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Federico Pasquini. Fonte http://www.dinamobasket.com/
Questa mattina, il coach della Dinamo Banco di Sardegna Federico Pasquini ha annunciato le sue dimissioni dalla panchina biancoblu.
«Ci tengo a ripercorrere un po’ la storia di quello che abbiamo vissuto tutti insieme in questi anni – ha esordito Federico Pasquini in conferenza stampa -. Siamo riusciti, nella stagione 2012/13 e 2013/2014, ad avere avvii veloci perché in quei due anni abbiamo lavorato su un nucleo di giocatori che ci ha permesso di partire forte e metterci in una condizione in cui si poteva fare la stagione per il nostro livello di aspettative. Finito quello siamo entrati in un processo particolare, abbiamo iniziato molto bene e nel 2014-2015 quando abbiamo fatto quello che abbiamo fatto. Ma poi nelle tre annate successive abbiamo pagato questi grandi risultati raggiunti, le conseguenti aspettative e i profondi cambiamenti nel roster, soprattutto a inizio stagione. È importante dirlo, perché la pallacanestro è uno sport che si gioca in un campo piccolo e l’equilibrio che bisogna dare alla squadra non si inventa: l’esempio calzante è quello della prossima avversaria di campionato ovvero Brescia che, confermando un nucleo solido, è partita con una striscia di 9 vittorie.»
«Lo scorso anno e quest’anno – parlo delle stagioni in cui ho vestito il doppio ruolo – abbiamo pagato il fatto di partire lenti con squadre completamente nuove – ha aggiunto Federico Pasquini -. Quest’anno addirittura abbiamo cambiato 10/12 della squadra e siamo forse quelli che hanno modificato di più il roster in Italia. In questo sistema, in cui cambi gran parte della squadra, può andarti molto bene – lo abbiamo vissuto lo scorso anno arrivando in finale di Coppa Italia e andando in fondo in Basketball Champions League – oppure può succedere come quest’anno, che parti male e la BCL ti divori, perché a ottobre non sei equilibrato, non passi il turno pur vincendo in Russia, Spagna e Israele e non ti qualifichi in Coppa Italia. Nel momento in cui non centri questi risultati, ti ritrovi in grande affanno e in questi casi puoi avere due reazioni: di nervi e maturità, come abbiamo mostrato in alcune occasioni, o di smarrimento e il rischio è quello di perdersi. Lo scorso anno il gruppo è stato molto bravo, riuscendo a svoltare la stagione nonostante la partenza con qualche handicap e trovando energia e positività nella corsa in Coppa Italia. Quest’anno invece ci sono mancate le nostre sicurezze.»
Esempio chiaro è l’andamento della difesa: lo scorso anno siamo arrivati a essere la seconda del campionato mentre quest’anno – come visto dopo Murcia e dopo Pesaro – è diventata un disastro, siamo diventati una squadra che subisce tanti punti. Dopo tanto lavoro su questo, pensavo che tutto fosse risolto e che i risultati di Cantù e Reggio fossero episodi, dettati dal fatto che sotto il profilo dei nervi ci avessero segnato le uscite dalla Coppa e dalla Final Eight. Consideravo un caso a parte Le Portel dove, secondo me, avevamo pagato l’extra sforzo, dal punto di vista emotivo, del match con Cremona e l’assenza di Planinic. Ma dopo Brindisi il discorso cambia e, come ho detto nel post partita, quello che è successo mi ha letteralmente devastato. Brindisi è lo specchio di qualcosa in cui se sei una persona responsabile, e io lo sono sempre stato, e se tieni alla società, e credo di averlo sempre dimostrato, non puoi non fare qualcosa. Quando lavori 24 ore al giorno sulle rimesse laterali e sui tanti dettagli, tra cui quelli difensivi, ma arrivi a una partita del genere in cui sei riuscito a girarla dal -14 a +7 ma a un minuto e mezzo dalla fine fai errori banali – come una non difesa o quella sanguinosa rimessa o non riesci a mettere la palla in campo, dopo aver lavorato a lungo con giocatori esperti – è necessario mettersi davanti allo specchio e fare un’analisi. Io sono convinto del potenziale di questa squadra, altrimenti non avrebbe recuperato 14 punti a Varese o a Brindisi non avrebbe trovato quel break, in quella condizione ambientale.»
»Nel momento in cui ti metti davanti allo specchio ci pensi, ci ragioni – sono molto legato al presidente e al contesto Dinamo, sono prima di tutto degli amici e poi dei datori di lavoro – ma un tarlo è entrato in testa, quello dei finali punto a punto, e non lo puoi più accettare. Non potevo più accettare che il tarlo fosse legato alla mia presenza, il panico che ci prende nel momento in cui siamo punto a punto non è allenabile e quindi mi metto da parte. Faccio un passo indietro e penso che un’altra voce, un’altra fisicità possa dare la possibilità a questo gruppo di giocarsi l’ingresso nei playoff. Siamo nella condizione di essere padroni del nostro destino, siamo settimi a due punti dal quinto posto. Da oggi ci sarà una nuova guida tecnica, io torno a fare il general manager: la cosa positiva è che il prossimo anno avremo un nucleo solido già pronto. Ci tengo a ringraziare tutti, ho trovato grande disponibilità – ha concluso Federico Pasquini – e ci tengo a ringraziare il mio staff e tutti i giocatori per quello che mi hanno dato.»
Questa sera, alle 19.30, in un’altra conferenza stampa, il presidente Stefano Sardara annuncerà il nome del nuovo allenatore che, quasi certamente, sarà Zare Markovski. Per il tecnico macedone, 57 anni, sarebbe un ritorno sulla panchina della Dinamo, che ha già guidato, da giovane, dal 1991 al 1994. Nella sua lunga carriera ha allenato per diverse stagioni in Italia (a Reggio Emilia, Avellino, Bologna, Milano, Venezia, Caserta, Scafati, ma anche in diversi paesi (Jugoslavia, Svizzera, Francia, Turchia, Macedonia, Romania).