Prosegue la battaglia del comitato per il riconoscimento del principio di insularità in Costituzione.
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Prosegue la battaglia del comitato per il riconoscimento del principio di insularità in Costituzione.
«Siamo stanchi di ricevere dallo Stato elemosine ed assistenzialismo, che generano rassegnazione, servitù e clientelismo – si legge in una nota diffusa ieri -. I sardi chiedono pari opportunità con tutti gli altri cittadini italiani. I sardi vogliono competere ad armi pari per poter dimostrare quanto valgono. Vogliamo che tutti i sardi imparino a combattere quotidianamente per i loro diritti, senza aspettare miracoli che non arriveranno mai. Chiediamo, dunque, che vengano misurati e compensati gli svantaggi che derivano dall’insularità.
Alcuni sono facilmente intuitivi.
Senza continuità territoriale per le persone e per le merci è difficile pensare ad unaeconomia che riesca ad essere competitiva.
Se i costi per l’energia restano superiori a quelli del resto d’Italia e d’Europa è impossibile che le attività di impresa possano essere economicamente sostenibili.
Lo stesso discorso vale per le infrastrutture.
Se le nostre infrastrutture immateriali, la scuola, la cultura, la conoscenza, l’altaformazione restano deboli, è conseguentemente debole la nostra società.
Ancora più drammatico è il discorso sulle infrastrutture materiali: se mancano i porti, gli aeroporti, le strade, le ferrovie, le comunicazioni interne, è evidente che qualsiasi territorio è chiamato a pagare costi insostenibili per lo sviluppo.
La Sardegna sconta oggi un ritardo insostenibile nelle sue infrastrutture materiali.
Le Ferrovie della Sardegna sono le uniche in Italia a non essere elettrificate.
Nuoro è uno dei due capoluoghi italiani a non avere una stazione delle FF.SS.
La velocità di percorrenza dei treni sardi è tale da scoraggiare qualsiasi trasporto su binario.
Ne consegue che in Sardegna i trasporti viaggiano quasi tutti su gommato, causando un sovraccarico di lavoro insostenibile per il sistema viario stradale.
Ma il sistema viario stradale sardo è all’altezza di gestire questi traffici straordinari?
Qual è in nostro indice di infrastrutturazione sul trasporto stradale rispetto al resto dell’Italia?
Abbiamo un numero sufficiente di collegamenti interni stradali?
Qual è l’entità degli investimenti previsti per il futuro dallo Stato?
Qual è la quota parte di questi investimenti destinata alla Sardegna?
Abbiamo cercato di dare risposte tecniche, con numeri chiari e indiscutibili alle nostre domande.
Non per iniziare la solita partita di richieste e rivendicazioni nei confronti dello Stato.
Ma per dire ancora una volta, che i sardi hanno diritto a un futuro che sia alla pari con tutti gli altri cittadini italiani.
L’insularità non è un problema degli italiani che vivono nelle isole, ma è un problema dell’intera comunità nazionale.
E’ per questo che stiamo raccogliendo in tutta Italia le firme per il riconoscimento costituzionale del Principio di Insularità.
Il tempo delle elemosine è finito.
I sardi chiedono pari diritti e pari opportunità!
Gli investimenti sulle infrastrutture stradali in Sardegna
Purtroppo, il panorama degli investimenti infrastrutturali in Sardegna non cambia se voltiamo lo sguardo dalle ferrovie alle strade.
Abbiamo già visto come, secondo uno studio fatto nella scorsa legislatura dalla commissione della Camera dei Deputati che si occupa di Lavori pubblici e di Infrastrutture relativo al decennio 2000-2010 la Repubblica è stata piuttosto matrigna nei confronti della nostra isola.
In sintesi, lo Stato ha speso quasi 1.2 milioni per chilometro quadrato come media nazionale ma in Sardegna ha speso circa il 20 % di quella somma, 230.000 euro.
Pertanto non sorprende che anche per il futuro la programmazione pubblica preveda ben poco per l’isola nonostante il sistema viabilistico sia, per una terra così estesa e al contempo sottopopolata, l’unico strumento di accesso alle aree interne che spesso si sentono (e sono) abbandonate dal resto della collettività.
Per giunta lo stato disastroso della rete ferroviaria fa di quella stradale la via preferenziale anche per i collegamenti tra le nostre città.
La nostra dotazione stradale dovrebbe quindi essere la struttura portante del trasporto di merci e persone e allo stesso tempo sopperire alla mancanza di una adeguata infrastruttura ferroviaria.
Invece, come tristemente sappiamo, la Sardegna non solo è l’unica regione italiana che non ha neanche un chilometro di autostrade, ma l’estensione complessiva della nostra rete di strade statali e provinciali rappresenta il 4.9% della dotazione complessiva italiana nonostante l’isola sia l’8.5% dell’intero territorio nazionale.(circa 9.047 km di strade in Sardegna contro i circa 184.297 km di strade e autostrade in Italia).
Ancora una volta, la Sardegna ricopre un ruolo marginale nel contesto italiano della mobilità, che si riscontra anche sugli investimenti statali previsti per migliorare le nostre strade.
All’interno del piano di investimenti prioritari del ministero delle Infrastrutture e deiTrasporti (MIT) che si pone l’obiettivo di «dotare il Paese di un sistema infrastrutturale moderno ed efficiente (…) con l’obiettivo di garantire la piena mobilità (di persone e merci) e l’accessibilità all’Europa di tutte le aree del territorio nazionale (…)», la Sardegna ricopre un ruolo totalmente secondario.
Tra le opere viabilistiche prioritarie previste all’interno del Documento di Economia e Finanza del 2018 (Allegato Connettere l’Italia: lo stato di attuazione dei programmi per le infrastrutture di trasporto e logistica), dal costo complessivo di circa 40,4 miliardi di euro di cui circa 30,4 miliardi finanziati, solo 504 milioni di euro sono stati stanziati per la Sardegna.
Cifra che rappresenta appena l’1,6% dei fondi disponibili. L’opera – conclude il comitato per il riconoscimento del principio di insularità in Costituzione – riguarda l’adeguamento, la messa in sicurezza e la risoluzione dei nodi critici della SS131 e Diramazione Centrale Nuorese con il completamento dell’itinerario Sassari-Olbia, un intervento davvero modesto se confrontato con infrastrutture avveniristiche quando non ridondanti previste nelle altre Regioni.»
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