[bing_translator]
Il Governo non risponde alle ripetute richieste di incontro e la Regione forza la mano sugli accantonamenti, rifiutando di pagare nel 2019 altri 285 milioni di euro, che si aggiungono ai 219 milioni non più pagati dopo l’impugnazione delle ultime tre Finanziarie nazionali. Con questa decisione, sostenuta da tutta la maggioranza di centrosinistra, la quota degli accantonamenti che la Sardegna versa allo Stato per risanare il debito pubblico italiano per il 2019 passa da 754 a 250 milioni (ossia 754, meno i 219 contestati con i ricorsi e quindi non pagati, meno questi ultimi 285), con un “risparmio” di 504 milioni. La decisione è stata illustrata nella sala Giunta del Consiglio regionale in una conferenza stampa convocata dal presidente della Regione Francesco Pigliaru e dall’assessore del Bilancio Raffaele Paci, alla quale hanno partecipato il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau, il presidente della Commissione Bilancio Franco Sabatini e il capogruppo di Sdp, Daniele Cocco.” “Abbiamo inviato ben 5 lettere da quando il Governo si è insediato a oggi per sollecitare un confronto sulla questione degli accantonamenti e non abbiamo mai ricevuto una risposta, tantomeno una convocazione a Palazzo Chigi. Abbiamo scritto al presidente Conte, al ministro dell’Economia Tria, al ministro per gli Affari regionali Stefani inviando un breve dossier di riepilogo. Oggi abbiamo preso la decisione, unilaterale visto che è stato impossibile confrontarsi a Roma, di non pagare altri 285 milioni, certi di essere dalla parte della ragione”, spiega il presidente della Regione Francesco Pigliaru nella conferenza stampa convocata con l’assessore del Bilancio Raffaele Paci e i capigruppo di maggioranza. “Abbiamo sempre detto che siamo consapevoli di dover partecipare a risanare il debito pubblico nazionale, anche come Regione a Statuto speciale, ma abbiamo più volte ripetuto che i 754 milioni previsti sono una cifra enorme e sproporzionata per la Sardegna, anche rispetto ad altre regioni più ricche della nostra. Abbiamo chiesto regole chiare, certe ed eque e finora non ci sono mai state comunicate. Da tutto questo nasce la decisione di non pagare un’altra corposa quota di accantonamenti. Se il Governo vorrà chiederci spiegazioni e finalmente incontrarci, naturalmente siamo pronti al confronto”, conclude Francesco Pigliaru -. La prima lettera, con allegato il dossier che riassume tutta la questione accantonamenti, è stata inviata dal Presidente Pigliaru il 13 luglio, seguita da altre due il 30 agosto e il 25 settembre. Il 1 ottobre è stato l’assessore Paci a scrivere una lettera aperta a Tria, all’indomani della decisione di portare il deficit al 2,4% con la Finanziaria nazionale: visto che l’austerity è finita, scriveva il titolare del Bilancio, potete tranquillamente ridurre i nostri accantonamenti e permetterci così di fare investimenti e politiche mirate. Infine, l’ultima missiva della Regione è datata 12 ottobre. In tutte le lettere è stato chiesto di aprire immediatamente un confronto sugli accantonamenti, per arrivare a una intesa politica necessaria e indispensabile, al di là delle sentenze della Corte Costituzionale, per concordare una somma equa da pagare. La Corte, infatti, in ogni sua sentenza precisa che la definizione della cifra deve essere il frutto di un accordo politico fra Stato e Regione, e che lo Stato non può imporre unilateralmente né in modo permanente gli accantonamenti. “Abbiamo percorso tutte le strade possibili per trovare un accordo politico con il Governo precedente e adesso per avviare il confronto con quello attuale. Abbiamo fatto cinque incontri a Roma l’anno scorso. Ci hanno assicurato che sarebbe stato avviato un confronto concreto e che si sarebbe raggiunta un’intesa, ma niente è accaduto. Abbiamo subito fatto presente la questione al nuovo governo, ma siamo stati ignorati. A questo punto non si poteva più andare oltre, perciò abbiamo deciso di alzare ulteriormente il livello del confronto dopo aver impugnato le ultime tre finanziarie dei governi Renzi e Gentiloni e di non pagare questi altri 285 milioni perché non li riteniamo più legittimi”, spiega l’assessore Paci. “Abbiamo diritto ad avviare una nuova trattativa per raggiungere un’intesa, perché gli accantonamenti non possono essere eterni e la cifra non può essere imposta, questo la Corte lo dice più volte e molto chiaramente. E abbiamo il dovere di difendere i diritti dei sardi. Stiamo facendo esattamente questo: quei soldi sono nostri e vogliamo usarli per investimenti nella nostra regione, per farla crescere con politiche espansive e per dare risposte ai tanti nostri concittadini in condizioni di difficoltà. Non possiamo più accettare che lo Stato abbia di fatto, in modo unilaterale, modificato il nostro Statuto, facendo entrare nelle nostre casse non più i 7/10 ma i 5/10 dell’Irpef. Il tempo è scaduto, devono darci una risposta”, conclude Paci. “Non esistono governi amici o governi nemici, esiste solo l’interesse dei nostri cittadini e della nostra regione, e in nome di quegli interessi portiamo avanti una battaglia che deve essere comune a tutta la collettività sarda, ognuno nel suo ruolo ma con uno stesso obiettivo: riprenderci i nostri soldi”. “Abbiamo più volte espresso l’incoerenza da parte del Governo di imporre gli accantonamenti, senza un preventivo accordo con le Regioni a Statuto Speciale”, ricorda il presidente Ganau. “Ritengo sia necessario sostenere con forza la battaglia della Giunta, una battaglia che non deve essere soltanto del Consiglio regionale ma di tutti i sardi per rivendicare un diritto che ci spetta. Io mi auguro che l’Assemblea sarda, come già in precedenza dimostrato, si esprima in maniera unitaria per sostenere una battaglia giusta e coerente, nonostante l’appuntamento elettorale alle porte, e sia in grado di sostenere le ragioni che sono di tutta la Sardegna e di tutti i sardi”. Tecnicamente, la quota di accantonamenti da destinare alle casse dello Stato viene ogni anno appostata nella Finanziaria regionale. All’articolo 2 della manovra 2019-2021, già approvata dalla Giunta e inviata in Consiglio per essere incardinata in Commissione e poi in Aula, c’è dunque scritto che “sono accertati e impegnati in favore dello Stato 250 milioni e 245mila euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021”. La quota ulteriore che la Regione si rifiuta di pagare, 285 milioni, viene iscritta in un fondo regionale che potrà essere utilizzato, oltre che per sanare disavanzi, per “finanziare interventi di investimento e di sviluppo del territorio”.