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La mobilitazione delle associazioni ambientaliste contro il progetto di rilancio dell’Eurallumina, e la nuova presa di posizione del soprintendente per i Beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano Fausto Martino che contesta la posizione assunta dalla Giunta regionale che ha ritenuto non vincolante il parere negativo formulato su alcuni aspetti di carattere paesaggistico ed ha dichiarato ai media di ritenere non conclusa la conferenza dei servizi, ha provocato oggi una nuova dura presa di posizione della RSU Eurallumina che ha diffuso una lunga nota.
«Il “NO” si giustifica inizialmente con la preoccupazione (giusta e condivisa da tutti, lavoratori del settore compresi) dell’impatto sanitario e ambientale dovuti agli insediamenti industriali, ma, come nel caso specifico di Eurallumina, quando questi argomenti vengono sviscerati e analizzati sino a valutarne la grandezza delle virgole, in 930 giorni di istruttoria tecnica, due presentazioni pubbliche, due conferenze dei servizi più un supplemento, con osservazioni e richieste di integrazioni poi chiarite, con altri 23 enti diversi (distinti per argomento e competenza specifica) che al termine di una conferenza dei servizi durata due giorni, danno il parere positivo al progetto di ripresa produttiva della fabbrica… ora questi, non bastano più! Quindi, chiarito che chi deputato alla valutazione del lato sanitario e ambientale del progetto ha dato il proprio parere positivo, bisognava inventarsi altro, era necessario passare al piano “B”, bisognava usare le armi pesanti: allora via al ministero dei Beni culturali e alle associazioni ambientaliste di caratura nazionale… perché il fine ultimo è sempre lo stesso: “NO ALL’INDUSTRIA”.»
«Il MIBACT, che ha partecipato a tutte le riunioni tecniche previste dall’iter autorizzativo del progetto Eurallumina ( senza mai segnalare eventuali problemi) e che solo nell’ultimo giorno, dell’ultima conferenza dei servizi, nell’ultima ora, ha espresso parere negativo per problematiche risalenti alla tutela del paesaggio (problematiche che se esistenti non possono certo essere nate all’ultimo momento e che sono state confutate “in punta di diritto” e in un lavoro egregio dalla stessa Regione Sardegna) – aggiunge la RSU Eurallumina -. A questo punto, anche chi non è un simpatizzante delle teorie del complotto, può vedere chiaramente la strategia messa in atto: si è aspettato e sperato che fossero altri magari la sanità e l’impatto ambientale, nel caso con motivazioni ben più importanti), a prendersi la responsabilità di negare la ripartenza di un impianto produttivo che porta con se almeno 1.000 buste paga, ma l’istruttoria ha dato un risultato diverso: il progetto è compatibile con norme e regole sanitarie e di impatto ambientale.»
«E’ giusto ricordare, perché molto importante e basilare, che gli stessi lavoratori Eurallumina, in ogni sede, hanno sempre dichiarato che se l’istruttoria autorizzativa avesse palesato problematiche importanti e relative alla salute pubblica o all’impatto ambientale, “non avrebbero più indossato la caratteristica giacca verde” e avrebbero smesso di lottare per un progetto che potenzialmente avrebbe potuto danneggiare cose e persone (lavoratori compresi)… MA IL RISULTATO DELLA CONFERENZA AUTORIZZATIVA HA DETTO ALTRO!!!
Allora la strategia, preparata in modo oculato, ha previsto l’utilizzo del jolly : il parere negativo, con grande stupore di tutti i partecipanti alla conferenza, della soprintendenza del ministero dei Beni culturali. Carta che viene immediatamente buttata sul tavolo, anche perché a quel punto si trovavano nel giro conclusivo dei pareri e delle valutazioni finali che avrebbero chiuso la conferenza. Mentre, a loro sostegno, le associazioni ambientaliste a livello nazionale, chiaramente tirate in ballo e imbeccate, parlano mediante i loro rappresentanti nell’isola, ma che nella maggior parte dei casi (tranne qualche eccezione) hanno conoscenze limitate sull’argomento, si basano su chiari preconcetti, su informazioni sbagliate, addirittura confondendo diverse realtà (fanghi Monteponi- Sito di stoccaggio Eurallumina), dimostrando di non conoscere il territorio verso il quale si prendono il diritto di decidere e sentenziare, oltretutto ignorando completamente le reali fonti di inquinamento presenti nel territorio, retaggio delle vecchie attività minerarie, per le quali mai si sono visti “banchetti”e/o movimenti plateali per chiederne la bonifica. Era ed è tutto programmato, un attacco organizzato, con una strutturazione che parte dal basso (anche troppo), iniziando da qualche associazione locale che conta pochissimi iscritti (di solito sempre gli stessi) con carattere personalistico e famigliare, dedite a strappare in qualsiasi modo (anche il più becero) un articolo di giornale o una foto in prima