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La malattia gli scorre letteralmente nel sangue. Perché è proprio il suo sangue a presentare un difetto, una mancanza, quella del fattore VIII della coagulazione, necessario per la normale riparazione dei tessuti. È l’emofilia che si è presentata all’improvviso quando aveva appena un anno. Da quel momento non c’è mai stato un giorno uguale all’altro, da 41 anni a oggi.
Lui è Mario Cabras, numero 8 in Italia tra gli atleti del tennis in carrozzina. Campione nella vita oltre che in campo, sposato e con due figli, è determinato a vivere una vita normale nonostante la malattia. «A darmi dispiacere non è mai stata la mia patologia – afferma Mario Cabras – ma il fatto di non poter fare lo sport che mi appassionava, il calcio». Quando aveva 17 anni si accese la scintilla per il tennis e l’entusiasmo era tanto che, nonostante la malattia lo costringesse con una gamba flessa, andava sui campi a giocare anche saltellando su una gamba.
L’emofilia, che si divide in tipo A e in tipo B, è una malattia ereditaria. Può anche derivare, però, dalla mutazione di un cromosoma X materno, senza che ci sia nessuno della stessa famiglia con tale patologia.
La malattia è caratterizzata dalla comparsa di emorragie dei tessuti muscolari (ematomi) e delle articolazioni (emartri), che si presentano in modo spontaneo o dopo eventi traumatici. La gravità degli episodi di sanguinamento è generalmente collegata con il livello di fattore della coagulazione disponibile che, a sua volta, è alla base della classificazione della gravità della malattia. Eventi che determinano forti dolori articolari, che possono anche determinare gravi complicazioni.
Negli anni la terapia salvavita per la cura dell’emofilia è cambiata. Sono stati sviluppati fattori plasmaderivati più sicuri che vengono prodotti con tecniche di purificazione e inattivazione virale.
E così adesso, dopo aver fatto l’allenatore di calcio per 15 anni, Mario Cabras riesce a dedicarsi al tennis a livello agonistico. Dopo la recente esperienza ai campionati italiani disputati a Olbia a settembre, l’atleta sassarese nei giorni scorsi ha partecipato ai Master di tennis in carrozzina a Civitavecchia.
«Prima non avrei mai pensato di arrivare a questi livelli – racconta Mario Cabras – la consideravo una cosa quasi impossibile. Vorrei trasmettere fiducia a chi come me soffre di questa patologia perché, grazie alle terapie che sono state sviluppate nel corso degli anni, è possibile vivere una vita normale. E, come nel mio caso – conclude Mario Cabras – praticare uno sport dal quale ottenere risultati gratificanti». L’atleta tre volte alla settimana pratica una terapia di profilassi con iniezioni di medicinale in grado di coprire la mancanza del fattore VIII per 48 ore. Durante gli allenamenti e nei periodi delle gare, invece, la terapia è più ravvicinata ma con dosi inferiori. Una soluzione studiata con l’unità operativa di Malattie della coagulazione, centro emofilia e trombosi del Santissima Annunziata dell’Aou di Sassari che lo segue da 15 anni.
La struttura è centro di riferimento regionale per le malattie emorragiche, assieme al centro dell’Aou di Cagliari. All’interno del centro sassarese sono presenti un laboratorio di coagulazione, un ambulatorio per le consulenze esterne, riferimento per l’intero Nord Sardegna, un altro per la diagnosi e sorveglianza delle terapie antitrombotiche e anticoagulanti orali quindi un day hospital per il trattamento e monitoraggio dei pazienti con malattie emorragiche ereditarie.
«L’emofilia è una malattia rara – spiega Lucia Anna Mameli, responsabile della struttura sassarese – e come tale merita particolare attenzione». Secondo il registro nazionale delle coagulopatie congenite, pubblicato nel 2016 dall’Istituto superiore della Sanità e riferito al 2014, in Sardegna sono poco più di duecento i pazienti sardi con questo tipo di patologie.
«Nel nostro centro – aggiunge Lucia Anna Mameli – seguiamo diversi pazienti con problematiche correlate all’emostasi cioè l’emofilia. Nel caso in questione l’obiettivo raggiunto sarebbe stato impensabile senza il supporto e la cultura della malattia rara che, grazie a tutto il nostro staff, abbiamo la fortuna di avere nel Centro Emostasi di Sassari». Il centro sassarese ha avviato, poi, una stretta sinergia con le unità operative del presidio ospedaliero per il trattamento dei pazienti emofilici, un team multidisciplinare che vede la partecipazione di ortopedici, chirurghi, fisiatri e odontoiatri.
Il trattamento del paziente emofilico si fonda essenzialmente sull’infusione, per via endovenosa, del fattore della coagulazione carente. L’infusione, che prima era possibile solo in ambito ospedaliero, oggi viene fatta dal paziente o dai suoi familiari anche a casa. Una pratica che permette di fare la terapia sostitutiva in maniera tempestiva.
Ecco perché sia il paziente che il suo familiare devono essere istruiti nell’eseguire il trattamento sostitutivo, con i dosaggi prescritti. Per questo il Centro emofilia di Sassari organizza corsi di informazione e addestramento, per dare ai pazienti e ai loro familiari un’adeguata preparazione per l’autoinfusione.
Di emofilia soffriva il figlio della regina Vittoria d’Inghilterra, il principe Leopoldo morto a 31 anni per emorragia cerebrale, ma ne erano affetti anche gli eredi al trono di Russia e Spagna. Nota per questo motivo anche come “malattia regale”, da tempo ha visto cambiata la sua storia. Infatti, se nei primi anni Sessanta del Novecento l’aspettativa di vita dei soggetti emofilici non superava i 30 anni, con il nuovo millennio le cose sono cambiate e l’attesa di vita si è allungata notevolmente, paragonabile quasi a quella di una persona sana.