Lettera aperta a Babbo Natale.
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Si avvicina il Natale, la festa più bella, l’occasione per riunire le famiglie e, dopo il tradizionale cenone, scartare i regali lasciati sotto l’albero da Babbo Natale. Momenti gioiosi per i bambini ma spesso anche per chi bambino non lo è più da tempo, ma trova il piacere di fingere di esserlo ancora. Tanti di noi adulti, quest’anno, preso atto della manifesta incapacità della politica di dare risposte alle necessità del territorio, potremmo scrivere una lettera aperta a Babbo Natale, nella speranza di trovare poi sotto l’albero un dono diverso, un lavoro, per non vedere i nostri figli costretti a lasciare la loro terra e gli affetti, ripercorrendo le strade dei nostri nonni e dei nostri padri.
Scrivo per esperienza personale, perché nell’ormai lontano 1959, il 28 del mese di settembre, quando mia madre mi metteva al mondo, non avevo al mio fianco mio padre, partito due mesi prima per la Germania, alla ricerca di un lavoro che nel Sulcis, con le miniere di carbone a fine ciclo, iniziava a scarseggiare. Ebbi mio padre stabilmente al mio fianco solo nove anni dopo, nel 1968, quando nasceva il polo industriale di Portovesme.
La storia, si sa, spesso si ripete, con la crisi dell’apparato industriale, il fenomeno dell’emigrazione è ripreso e tanti giovani, negli ultimi anni, hanno lasciato la loro terra, alla ricerca di un lavoro.
Caro Babbo Natale, fai in modo che questo fenomeno si fermi, perché i nostri giovani non siano più costretti a lasciare la loro terra e chi giovane non lo è più, possa evitare di finire in uno stato di indigenza che umilia, con tanta rabbia dentro, perché è veramente assurdo che tutto ciò accada in un’Isola bellissima che potrebbe essere veramente il nostro Paradiso terrestre.
Giampaolo Cirronis
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