19 November, 2024
HomeSocialeSardi concordi, solo il 5% pensa che assistere in prima persona un familiare non autosufficiente non ammetta pause nemmeno in questo periodo (Osservatorio di Reale Mutua sul welfare).

Sardi concordi, solo il 5% pensa che assistere in prima persona un familiare non autosufficiente non ammetta pause nemmeno in questo periodo (Osservatorio di Reale Mutua sul welfare).

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Sono milioni in tutta Italia, da nord a sud. Assistono un proprio familiare, come un figlio, un genitore, un coniuge, disabile, malato, comunque non autosufficiente. Un’attività molto faticosa quella dei cosiddetti caregiver, che si svolge all’interno delle mura domestiche per molte ore ogni giorno o addirittura a tempo pieno. Cercando un equilibrio che spesso diventa impossibile con il resto della famiglia, il lavoro, gli impegni quotidiani. E che obbliga a una vita di rinunce, difficoltà e sacrifici.

L’arrivo dell’estate, però, è anche per i caregiver il momento di prendersi finalmente una pausa: così la pensa la stragrande maggioranza dei sardi secondo i quali un po’ di riposo è fondamentale per recuperare le forze e riprendere al meglio, al rientro, l’attività. Solo il 5% infatti pensa che nemmeno in questo momento dell’anno ci si possa concedere un, pur breve, periodo di vacanza.

È quanto emerge dall’ultima ricerca dell’Osservatorio di Reale Mutua sul welfare.

Ma come organizzare la pausa senza ridurre le cure del proprio caro? Per un sardo su due (51%) la soluzione migliore è affidarsi a un servizio di assistenza domiciliare con personale esperto, il 32% si affiderebbe a un altro parente in grado di sostituirlo e un ulteriore 24% a un’associazione di volontariato o a una struttura ad hoc.

Assistere con continuità un familiare in stato di bisogno può essere infatti un compito molto gravoso, che condiziona la vita del caregiver in molteplici aspetti: secondo gli intervistati, i principali contraccolpi sono quelli sulla sfera personale e lavorativa (69%) con rinunce alla carriera, agli svaghi e al tempo libero.

A preoccupare sono però anche gli effetti di tipo psicologico (59%), che possono manifestarsi con stati di ansia, depressione o persino senso di colpa, le ricadute economiche (47%), per i costi legati all’assistenza, e gli effetti sulla salute stessa di chi assiste (36%).

Le difficoltà aumentano, poi, se il caregiver non dispone di risorse economiche sufficienti (58%) o deve far fronte ai compiti di cura da solo (44%), senza una rete relazionale solida a cui affidarsi, magari abitando lontano da una cerchia familiare (34%).

Ma non solo: dedicarsi anima e corpo a questa attività porta spesso a mettere in secondo piano le proprie esigenze, fino ad adottare comportamenti errati e pericolosi. Secondo i sardi, fra i principali rischi c’è quello di non dedicare tempo alle relazioni sociali (53%), o di lasciarsi assorbire al punto da non chiedere aiuto e pensare di poter fare da solo (49%), ma anche quello di trascurare la propria salute (47%), rimandando o addirittura non sottoponendosi a visite ed esami medici, o di annullare i rapporti con gli altri membri della famiglia (36%).

Che cosa può aiutare allora il caregiver nella sua attività? Al primo posto, dicono gli abitanti della Sardegna, misure di sostegno economico (56%) e su forme di conciliazione vita-lavoro (51%), che permettano un’organizzazione più flessibile degli orari. Importante sarebbe inoltre poter ricevere informazioni sulla patologia in questione (42%) o delegare a terzi alcune attività quotidiane, come la spesa (32%), ma anche poter contare su un sostegno psicologico (34%), fino ad avere la possibilità di conoscere le diverse soluzioni di assistenza disponibili per il caregiver stesso (25%). Un ulteriore 31% ritiene utili i servizi di telemedicina, con cui è possibile monitorare e inviare a distanza i parametri vitali dell’assistito.

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giampaolo.cirronis@gmail.com

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