Paolo Capone (UGL): «I giovani del Sud non hanno il futuro che si meritano».
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«Nel Mezzogiorno il disagio socioeconomico è indice di una occupazione precaria, conseguenza di politiche territoriali inefficaci. Il fenomeno ‘working poor’ fa da padrone: quelli occupati risultano comunque poveri e hanno difficoltà ad arrivare a fine mese.»
Lo ha dichiarato in una nota Paolo Capone, segretario generale UGL in merito al rapporto Svimez, in cui emerge che in 16 anni 1 milione e 883mila giovani hanno abbondato il Sud Italia. Nel 2017 la crescita dei posti di lavoro è stata determinata quasi esclusivamente da contratti a tempo determinato con un +61mila, mentre restano stabili quelli a tempo indeterminato con un irrilevante +0,2%.
«Colpa del Jobs Act, per cui finiti gli sgravi fiscali, come era prevedibile, gli imprenditori non hanno rinnovato alcun contratto. Inoltre, dal 2010 al 2018 il numero di famiglie dove tutti cercano un lavoro è raddoppiato sensibilmente – aggiunge il sindacalista –. Segno evidente di una cancrena sociale ormai avanzata. I nostri giovani del Sud sono i più colpiti: studiano, si istruiscono, eppure sono costretti a scappare dalle loro terre, dove non c’è il futuro che si meritano. Pur tenendo conto delle diverse esigenze territoriali con il fine di colmare il gap tra nord e sud, c’è da fare una valutazione più ampia che riguarda i servizi socioassistenziali. Le periferie sono abbandonate a sé stesse, presentano una carenza di servizi, spesso sotto lo standard minimo nazionale. Per non parlare dei trasporti che rendono difficile ogni tipo di spostamento, arrecando danni ai cittadini e al turismo che impatta sull’economia locale.»
«È vero che i privati investono, ma se mancano i finanziamenti pubblici, è difficile colmare tutte le lacune che questi territori presentano. Mi auguro che nell’agenda di Governo rientri al più presto la questione meridionale, affinché s’intervenga con politiche economiche mirate. L’Italia funziona bene – conclude Paolo Capone – solo se si guarda alla sua interezza ed è per questo che lo sviluppo del Meridione deve passare da norme omogenee a livello nazionale.»
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