II, Canale Monte Rosmarino – Via Puglie, Rio Santu Milano, Canale zona Stadio.

«Grazie a questo finanziamento potremo prendere misure necessarie per fronteggiare apporti meteorici eccezionali e repentini, sempre più frequenti e tipici della stagione autunnale – ha commentato con soddisfazione l’assessore delle Manutenzioni Gian Luca Lai –. Si tratta di interventi di manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua insistenti nel nostro territorio, che si aggiungeranno a quelli di imminente esecuzione sul rio Palmas, rio Santu Milanu, rio S’Acqua Stanziaria, rio Santa Caterina e Rio Medau Becciu. Si conferma l’attenzione dell’Amministrazione comunale di Carbonia nel mettere in atto tutte le azioni possibili rivolte alla mitigazione del rischio idrogeologico, azione fondamentale per garantire la sicurezza dei nostri concittadini su questo versante.»

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La sala convegni del Lù Hotel, in via Costituente, a Carbonia, ospiterà lunedì 25 settembre, a partire dalle ore 17.00, una tavola rotonda sul tema “Industria 4.0”. Sviluppo, prospettive, possibilità ed opportunità che la nuova rivoluzione industriale mette in campo. Ai lavori, coordinati dal giornalista Giuseppe Deiana, interverranno i deputati Gianluca Benamati e Emanuele Cani, il presidente di Confindustria Alberto Scanu, il consigliere regionale Cesare Moriconi ed il presidente del Cacip (Consorzio Industriale Provinciale di Cagliari) Salvatore Mattana.

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«Siamo alla ricerca di professionisti validi e brillanti sia per la nostra sede centrale che per tutta la rete commerciale dei punti vendita diretti», con questo messaggio vi accoglie il sito di Thun. Ma chi è Thun? L’azienda di Bolzano non ha bisogno di presentazioni. Nata nel 1950 per volontà dei conti, è diventata nel tempo leader nell’industria degli oggetti ed arredamenti in ceramica sia in Italia che all’estero.

Già nel 2016 l’azienda aveva assunto 180 nuove figure professionali ma, essendo una realtà imprenditoriale in forte espansione, raddoppia quest’anno.

Al momento sono una trentina le nuove figure ricercate ma in tutto il 2017 alla fine saranno 120 le nuove unità che verranno impiegate sia nella sede centrale che nei negozi ormai presenti in tutta Italia. I profili richiesti sono: addetti/e alle vendite, store manager, responsabili amministrativi…

L’articolo completo è consultabile nel sito: http://www.diariolavoro.it/copia-di-thun

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Venerdì mattina, alle 11.30, la sala biblioteca del Teatro delle Saline, a Cagliari, ospiterà la conferenza stampa di presentazione del progetto “Residenze artistico-creative in Sardegna”. Il percorso, sia per la sua unicità, sia per l’importanza strategica che riveste negli scenari culturali, artistici e teatrali dell’isola, viene presentato da Giuseppe Dessena (assessore regionale della cultura) e da Lelio Lecis (direttore artistico e regista della compagnia Akròama).

Il progetto di Residenza artistico-creativo sarà incentrato sulla promozione di nuovi artisti e sulla formazione attraverso laboratori finalizzati alla produzione artistica anche in spazi urbani e non solo tra le mura di un teatro. Il risultato della Residenza sarà la creazione di due spettacoli legati ad altrettante linee produttive: 1) Macbeth On the Road, spettacolo di Urban Theatre, dove verranno coinvolti i giovani artisti dei laboratori, studiato per dare rilievo ai centri storici delle città, utilizzate come spazio scenico; 2) spettacolo da palcoscenico su Macbeth contemporaneo dal titolo “Farsa Nera”.

La preparazione dello spettacolo da palco si terrà al Teatro delle Saline, mentre per la preparazione di Macbeth On the Road verrà utilizzata l’area del Parco di Molentargius ed il quartiere della Marina (Cagliari), Meana Sardo, Desulo, Dorgali e Lula.

I prodotti relativi alle residenze, “Macbeth On the Road” e “Farsa Nera”, in seguito verranno rappresentate in numerose regioni italiane e europee.

Con il direttore artistico Lelio Lecis, prenderà parte alla conferenza stampa di presentazione, l’assessore regionale della cultura, Giuseppe Dessena.

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Mea culpa del sindaco Ignazio Locci per l’esclusione del comune di Sant’Antioco dai beneficiari dei fondi regionali per la mitigazione del rischio idrogeologico.

«Ieri la Regione ha pubblicato l’elenco dei Comuni beneficiari dei fondi per la manutenzione dei corsi d’acqua e la mitigazione del rischio idrogeologico – scrive in una nota Ignazio Locci -. Ci duole tuttavia comunicare che Sant’Antioco risulta esclusa dalla ripartizione delle somme messe a bando dalla Regione. È evidente che non è stato fatto il possibile per sfruttare questa possibilità e, per questo, me ne assumo le responsabilità in quanto primo cittadino. Sono convinto che si tratti semplicemente di un “passo falso” sui cui questa Amministrazione dovrà riflettere attentamente con l’obiettivo di evitare il ripetersi di simili episodi.»

«Il Comune resta vigile e in prima linea nella lotta ai rischi idrogeologici: procederemo celermente alla verifica delle emergenze che insistono sul nostro territorio e, qualora la fase di studio richiedesse interventi mirati – conclude Ignazio Locci -, cercheremo di reperire i fondi attingendo dalle casse comunali.»

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Da diversi anni il Corso Vittorio Emanuele II è interessato da una serie di lavori di rifacimento che lo riqualificano, rendendolo una delle zone più belle della città di Cagliari. In particolare, la parte iniziale, fino quasi all’incrocio con via Sassari è diventata, grazie anche alla pedonalizzazione integrale, uno degli spazi più ambiti per la realizzazione di manifestazioni ed eventi che, sistematicamente, fanno il pieno di visitatori.

Ma, all’incrocio con via Sassari, ci troviamo di fronte a un “monumento” formato da palizzate in legno, completamente storte, che dovrebbe proteggere i resti di un alloggio di epoca romana, che tutto fa tranne che richiamare turisti.

«La situazione è drammatica e paradossale allo stesso tempo – tuona Davide Marcello, presidente della Confesercenti provinciale di Cagliari – poiché le imprese che stanno al di la del muro stanno risentendo in maniera esagerata della lungaggine dei lavori. Ma allo stesso tempo il rimpallo di responsabilità tra il comune di Cagliari e la Sovrintendenza (che dovrebbe occuparsi di salvaguardare i reperti) è davvero paradossale.»

«Non solo – aggiunge Davide Marcello – i lavori infiniti per il rifacimento della seconda parte del Corso ed i ritardi per i collaudi di legge impediscono agli operatori di poter fare le domande per le autorizzazioni per i tavoli all’esterno, penalizzandoli in modo esponenziale rispetto ai loro colleghi del primo pezzo del Corso.»

Nonostante i ripetuti solleciti e le promesse dei vari assessori sulla pronta chiusura del “cantiere Casa Romana”, purtroppo, ad oggi registriamo ancora una situazione insostenibile e che sta lentamente facendo morire imprese che fino a ieri erano in grado di dare posti di lavoro e far crescere una economia che navigava tra mille difficoltà. «Vogliamo sapere dal comune di Cagliari – conclude Davide Marcello – quali sono i tempi previsti per eliminare il tappo del Corso Vittorio e vogliamo sapere quanto ancora le attività saranno costrette a sopportare questi disagi in un momento difficilissimo come questo».