[bing_translator]
HIV e HCV sono stati tra i temi al centro del X congresso ICAR (Italian Conference on AIDS and Antiviral Research), svoltosi a Roma dal 22 al 24 maggio.
I pazienti coinfetti da HIV e HCV oggi sono stati tutti valutati e sono pronti alle nuove terapie con i farmaci per l’epatite C, che ora garantiscono la guarigione da questo virus anche in sole 8 settimane.
«A Sassari – spiega il prof. Sergio Babudieri, Direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari e Infettivologo della SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Troplicali – vengono seguiti circa 1.200 pazienti con infezione da HIV, di cui oltre la metà sono viremici anche per HCV e, pertanto, tutti candidati nel breve a ricevere questi farmaci. In tutta la Sardegna, nei primi mesi del 2018, sono già oltre 1600 le terapie avviate contro HCV, con un totale di 7.628 pazienti trattati fino ad oggi fra quelli già conosciuti con una diagnosi di epatite C”. Migliora, quindi, il trend delle terapie: dal 2015 in Sardegna sono state sottoposte a trattamento oltre lo 80% dei pazienti già conosciuti nei centri epatologici regionali.
«Il problema più grosso è quello del sommerso: un paziente inconsapevole della propria malattia ha 6 volte di più il rischio di trasmettere il virus ad altri – aggiunge il prof. Babudieri -. Per cercare di ottimizzare la diffusione della cura e tentare di eliminare l’epatite C dalla popolazione, il lavoro deve essere incentrato su determinate categorie per perseguire l’obiettivo di eliminare il virus presso i gruppi più vulnerabili e lasciare un numero di infezioni talmente ridotto da non incidere su nuovi casi. Tra queste, devono essere sicuramente considerati i tossicodipendenti e le persone detenute, ma anche gruppi speciali di pazienti più facilmente raggiungibili; fra questi, una fascia specifica cui ci stiamo rivolgendo è quella dei pazienti coinfetti da HIV e HCV: l’eradicazione dell’epatite C in tutti i pazienti affetti anche da HIV seguiti nei centri di riferimento dell’Isola è un risultato che vogliamo raggiungere in massimo 3 anni». I pazienti coinfetti da HCV-HIV in Sardegna sono circa la metà di coloro che sono colpiti dall’infezione da HIV/AIDS.
I dati dell’epatite C in Sardegna sono in linea con il resto del Paese. Ci sono 8 centri di riferimento, ma il problema principale è costituito dalle difficoltà logistiche per raggiungere questi centri, un disagio cui si è iniziato a sopperire con l’utilizzo dell’informatica per la trasmissione dei dati. «Una delle caratteristiche di questa regione è quella di avere una cospicua prevalenza di pazienti affetti da talassemia – chiarisce il dottor Roberto Ganga, epatologo direttore della S. C. della Medicina Generale dell’Azienda Ospedaliera G. Brotzu di Cagliari, struttura rinomata, tra le varie discipline, per la specializzazione in epatologia -. Molti di questi sono stati trasfusi anche in periodi precedenti all’obbligatorietà della ricerca del virus dell’epatite C nel sangue da trasfondere; di conseguenza, in questa popolazione speciale vi è una elevata prevalenza di infezione da virus C . Su tale fetta di popolazione è stato compiuto un lavoro capillare negli anni, ma soprattutto in questi ultimi tre anni, con la disponibilità dei nuovi farmaci antivirali per HCV, è stato possibile un intervento più deciso che ci ha permesso di eradicare l’infezione in quasi tutti i pazienti talassemici che afferiscono alla nostra Azienda Ospedaliera, con minimi disagi per i pazienti; a fronte di risultati sovrapponibili al resto della popolazione trattata e senza interferire sul loro regime trasfusionale e sul programma di terapia ferrochelante.
