15 November, 2024
HomeCronacaRagazza di Padova deportata in comunità tra le montagne. Ritenuta colpevole di essere troppo ribelle ed attaccata alla mamma.

Ragazza di Padova deportata in comunità tra le montagne. Ritenuta colpevole di essere troppo ribelle ed attaccata alla mamma.

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Questa mattina Alice (nome di fantasia), la ragazza di Padova sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio e trascinata in psichiatria al fine di costringerla da andare in una comunità psichiatrica contro la sua volontà, è stata trasferita di nascosto in una comunità in alta montagna della Valle d’Aosta.

Ieri Alice si era recata dallo psichiatra assieme alla mamma per chiedere le dimissioni visto che il TSO era stato revocato, ma non c’è stato nulla da fare: lo psichiatra si è rifiutato di dimetterla sebbene non avrebbe potuto trattenerla essendo il TSO revocato. 

La sedicenne ha anche chiesto alla madre di registrare un video-appello, che non pubblichiamo per motivi di privacy, in cui supplica di essere rilasciata e di non dover andare in comunità, ma di poter vivere la sua normalità in famiglia con sua mamma, suo fratello e il suo cane. Ha scritto anche un disperato appello al giudice:

«Caro giudice, voglio vivere la mia vita con mia mamma lontano dai servizi sociali, voglio pattinare e vivere in pace senza nessuno che mi sposti come una valigia perché sono già otto volte che vengo spostata da una parte all’altra. Voglio stare tranquilla. La prego giudice mi aiuti!»

Alice si trova ora in una struttura psichiatrica in Val d’Aosta in mezzo alle montagne dove sarà, di fatto, isolata dal mondo e trattenuta in una condizione che, stante la sua forte contrarietà, appare più simile a un carcere o manicomio che a una situazione terapeutica. La sua colpa: essere una ribelle ed essere troppo attaccata alla mamma, secondo gli psicologi dei servizi sociali.

Anche la mamma di Alice ha lanciato un appello:

«Sono la mamma di Alice. Più di 2 settimane fa stata prelevata da casa per forza legata su una barella è portata in psichiatria… l’hanno riempita di psicofarmaci non riusciva camminare e nemmeno si ricordava che cosa ha mangiato. […]

Mia figlia non è una malata di mente è una ragazza molto intelligente non ha fatto niente di male. […]

Questa mattina sono andata in ospedale per salutarla ho sentito lei un attimo per telefono si lamentava che la infermiera di reparto la obbligava a bere una sostanza tranquillante per non fare opposizione nel momento di uscita… Io l’aspettavo vicino alla porta e volevo abbracciarla perché non lo so adesso quando la vedo…. ma […] hanno portato via mia figlia Alice dalla porta segreta e io non ho potuto né vederla né salutarla. Chissà se la vedrò ancora …

Per favore chiedo miei diritti come Mamma sofferente. Io voglio mia figlia perché lei soffre senza di me… Aiutatemi a me e Alice. Vi prego dal mio addolorato cuore… Grazie…

La mamma.»

«Quando una persona viene etichettata con un disagio mentale perde i diritti umani.» denuncia Paolo Roat, responsabile nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus. «Qui si sta violando pesantemente il diritto costituzionalmente garantito alla libertà personale per un cosiddetto disturbo mentale la cui diagnosi non è sostenuta da alcun esame oggettivo di laboratorio. Oltre all’aspetto tecnico qui si infrange il senso di umanità: se diventa accettabile trascinare via una bambina con la forza, ci stiamo avviando verso la barbarie. I video registrati dalla mamma e dalla figlia descrivono uno scenario che sembrerebbe ispirato a certi film sulla Shoah, in cui mamme disperate si vedevano portar via i loro figli con la forza.»

 

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Grazia Maria De Matt
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