L’assessore del Bilancio Raffaele Paci ha scritto al ministro Giovanni Tria: «Se è finito il periodo dell’austerità e della necessità di risanare il debito pubblico, allora è finito anche il tempo di pagare i 684 milioni all’anno di accantonamenti».
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L’assessore del Bilancio Raffaele Paci ha scritto al ministro Giovanni Tria una lettera in cui, all’indomani della decisione del Governo di aumentare il deficit al 2,4% per liberare 40 miliardi di euro da destinare ad altre politiche, chiarisce la posizione della Regione. Se è finito il periodo dell’austerità e della necessità di risanare il debito pubblico, allora è finito anche il tempo di pagare i 684 milioni all’anno di accantonamenti che servono, appunto, solo ed esclusivamente a sanare il debito. La lettera è stata inviata anche a tutti i parlamentari sardi.
Di seguito, il testo integrale.
«Illustre Ministro Tria,
Prendo atto che la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza approvata dal Consiglio dei Ministri indica un rapporto tra deficit e Pil al 2,4% per gli anni 2019, 2020 e 2021, e che questo incremento dell’indebitamento pubblico permetterà di avere a disposizione circa 40 miliardi di euro in più da spendere con la manovra 2019. Non entro nel merito delle scelte operate dal Governo, che sicuramente avrà valutato attentamente gli effetti di questa decisione, anche per il futuro. Ciò che qui mi preme sottolineare nella mia qualità di responsabile del bilancio della Regione Autonoma della Sardegna, è che la scelta del Governo decreta, di fatto, la conclusione della stagione del “risanamento” dei conti pubblici dello Stato Italiano, per il quale è stato chiesto, a partire dal 2012 e anche alla nostra regione, un forte contributo sotto forma di “accantonamenti”. Se dunque è chiusa la stagione del risanamento, dovrebbe esserlo anche quella degli accantonamenti. Ricordo infatti che gli accantonamenti sono un prelievo forzato che lo Stato effettua sulle entrate dell’Irpef che lo Statuto Sardo, legge di rango costituzionale, assegna alla Sardegna. In particolare, alla Sardegna spettano i 7/10 dell’Irpef che però nella realtà si riducono ai 5/10, tenendo conto dei 684 milioni che lo Stato ha trattenuto nel 2018, così come negli anni precedenti e futuri. Ricordo anche che la Corte Costituzionale, pur ribadendo che tutte le Regioni devono contribuire al risanamento dei conti nazionali, ha in più occasioni stabilito la illegittimità di norme che prevedono gli accantonamenti per un periodo illimitato, perché di fatto modificano in modo surrettizio e unilaterale lo Statuto della Sardegna. E ricordo, infine, che l’accordo sul nostro contributo alla finanza pubblica è scaduto nel 2017 e che da allora il presidente Pigliaru ha inviato numerose e motivate richieste di forte riduzione. Tuttavia, né il Governo precedente né quello attuale hanno mai dato risposte concrete alle nostre proposte. Adesso però non ho dubbi che il Governo Conte, avendo sancito la fine del periodo dell’austerità e del risanamento dei conti pubblici nazionali, potrà restituire alla Sardegna, all’interno di quella manovra finanziaria da 40 miliardi in fase di predisposizione, le risorse che le spettano di diritto, eliminando gli accantonamenti o riducendoli fortemente. Gli accantonamenti, infatti, erano e devono restare strettamente finalizzati solo ed esclusivamente a quella politica di risanamento dei conti pubblici a quanto pare non più necessaria. Mi sembra un atto doveroso, peraltro rispettoso delle sentenze della Corte Costituzionale, e sono certo che raccoglierà il pieno appoggio di tutti i parlamentari sardi, in quanto restituirà alla nostra Regione le proprie risorse che potremo così adeguatamente utilizzare per garantire servizi e prospettive di sviluppo ai nostri cittadini.»
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