Altri pazienti che possono avere beneficio dalla terapia con i nuovi antivirali per HCV sono i pazienti con malattia diabetica ed i cardiopatici, nei quali l’eradicazione del virus può influire positivamente anche sulla loro patologia extraepatica, ma soprattutto i pazienti con malattia renale cronica in tutti gli stadi di evoluzione, compresi predialitico e dialitico, nei quali l’eliminazione del virus C influenza positivamente l’evoluzione della malattia renale, e nei pazienti con malattia più avanzata permette di prendere in considerazione la possibilità di trapianto renale con il paziente libero da infezione da virus C. Questo motivo ci ha indotto ad avviare una collaborazione molto stretta con tutte le strutture che effettuano dialisi in Sardegna, con l’obiettivo di eradicare l’infezione da virus C in tutti i pazienti nefropatici».
Presso l’Ospedale Brotzu di Cagliari, i pazienti affetti da HCV vengono trattati con i nuovi farmaci antivirali già dal 2015: «Da allora abbiamo trattato 635 casi con una risposta del 98% e pochissime recidive – evidenzia il dott. Roberto Ganga -. Il centro è autosufficiente per quanto riguarda la diagnostica dato che siamo autonomi per quanto riguarda gli esami ecografici ed elastografici (Fibroscan); possiamo poi contare sulla stretta collaborazione dei colleghi del laboratorio analisi della nostra Azienda e sulla disponibilità della Farmacia e della Direzione Aziendale. Le nuove terapie hanno poi consentito di aumentare ulteriormente il numero dei pazienti in cura e di rivolgersi a categorie speciali: visto che comportano tempi estremamente brevi di trattamento, con effetti collaterali minimi se non inesistenti, necessitano di minor numero di controlli ambulatoriali e sono facilmente somministrabile con conseguente grande aderenza da parte dei pazienti».
L’epatite cronica da virus C, o più semplicemente Epatite C o HCV, è una malattia che, in virtù della sua cronicità, provoca un processo che va spontaneamente avanti nel tempo fino a compromettere strutturalmente e funzionalmente il fegato. Si stima che in Italia ci siano circa 300.000 pazienti diagnosticati con Epatite C (HCV) ed un numero imprecisato di persone inconsapevoli di aver contratto l’infezione, per un totale stimato che va oltre il milione di persone. Negli ultimi tre anni è profondamente mutato lo scenario della terapia delle malattie epatiche da virus C e, con la disponibilità dei nuovi farmaci ad azione antivirale diretta, è oggi possibile curare la maggior parte dei pazienti a prescindere dallo stadio della malattia. La nuova molecola glecaprevir – pibrentasvir è talmente potente che con la nuova terapia la risposta è aumentata dal 45% ad oltre il 95%, con tempi ridotti ad appena 8 settimane. È un’evoluzione straordinaria, legata peraltro a farmaci molto più tollerati dei precedenti: grazie alla qualità e alla durata ridotta della terapia, gli effetti collaterali sono quasi totalmente assenti.
HIV e HCV, con particolare attenzione ai casi di pazienti coinfetti, sono stati tra i temi al centro del congresso ICAR (Italian Conference on AIDS and Antiviral Research), giunto alla decima edizione a Roma dal 22 al 24 maggio, con oltre 1250 partecipanti fra cui 900 specialisti tra ricercatori, medici, specialisti di vari settori coinvolti nell’assistenza e cura dell’infezione da HIV, e 300 circa tra volontari delle Community, associazioni impegnate nella lotta contro l’AIDS. A 35 anni dalla scoperta del virus dell’HIV un bilancio per tappe e progressi registrati.
ICAR è organizzata sotto l’egida della SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali e con il patrocinio di tutte le maggiori società scientifiche di area infettivologica e virologica.
«L’Italia – spiega il prof. Andrea Antinori, presidente ICAR – è oggi al 13° posto in termini di incidenza di nuove diagnosi di HIV. E’ stimato che in Italia vi siano da 125.000 a 130.000 persone viventi con HIV, di cui 12.000-18.000 non ancora diagnosticate, di cui almeno un terzo sarebbe in condizioni di immunodeficienza avanzata. Nel 2016, le diagnosi di HIV tardive sono state pari a più del 55% di tutte le nuove diagnosi.»