Il 7 aprile partirà la raccolta delle firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per l’inserimento nella Costituzione del principio di insularità.
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Il 7 aprile partirà ufficialmente la raccolta delle firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per l’inserimento nella Costituzione del principio di insularità, con banchetti in tutti i capoluoghi delle 20 Regioni Italiane e nei 36 comuni aderenti all’Associazione Nazionale dei Comuni delle Isole minori, ma è già iniziata a livello nazionale la campagna di sensibilizzazione del Comitato Promotore. Oggi a Roma si terrà un incontro promosso dal Gremio dei Sardi, nel corso del quale Michele Cossa illustrerà la nuova importante iniziativa, sostenuta da un ampio fronte politico sardo e siciliano, dalla Fasi (la Federazione delle associazioni degli emigrati sardi in Italia), dall’Ancim.
E’ la prima delle 15 manifestazioni in programma fino alla data del 7 aprile. Nei prossimi giorni analoghi incontri si svolgeranno a Torino, Bologna, Milano e Napoli.
In Sardegna la mobilitazione avverrà attraverso un grande evento che vedrà impegnati sindaci e amministratori locali.
In attesa della decisione del TAR sul ricorso contro il parere negativo dell’ufficio regionale per il referendum, il Comitato promotore ha deciso, dunque, di alzare il tiro: l’insularità non è più una rivendicazione che interessa strettamente i territori che ne vengono direttamente penalizzati (Sicilia e Sardegna in primis) ma deve diventare una questione di tutta la comunità nazionale.
Dare finalmente parità di condizioni rispetto al “continente” significa imprimere una svolta epocale al modo in cui lo Stato ha sempre affrontato il problema delle Isole, cioè pompando ingenti risorse finanziarie, che hanno favorito lo sviluppo di una economia assistita, che si basava quasi unicamente sul sostegno pubblico ed è crollata quando questo è venuto meno. Accanto ad essa sono cresciuti la mala pianta del clientelismo, l’inefficienza e la corruzione, ma non una economia endogena, in grado di reggersi autonomamente.
Questo modello è finito per sempre, ciò che è stato certificato con chiarezza anche dai referendum della Lombardia e del Veneto del 22 ottobre scorso e dalle trattative che le regioni più ricche d’Italia stanno portando avanti a tappe forzate per ottenere il diritto a trattenere una quota maggiore delle risorse che ogni anno pagano per la coesione nazionale.
Chiedere il riconoscimento costituzionale del principio di insularità significa dunque dire basta all’assistenzialismo e affermare con orgoglio che i sardi sono in grado di farcela da soli, purché vengano messi nelle stesse condizioni degli altri italiani, principalmente sul piano della continuità territoriale e di tutti quegli svantaggi strutturali che penalizzano così pesantemente le isole rispetto agli altri territori italiani.
Obiettivo finale è l’“indipendenza” economica della Sardegna: una Sardegna che non solo diventa in grado di sostenere se stessa e di offrire a resistenti e ospiti servizi di qualità ma che è in grado di agganciarsi al treno delle regioni più ricche d’Italia e d’Europa.
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