Al via lunedì 30 luglio il 20esimo festival Dromos, in programma fino al 15 agosto tra Oristano e altri undici centri della provincia.
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Ai nastri di partenza la ventesima edizione del festival Dromos, in programma da lunedì 30 luglio fino al 15 agosto tra Oristano ed altri undici centri della sua provincia: Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Fordongianus, Mogoro, Morgongiori, Neoneli, Nureci, San Vero Milis, Ula Tirso e Villa Verde. Un’edizione che, sotto il titolo “DromosRevolution”, da un lato celebra appunto le prime venti candeline del festival, e, dall’altro, il cinquantenario del 1968, anno cruciale e che tanti e profondi cambiamenti ha innescato nella società, nel costume, nella cultura.
Due anniversari, dunque, da salutare con gli strumenti propri di Dromos: tanta musica ma anche mostre, incontri, film e altri eventi collaterali caratterizzano il ricco programma di iniziative dedicate a un anno, una stagione che ha segnato uno spartiacque nella storia del secondo Novecento; e che, come scrive il critico d’arte Ivo Serafino Fenu, curatore della sezione del festival dedicata alle arti visive, fu soprattutto “l’aspirazione di una generazione nel portare l’immaginazione al potere, secondo le teorie di Herbert Marcuse, uno dei padri nobili di quell’immaginifico e per certi versi irripetibile momento politico, sociale e culturale”. Ed è, soprattutto questo, l’aspetto che Dromos intende approfondire, in linea con le tematiche che da sempre caratterizzano il festival: “la forza utopica e vivificante dell’immaginazione, la possibilità di liberare il pensiero creativo, di divulgarlo e di condividerlo con un pubblico sempre più vasto ed esigente, festeggiando il potere dell’immaginazione e nella consapevolezza che la ‘rivoluzione umana’ è più importante di tutte le rivoluzioni e, allo stesso tempo, la più necessaria per l’umanità”.
In piena sintonia con il tema del festival è la mostra “68/Revolution – Memorie, nostalgie, oblii” al taglio del nastro sabato 28 alle 19.30 alla Pinacoteca comunale “Carlo Contini” di Oristano. Curata da Chiara Schirru e Ivo Serafino Fenu, coprodotta dal Comune di Oristano – Assessorato alla Cultura, e da Dromos in collaborazione con AskosArte, con il contributo della Fondazione di Sardegna, la mostra si interroga sul retaggio attuale e nella coscienza delle nuove generazioni, di quel periodo che voleva rivoluzionare il mondo portando al potere l’immaginazione. In esposizione le opere di artisti del panorama internazionale, nazionale e sardo, tutti piuttosto giovani, che, per ragioni anagrafiche, non hanno vissuto direttamente il ’68 e i suoi dintorni: Alessio Barchitta (Barcellona Pozzo Di Gotto, ME, Alessandra Baldoni (Perugia), Emanuela Cau (Cagliari), Pierluigi Colombini (Oristano), Melania De Leyva (Venezia), Roberta Filippelli (Alghero, SS), Roberto Follesa (Donori, CA), Federica Gonnelli (Firenze), Rebecca Goyette (New York), Gut Reaction (Giulia Mandelli e Marco Rivagli, Berlino), Michele Marroccu (Oristano), Tonino Mattu e Simone Cireddu (Oristano), Narcisa Monni (Sassari), Federica Poletti (Modena), Carlo Alberto Rastelli (Parma), Valeria Secchi (Sassari), Nicko Straniero (Oristano), Terrapintada (Bitti, NU).
Attraverso le più spericolate ricerche estetiche contemporanee, che si nutrono di ibridazioni crossmediali col fine di liberare i diversi ambiti artistici dai loro consueti recinti e dalle loro funzioni canoniche, la mostra – aperta fino al prossimo 7 ottobre – propone dunque un approccio originale rispetto alle tante iniziative dedicate al ’68: un confronto non lineare e per nulla univoco su un controverso momento storico, culturale e sociale, tra memorie, nostalgie e oblii.
Da lunedì 30, il festival entra nel vivo della sua ventesima edizione, con la musica a fare la parte del leone, come di consueto. Il cartellone prevede anche stavolta una fitta serie di concerti, spaziando su più latitudini e generi, a partire dal jazz e i suoi immediati dintorni, con un variegato e qualificato cast di artisti, in larga prevalenza internazionali. Particolarmente presente l’Africa, con la cantante maliana Fatoumata Diawara (il 6 agosto all’Anfiteatro di Tharros), con Bombino, il chitarrista tuareg originario del Niger (il 3 a Mogoro), e con il ghanese Guy One, cantante e virtuoso del kologo, una sorta di banjo a due corde (il 5 a Morgongiori); e poi Cuba, con il cantante e percussionista Pedrito Martinez (il 4 agosto a Baratili San Pietro), il batterista Horacio “El Negro” Hernandez (il 9 a Ula Tirso) e i pianisti Gonzalo Rubalcaba (il 10 a Neoneli) e Marialy Pacheco (il primo agosto all’Anfiteatro di Tharros). Da un’isola all’altra: la Sardegna schiera il Mal Bigatto Trio (il 7 a Oristano) e il sassofonista nuorese Gavino Murgia in trio con il chitarrista franco-vietnamita Nguyên Lê e il percussionista/polistrumentista francese Mino Cinelu nel progetto Dream Weavers (l’11 a Villa Verde), ma ha un legame con l’isola anche il concerto di Vinicio Capossela (il 2 a Bauladu). Affonda invece le radici tra il Delta del Mississippi e il deserto africano il gruppo Bokanté creato dal fondatore e leader degli Snarky Puppy, Michael League (martedì 31 luglio a Fordongianus), a completare un cartellone in cui brilla una stella di prima grandezza del jazz come Dee Dee Bridgewater (l’8 agosto a Oristano).
L’Africa è presente anche nel palinsesto di Mamma Blues, il “festival nel festival” che, tradizionalmente, suggella Dromos in tre serate a cavallo di ferragosto a Nureci: il cantante e chitarrista Roland Tchakounté, camerunense ma da tempo di casa in Francia (di scena il 13 agosto), e il nigeriano Seun Kuti (sul palco a ferragosto), il figlio minore del leggendario Fela Kuti, sono infatti i nomi di spicco, insieme a quello della cantante e chitarrista norvegese Kristin Asbjørnsen (attesa a Nureci il 14), dell’appuntamento nel piccolo centro della Marmilla, dove il blues targato Sardegna trova invece rappresentanza nel duo Don Leone, nel Bob Forte Trio e nel quartetto South Sardinian Scum.
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