pagina, per arrivare sino ai livelli alti, con rappresentanti che stanno direttamente dentro i ministeri della Repubblica Italiana. Alla base di tutto è ormai chiaro che non c’è la tutela della salute o dell’Ambiente, ma una visione del mondo ipocrita che critica e contrasta in ogni modo le produzioni industriali, ma che ne condivide e consuma i prodotti. Nello specifico l’alluminio è un metallo che fa parte della vita quotidiana dell’uomo, un metallo che per caratteristiche, ad oggi, non è sostituibile con altri. Quindi, in un modo o nell’altro, nel mondo deve essere prodotto e utilizzato: dalle automobili, agli aerei, alle apparecchiature mediche, a quelle digitali, all’edilizia, alla ricerca, ecc., ecc. Resta certo il fatto che gli oppositori dell’Industria non hanno però trovato la via più semplice per arrivare al loro fantastico obiettivo di rifiutare l’industria, eppure esiste! Ed è una soluzione che dovrebbe essere di valutazione immediata, perché come si dice: “E’ quella che per prima salta agli occhi!”, infatti tutti potremo rinunciare all’utilizzo dell’alluminio, dei metalli in genere e tutto quello che deriva dalla produzione industriale, ritornando al periodo pre-rivoluzione industriale, andando tutti a vivere nella casetta del “Mulino bianco”, con la ruota a pale, che utilizza come forza motrice l’acqua del ruscello, come unica risorsa tecnologica . Ma stranamente nessuno degli oppositori all’industria vuole rinunciare a niente: i confort della vita odierna e occidentale sono difficili da abbandonare! Sopratutto per i radical chic che frequentano i salotti intellettuali della “crema”, della società “bene”, che ogni giorno, tornando a casa, sanno di avere sotto il cuscino una situazione economica che non creerà problemi a loro e ai loro discendenti per diverse generazioni. Va bene però utilizzare comunque i prodotti industriali, farli produrre in altri stati, di solito quelli sottosviluppati, dove non esistono regole di tutela ambientale e sanitaria, dove le autorizzazioni te le da il regime totalitario del momento, dove i lavoratori vengono utilizzati come schiavi. Da questa parte del mondo invece l’Europa emana, giustamente, direttive che abbassano ulteriormente i limiti delle emissioni industriali in atmosfera e l’Italia non solo recepisce l’indicazione europea, ma per molti inquinanti ne dimezza ulteriormente il limite di emissione, che tutte le attività industriali che producono nel suolo italiano devono rispettare, compreso il progetto Eurallumina, perché è legge dello Stato!!! Come è errata la valutazione che “i portatori sani di ambientalismo” fanno sulle emissioni di Co2 , che non è un inquinante (come loro lo considerano) ma un “gas serra”, quindi ,al limite, responsabile dell’”effetto serra” e del relativo aumento della temperatura globale. “Globale” appunto, il che significa che se la Co2 è emessa in Italia, in Cina o in Papuasia, l’effetto sul clima globale è lo stesso.»
La RSU rimarca ancora che gli oppositori al progetto non ritengono questo argomento importante, il loro NO è a prescindere.
«Oggi, superato il potenziale e più importante problema in ambito sanitario e ambientale, si fanno le barricate sull’impatto paesaggistico del progetto, su un paesaggio, appunto, industriale e che esiste da decenni, fatto di pale eoliche, ciminiere, siti di stoccaggio e strutture industriali. Per chiarire, va da se che la costruzione di una qualsiasi struttura industriale vicino al Colosseo o nella più famosa “Piazza San Pietro” avrebbe trovato sponda e significato nelle osservazioni fatte dal MIBACT, ma che perdono di sussistenza quando in un paesaggio industriale si aggiungono strutture “Industriali” che non ne cambiano di certo l’aspetto principale, posizione questa valutata e condivisa unitariamente, in un documento inviato a tutti i soggetti coinvolti nell’iter autorizzativo, dalle segreterie Regionali e Territoriali di FILCTEM, FEMCA e UILTEC. Attenzione però, quello che può sembrare una situazione circoscritta solo al progetto di ripartenza Eurallumina, può essere e lo è sicuramente, un campo prova per testare le armi di opposizione all’industria in genere. Se dovesse passare questo modo di valutare il paesaggio industriale, se dovesse passare questa interpretazione, creando quindi il precedente, niente potrebbe evitare l’applicazione dello stesso ad altre realtà industriali del territorio (vedi ampliamenti e costruzione nuovi impianti o siti di stoccaggio), ma dell’intera Sardegna per poi arrivare oltre mare a toccare la penisola. La guerra è dura e a volte impari, ma i lavoratori Eurallumina – conclude la nota della RSU – continueranno con determinazione, nella loro lotta per il lavoro, nel rispetto delle norme e delle leggi, convinti che il futuro economico e sociale del Sulcis, della Sardegna e dell’Italia, non possa prescindere da un modello di sviluppo integrato.»